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martedì 20 gennaio 2015

Al via la cabina di regia per l’efficienza energetica

Al via la cabina di regia per l’efficienza energetica

(Fonte:Rinnovabili.it)

Si va lentamente completando il quadro italiano legato all’efficienza energetica. Con la firma del Decreto Interministerale del 9 gennaio 2015, il Ministero dello Sviluppo Economico e quello dell’Ambiente hanno, infatti, finalmente definito il funzionamento della cabina di regia per l’efficienza energetica, accorciando le distanze con quanto oggi ci richiede l’Europa. L’organo previsto dal D.lgs 102/2014, con cui l’Italia ha recepito la Direttiva 2012/27/Ue, nasce con l’obiettivo primario di promuovere l’attuazione coordinata del piano di interventi di medio-lungo termine per il miglioramento della prestazione energetica degli immobili, a partire dalla pubblica amministrazione centrale; tra i primi target appare infatti il coordinamento della rapida attuazione del programma di retrofit edilizio della PA, per il quale in Governo ha stanziato risorse per 350 milioni di euro per il periodo 2014-2020.
“L’efficienza energetica è la priorità di intervento della Strategia Energetica Nazionale”, ha ricordato in questi giorni lo stesso ministro dello Sviluppo, Federica Guidi, sottolineando come oggi l’obiettivo italiano di riduzione dei consumi di energia, ovvero 15,5 Mtep/anno entro il 2020, sia “tra i più ambiziosi nell’Unione Europea”. “Per raggiungerlo il nostro paese ha attivato un pacchetto di interventi che nel biennio 2011-2012 ha consentito di ridurre i consumi di circa 2,32 Mtep”, ha aggiunto Guidi. Ma la strada è ancora lunga e per non mancare il bersaglio la cabina di regia dovrà anche assicurare il coordinamento delle misure attivate attraverso il Fondo Nazionale per l’Efficienza Energetica e quello degli interventi di formazione, di supporto alla predisposizione dei progetti e di pubblicità dei risultati; inoltre sarà impegnata a favorire sinergie con le Regioni per supportare lo sviluppo omogeneo dell’efficienza energetica degli edifici su tutto il territorio nazionale e a sostenere occasioni di dialogo con gli operatori del settore e con le istituzioni bancarie e finanziarie al fine di stimolare il mercato dei servizi energetici. Attualmente, è in corso l’istruttoria dei primi 30 progetti presentati dalle amministrazioni centrali in risposta alla call chiusa il 15 ottobre 2014.

mercoledì 18 dicembre 2013

Anev: con "spalma incentivi" obiettivi SEN più lontani

Anev: con "spalma incentivi" obiettivi SEN più lontani

(Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
 
"Non si riuscirà a perseguire gli obiettivi di una Strategia energetica nazionale seria con provvedimenti come lo spalma incentivi previsto dal Decreto Destinazione Italia”, è questa in sintesi la posizione di Anev, Associazione Nazionale Energia del Vento, presentata alla X Commissione della Camera nel corso di un’audizione formale ieri, martedì 17 dicembre.

Anev ha ribadito: "Questa previsione sulla carta volontaria, di fatto si rivela un obbligo perché la non adesione comporterebbe l’impossibilità per l’operatore di effettuare qualsiasi tipo di intervento per dieci anni. Inoltre per il produttori di energia rinnovabile lo spalmare gli incentivi su un tempo maggiore di sette anni rispetto a quello residuo, comporterebbe un aggravio di costi e di oneri per rinegoziare con le banche il finanziamento, che renderebbe ancor più penalizzante la previsione. Inoltre secondo i calcoli fatti, questa previsione ostacolerebbe nei fatti il raggiungimento degli obiettivi di riduzione di costi in bolletta posto come prioritario dalla SEN, infatti allungando il periodo e riconoscendo un adeguato corrispettivo, a fronte di una riduzione marginale immediata, non si farebbe altro che ipotecare le bollette future degli utenti con un approccio che rimanda il problema alle generazioni future che non può essere condiviso".

"È necessario invece - continua Anev in una nota - introdurre provvedimenti duraturi nel tempo e maggiormente risolutivi, senza gravare ulteriormente sugli operatori del settore eolico e senza ipotecare il futuro dei consumatori, come avverrebbe con lo “spalma incentivi”. Inoltre tale provvedimento si aggiungerebbe, rendendolo insopportabile, al carico di tasse introdotte negli ultimi anni (Imu e Robin Tax) oltre ai tagli retroattivi degli incentivi già effettuati (22% in meno di incentivi sui Certificati Verdi) e ai penalizzanti meccanismi introdotti con le aste e i registri (meno 40% dell’incentivo), che già hanno dimostrato la loro inapplicabilità al sistema italiano. Gli effetti negativi di questo provvedimento non sarebbero limitati ai soli produttori di energia rinnovabile, ma si estenderebbero all’intero sistema Paese, che vedrebbe un’ulteriore perdita di credibilità verso gli investitori nazionali e internazionali, oltre alla perdita di occupazione e posti di lavoro".

"Strada molto più corretta sarebbe invece quella di ridurre il costo dell’energia elettrica provvedendo alla definizione di nuovi strumenti di sostegno che superino l’idea di incentivo e passino invece per il tramite di una individuazione di un mix di sgravi fiscali e incentivi in conto capitale, e alla cartolarizzazione dei crediti per gli impianti esistenti per la transizione dal vecchio al nuovo meccanismo - ha concluso l'associazione - con questo sistema si azzererebbe in pochi anni l’onere della componente A3 della bolletta, senza colpire gli imprenditori del settore e garantendo la continuità del sistema industriale eolico nazionale.

venerdì 27 settembre 2013

Trivelle: dal WWF dossier contro la Strategia Energetica Nazionale

(Fonte:GreenStyle.it-Marco Mancini)

 
 
La situazione delle trivellazioni sul territorio italiano si fa sempre più preoccupante. Nell’ambito della campagna contro le trivelle, WWF Italia si rivolge direttamente al Governo Letta, forte delle migliaia di firme raccolte, per chiedere di fermare lo scempio che ha causato la SEN, la Strategia Energetica Nazionale.

Inaugurata dal precedente Governo Monti come una delle ultime azioni prima delle dimissioni, questa strategia mira a sfruttare il poco petrolio di pertinenza italiana ancora rimasto nel sottosuolo e nel mar Mediterraneo, al fine di garantire la sicurezza energetica al Paese. Peccato però che gli esperti convocati direttamente dal Ministero dello Sviluppo Economico abbiano stabilito che, anche se si estraesse fino all’ultima goccia di petrolio, l’Italia sarebbe autosufficiente per soltanto 7 settimane.

Dare l’autorizzazione alle trivellazioni non è nemmeno conveniente dal punto di vista economico visto che solo la metà dei progetti autorizzati paga le royalties, mentre il rischio di qualche incidente (la marea nera del 2010 nel Golfo del Messico insegna) è sempre molto elevato. Dal dossier “Trivelle in vista” realizzato dal WWF deriva una fotografia della situazione italiana molto preoccupante. Attualmente ci sarebbero:
3 istanze di permesso di prospezione (le quali occupano un’area di 30.810 kmq);
31 istanze di permesso di ricerca (14.546 kmq);
22 permessi di ricerca (7.826 kmq);
10 istanze di coltivazione (1.037 kmq);
67 concessioni di coltivazione (9.025 kmq).

A questi vanno aggiunti 396 pozzi produttivi in mare di cui 335 a gas e 61 a petrolio, 104 piattaforme di produzione, 8 di supporto e 3 di stocaggio temporaneo. Questa “colonizzazione”, come l’ha definita lo stesso WWF, riguarda principalmente il Sud Italia, dalla Sicilia alla Sardegna passando per l’Adriatico e lo Jonio, per un’estensione talmente grande da misurare quanto la Corsica.

Questa è solo una parte di quello che inizialmente era previsto dato che l’attuale ministro Zanonato ha sottratto dall’elenco altri 116 mila chilometri quadrati di aree marine pronte per essere trivellate. Per ridurre l’inquinamento marino ed evitare eventuali disastri futuri, il WWF chiede che la SEN venga definitivamente abbandonata perché, a conti fatti, non conviene né all’Italia né agli italiani.

martedì 23 aprile 2013

La Strategia Energetica Nazionale è illegittima

La Strategia Energetica Nazionale è illegittima

(Fonte:GreenStyle.it-Peppe Croce)

La Strategia Energetica Nazionale che il Governo Monti ha approvato ai primi di marzo, nonostante in teoria sarebbe in carica solo per gli affari correnti, potrebbe essere addirittura illegittima.

Che la SEN potesse essere una forzatura politica di Monti e Passera per sbloccare alcune opere ben precise nel settore “Oil&Gas” è stato chiaro sin dall’inizio. Addirittura da quando hanno iniziato a circolare le prime bozze del documento, contenenti sviste grossolane. Nella prima bozza, ad esempio, si individuava l’”offshore ibleo” come area di sviluppo delle estrazioni petrolifere.

Quando poi, su questa e su altre testate, è stato fatto notare che “offshore ibleo” voleva dire “piattaforma Vega B” di Edison (ancora in fase di Valutazione d’Impatto Ambientale) è uscita la seconda bozza. In cui “offshore ibleo” diventava “Canale di Sicilia”.

Ma, oltre alla forzatura politica, da mesi i giuristi ipotizzano anche una forzatura giuridica. L’ultima ipotesi in questo senso è quella avanzata da Enzo Di Salvatore, professore associato di diritto costituzionale all’Università di Teramo da tempo impegnato a fare pelo e contropelo alla normativa italiana in fatto di energia.

Di Salvatore, in una nota riportata sul sito della Organizzazione Lucana Ambientalista, ripercorre l’iter della SEN mettendone in luce alcuni passaggi a suo dire illegittimi. Spiega il costituzionalista, partendo dai primissimi passaggi che risalgono al precedente Governo Berlusconi:

L’articolo 7 del decreto-legge n. 112/2008 (convertito in legge 133/2008) introduce nell’ordinamento l’istituto della “Strategia energetica nazionale” il cui principale elemento di novità era costituito dal rilancio del nucleare, ma non parla di idrocarburi; il successivo decreto-legge “Omnibus” n. 34/2011 abroga l’articolo 7 del 112/2008. Il Parlamento, convertendo il legge l’Omnibus, introduce i commi 3-8 dell’articolo 5.

Nello specifico, il comma 8 diceva:

Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, adotta la Strategia energetica nazionale, che individua le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche e delle aree geografiche di approvvigionamento, il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture nella prospettiva del mercato interno europeo, l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore energetico e la partecipazione ad accordi internazionali di cooperazione tecnologica, la sostenibilità ambientale nella produzione e negli usi dell’energia, anche ai fini della riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali nazionali.


Il comma 8, però, è stato abrogato dal referendum del 12-13 giugno. Scompare così ogni delega al Governo a scrivere e adottare la SEN. Esisteva anche la legge delega 96/2010 che, all’articolo 17, delegava il Governo ad adottare alcune direttive europee in tema di energia, principalmente sulle fonti rinnovabili. Ecco perché la SEN è stata riproposta nel decreto legislativo adottato dall’esecutivo il 1 giugno 2011 (n. 93/2011). L’art. 1, comma 2, di tale decreto legislativo recita:

Il Ministero dello sviluppo economico, previa consultazione delle Regioni e delle parti interessate, definisce entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, in coerenza con gli obiettivi della strategia energetica nazionale di cui all’articolo 3, gli scenari decennali relativi allo sviluppo del mercato del gas naturale e del mercato dell’energia elettrica, comprensivi delle previsioni sull’andamento della domanda suddivisa nei vari settori, della necessità di potenziamento delle infrastrutture di produzione, importazione, trasporto, nonché, per il gas naturale, dello stoccaggio, eventualmente individuando gli opportuni interventi al fine di sviluppare la concorrenza e di migliorare la sicurezza del sistema del gas naturale.


Tali scenari e previsioni sono articolati, ove possibile, per Regione. Gli scenari sono aggiornati con cadenza biennale e sono predisposti previa consultazione delle parti interessate.
A pochi giorni dal referendum che avrebbe certamente cancellato le basi legislative della SEN, in pratica, il Governo Berlusconi ha infilato il copia e incolla di quelle basi in un altro decreto. Non sottoposto a referendum. Ma, spiega Di Salvatore, con una differenza non da poco:

Il punto di snodo è dunque l’art. 3 del D. Lvo n. 93 del 1 giugno 2011, che prevede piani di singoli settori dell’energia (gas, elettricità, rinnovabili, efficienza energetica, escluso il nucleare) e delle relative infrastrutture, e fa riferimento alla Strategia Energetica Nazionale che, di fatto, è una scatola vuota visto che la delega alla SEN non c’è più.
Tra l’autorizzazione contenuta nella legge delega e quanto previsto nel decreto legislativo del 2011 non c’è corrispondenza. Il Governo ha dunque ecceduto la delega per la parte in cui ha previsto la SEN.


Ma nel novembre 2011 è caduto il Governo Berlusconi e la palla è passata a Monti, Passera e Clini. Che hanno ereditato il decreto legislativo 93/2011, con una SEN arbitrariamente inserita. Per poi di fatto presentare e approvare in gran fretta la Strategia Energetica Nazionale.

A questo punto, ogni riferimento di Corrado Passera al raddoppio delle estrazioni nazionali di petrolio e gas è ulteriormente illegittimo. Perché nessun articolo di legge attualmente in vigore ha dato al Governo la delega per scrivere una SEN, né tanto meno per stabilire nella SEN ci dovesse essere un potenziamento delle estrazioni di idrocarburi nazionali.


mercoledì 17 aprile 2013

Agenda dei saggi, le raccomandazioni per ambiente ed efficienza energetica

Agenda dei saggi, le raccomandazioni per ambiente ed efficienza energetica

(Fonte:Ediltecnico.it)
I Saggi a cui è affidato in questo momento l’Italia hanno steso un documento in cui mettono nero su bianco le proposte per uno sviluppo economico-sociale del Paese. Tra le richieste spicca senz’altro quella di mantenere le detrazioni al 55% per gli interventi di risparmio energetico e al 50% per le ristrutturazioni. Si parla molto di ambiente, di settore energetico e riqualificazione urbana, oltre che di limitazione del consumo di territorio.

L’Agenda possibile, la Relazione finale elaborata dal “Gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea”, istituito a fine marzo dal Capo dello Stato e composto da Filippo Bubbico, Giancarlo Giorgetti, Enrico Giovannini, Enzo Moavero Milanesi, Giovanni Pitruzzella e Salvatore Rossi, è pronta, e stabilisce alcuni punti fondamentali:
- provvedere in tempi rapidi al pieno recepimento e adempimento della normativa dell’Unione europea in materia ambientale;
- rivedere la normativa sul consumo del suolo al fine di contenerlo e di favorire la valorizzazione delle aree agricole;
- creare strumenti per la riqualificazione urbana che favoriscano interventi di ristrutturazione e riqualificazione, anche in funzione antisismica;
- aumentare l’efficienza energetica e introdurre misure per migliorare il ciclo dei rifiuti.

Settore energetico
Il settore energetico riveste un’importanza cruciale nel documento presentato dal Gruppo di lavoro al Capo dello Stato e ai partiti. “Tra le varie priorità c’è quella di ridurre i costi dell’energia, in un contesto di salvaguardia ambientale”.
Dal punto di vista della generazione “esiste una forte capacità produttiva di operatori termoelettrici, che hanno investito negli ultimi dieci anni circa 25 miliardi di euro per l’ammodernamento del parco centrali. Di fronte alla stagnazione della domanda ed al crescente ingresso nel mercato di impianti alimentati da fonti rinnovabili, si stanno registrando forti sofferenze finanziarie che spingono alcuni operatori a mettere in conservazione parte della loro capacità produttiva, con la conseguenza che il mercato elettrico potrebbe tornare a concentrarsi. Questa situazione può essere trasformata in opportunità, sfruttando la maggiore flessibilità che caratterizza il sistema italiano rispetto a quella di altri Paesi europei come Francia e Germania, dove prevalgono forme rigide di produzione basate sul nucleare e il carbone. Emerge nell’Unione europea una carenza di capacità e di flessibilità della generazione di energia elettrica che per l’Italia deve tradursi in un’opportunità economica, diventando un esportatore netto dei servizi di flessibilità”.
Per quanto riguarda invece il mercato del gas, esso “soffre delle gravi carenze di flessibilità dei sistemi di approvvigionamento. Il nostro Paese è fortemente dipendente dalla fornitura via condotte, e quindi dai produttori esteri. La rigidità dell’offerta di gas ‘a monte’ mantiene i prezzi alti e ostacola la concorrenza nei mercati ‘a valle’. Ne risente il prezzo dell’energia, stante la prevalenza nel mix produttivo di centrali a gas, e la possibilità che la concorrenza nei mercati all’ingrosso e al dettaglio – rafforzata dalla recente separazione della rete dall’Eni – possa dispiegare in suoi effetti benefici.”

Tali discorsi conducono a una conclusione: “Andrebbero attuati subito gli indirizzi contenuti nella Strategia Energetica Nazionale, che insiste sulla necessità di creare abbondanza di offerta di gas, attraverso i terminali di rigassificazione già costruiti o autorizzati”.

Sul fronte della riqualificazione energetica vanno segnalate anche le opportunità rappresentate dalla programmazione dei Fondi strutturali europei 2014-2020 e dal Fondo Kyoto già operativo presso CDP, il quale prevede esplicitamente il sostegno finanziario agli interventi finalizzati a migliorare gli utilizzi finali dell’energia nell’housing sociale, strumento dal quale vanno eliminati quei vincoli che lo rendono scarsamente fruibile. Va poi incentivata l’istituzione a livello locale di soggetti di partenariato pubblico-privato (Agenzie locali per la riqualificazione) che promuovano e coordinino la realizzazione degli interventi programmati dall’ente locale, con il compito di far convergere sulle iniziative di riqualificazione tutte le risorse e le modalità di incentivazione disponibili.
Il regime fiscale agevolato per interventi di ristrutturazione e riqualificazione, anche in funzione antisismica e di efficienza energetica, dovrebbe essere mantenuto e opportunamente ampliato a valere sul gettito dell’IMU, mentre ai comuni dovrebbe essere attribuita la facoltà di individuare ambiti di rigenerazione urbana nei quali poter disporre, per un periodo massimo di dieci anni, un regime fiscale agevolato. La CDP dovrebbe avviare un nuovo strumento finanziario, garantito da beni demaniali, per favorire l’accesso al credito dei proprietari di immobili ricompresi negli ambiti di rigenerazione urbana che intendano investire per la sicurezza antisismica e il risparmio idrico e energetico degli edifici, utilizzando i risparmi dei costi energetici e di manutenzione per ottenere condizioni finanziarie e tassi d’interesse vantaggiosi”.

Adeguamento alle regole Ue di protezione dell’ambiente
L’adeguamento ai parametri europei di protezione dell’ambiente rappresenta un importante fattore di crescita, di modernizzazione e di benessere collettivo. L’Italia è fortemente deficitaria per quanto riguarda il rispetto delle regole Ue in materia ambientale e negli ultimi anni le sono state contestate numerose infrazioni, con forte probabilità di ingenti sanzioni.

Ambiente ed efficienza energetica
“L’ambiente non è solo qualcosa da proteggere. Va migliorato continuamente. In questo modo non solo si eleva la qualità della vita dei cittadini, ma si rafforzano le opportunità di far crescere l’Italia sul piano economico e sociale, rendendolo un Paese attraente nel panorama mondiale, dove vivere bene e di cui apprezzare i prodotti e i servizi. Per questo, si deve puntare a realizzare le possibilità offerte dalla cosiddetta green economy e assicurare la messa in sicurezza e la tutela del territorio e del paesaggio.”
In Italia “si verificano mediamente sette eventi disastrosi all’anno, con vittime, feriti, migliaia di senzatetto e danni economici ingentissimi, connessi anche alla distruzione di beni culturali ed ambientali. Lo Stato spende in media circa un miliardo all’anno per riparare i danni causati dal dissesto, mentre per la prevenzione vengono spesi in media 400 milioni di euro all’anno. Il Ministero dell’Ambiente ha stimato che, per mitigare il dissesto idrogeologico e idraulico, sarebbero necessari investimenti pari a 40 miliardi di euro in 15 anni (circa 2,7 miliardi all’anno).”
Solo integrando sviluppo economico e ambientale si può arrivare al salto culturale e a una maggiore sinergia tra interventi infrastrutturali, di politica industriale e di natura ambientale, allo scopo di perseguire lo sviluppo sostenibile sostenuta a livello globale, su cui l’Italia ha assunto impegni precisi.

Ciclo dei rifiuti e scorie nucleari
“Se la promozione della raccolta differenziata costituisce il presupposto per la trasformazione del rifiuto in merce dotata di valore economico, si potrebbe prevedere la destinazione di una parte dei ricavi derivanti dalla vendita del materiale differenziato all’abbattimento del costo della raccolta dei rifiuti pagato dai cittadini e dalle imprese. Questo provvedimento aumenterebbe gli incentivi a comportamenti virtuosi, favorendo lo sviluppo di una cultura diffusa orientata al riciclo dei rifiuti (…). Si dovrebbe procedere ad una liberalizzazione di tutte le fasi della filiera della gestione dei rifiuti, che non devono essere necessariamente svolte in regime di privativa: in pratica, tutte le fasi che si situano a valle delle attività collegate alla raccolta urbana dei rifiuti dovrebbero essere liberalizzate. Inoltre, un impulso all’utilizzo dei materiali provenienti dal recupero e riciclaggio dei rifiuti potrebbe derivare dall’imposizione alle pubbliche amministrazioni dell’obbligo di acquistare prodotti realizzati con materiale riciclato”.

Servizi pubblici locali
Il settore dei servizi pubblici locali (rifiuti, acqua, trasporto urbano, illuminazione, ecc.) è al centro della discussione. “In questo campo attualmente prevale la formula secondo la quale gli enti locali gestiscono il servizio tramite una società da essi direttamente controllata. Accanto a realtà caratterizzate da notevole efficienza ve ne sono molte altre in cui la gestione risulta in perdita, con notevole aggravio per la finanza pubblica e inefficienze del servizio, che si traducono in un pregiudizio grave per gli utenti (…) in molti casi mancano le risorse adeguate per assicurare la qualità del servizio e per migliorare, o anche solo manutenere, le infrastrutture. In realtà, si tratta di settori con un forte andamento anticiclico che potrebbero, soprattutto in un momento di crisi, attrarre investimenti privati. Una simile prospettiva va necessariamente armonizzata con l’esigenza che l’ingresso di privati non porti pregiudizio ai fondamentali diritti che sono tutelati tramite l’erogazione del servizio stesso e con il fatto che tali servizi utilizzano comunque dei beni comuni (come l’acqua). Perciò, la presenza dei privati va bilanciata da forti poteri di regolazione delle autorità pubbliche (in particolare l’Autorità per l’energia elettrica e il gas e l’Autorità per i trasporti), dall’indirizzo generale e dal controllo politico degli enti locali, dalla proprietà pubblica delle infrastrutture fisiche”.

Infrastrutture
La Relazione pone le basi per il miglioramento, alzando la soglia “di 500 milioni per usufruire del credito d’imposta previsto dall’attuale normativa sulle opere. Secondariamente, sarebbe utile un maggior coinvolgimento della CDP, sia nella fase di individuazione delle infrastrutture da realizzare, sia nelle fasi di definizione e di finanziamento del progetto. A tal fine la garanzia dello Stato potrebbe essere estesa su tutta la raccolta di fondi effettuata da CDP, secondo i modelli tedesco e francese, dotandola della stessa ampiezza di intervento di cui godono, come promotori e finanziatori dello sviluppo economico, gli enti consimili in tali paesi. Infine, si segnala come un rafforzamento della cooperazione fra Regioni, prevista dalla Costituzione, possa molto facilitare il disegno e la realizzazione di progetti infrastrutturali che riguardano un’area vasta, nonché l’accesso ai fondi europei.”

Expo 2015
L’Expo 2015 “è un’occasione unica da non perdere” e a due anni dall’evento “è urgente dare un assetto definitivo alla sua governance e configurare i luoghi decisionali speciali per coglierne al meglio le grandi opportunità”. I saggi propongono di “istituire un Comitato interministeriale per assumere le decisioni strategiche e assicurare il coordinamento fra le varie amministrazioni dello Stato. Presieduto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dovrebbero farne parte i ministri rilevanti per materia, i rappresentanti della Regione Lombardia, delle altre regioni e delle istituzioni rilevanti”.
In occasione dell’Expo va perseguito come obiettivo “quello di costruire, nei prossimi due anni, una strategia unificante, culturale ed economica, di promozione internazionale dell’Italia basata sul concetto di qualità della vita, che trova nel paesaggio e nel patrimonio culturale unico al mondo, nell’ambiente e nella creatività i suoi principali componenti”.
Perciò si propone la definizione di un piano straordinario di ammodernamento e potenziamento delle strutture ricettive e turistiche, da realizzare nei prossimi due anni attraverso interventi fiscali, creditizi e formativi autorizzati e finanziati (quando possibile) dall’Unione europea.
La normativa esistente va rivista allo scopo di favorire le iniziative private (comprese le sponsorizzazioni) per rafforzare la tutela del paesaggio, la valorizzazione del patrimonio storico e la gestione dei servizi culturali.
Sarebbe opportuno costituire un fondo straordinario pubblico-privato per i beni culturali, che coinvolga anche fondi UE e risorse provenienti dall’estero (filantropi globali, italiani all’estero, ecc.). Il fondo dovrebbe prima di tutto finanziare un censimento digitale completo del patrimonio culturale.

Consumo di suolo
Occorre fissare e conseguire obiettivi pluriennali di contenimento quantitativo del consumo di suolo attraverso la pianificazione territoriale e urbanistica, da fissare d’intesa tra lo Stato e le Regioni sulla base di un Rapporto annuale al Parlamento.
La proposta dei saggi prevede l’introduzione di un contributo per la tutela del suolo e la rigenerazione urbana legato alla perdita di valore ecologico, ambientale e paesaggistico determinato dal consumo di suolo, contributo che si dovrebbe aggiungere agli obblighi di pagamento connessi con gli oneri di urbanizzazione e con il costo di costruzione. Il contributo esistente per interventi su aree edificate o comunque utilizzate ad usi urbani e da riqualificare andrebbe contestualmente ridotto o soppresso. Riqualificazione urbana
Ecco il punto di vista dei saggi: “Tutti gli indicatori demografici ed economici confermano un cambiamento radicale in termini dimensionali della domanda abitativa condizionata dalla dinamica dei nuclei familiari, dai flussi migratori, dall’invecchiamento della popolazione e dalla capacità reddituale. Inoltre, il patrimonio abitativo esistente presenta una bassissima qualità energetica, un’inadeguatezza delle strutture statiche rispetto alle classificazioni sismiche e una scarsa rispondenza degli impianti domestici degli immobili più vecchi non solo a standard di sicurezza adeguati, ma anche alle nuove esigenze di ambienti domestici assistiti: essi, infatti, dovrebbero prevedere livelli di accessibilità e sistemi tecnologici innovativi, in grado di favorire la permanenza degli anziani in casa propria, con positivi effetti di riduzione della spesa sanitaria. Infine, in varie aree del Paese è sentito il tema della riqualificazione delle città, anche per rendere più competitivi i sistemi economici locali e per garantire progetti di integrazione ed inclusione sociale.
Di conseguenza, la rigenerazione urbana, il riuso e la ristrutturazione del patrimonio esistente e la riconversione di aree dismesse possono realizzare l’obiettivo del risparmio di risorse scarse, in particolare il suolo fertile, e a generare una nuova offerta abitativa accessibile, soprattutto ai giovani, e di qualità.
Per far questo occorre rendere più efficace il Fondo Investimento per l’Abitare (FIA) promosso da CDP, il quale ha obiettivi minimi di redditività che impediscono nella sostanza di praticare canoni di locazione maggiormente sociali. Questa criticità può essere risolta operando sul regime fiscale, sulla gestione di immobili o aree demaniali da parte degli enti locali, o da compensazioni dello Stato.

lunedì 15 aprile 2013

FREE ha la sua strategia per rinnovabili ed efficienza

FREE ha la sua strategia per rinnovabili ed efficienza

(Fonte:QualEnergia.it)
 
 
 
Il Coordinamento FREE (Fonti Rinnovabili ed Efficienza Energetica) ha elaborato un documento programmatico che è stato è stato inviato per un confronto informale, in attesa di avere interlocutori politici, al GSE, all’Autorità per l’energia e all’ENEA. Il position paper e le tematiche da esso affrontate verranno illustrate domani 16 aprile 2013 nel corso del Convengo “Rinnovabili 3.0: un viaggio verso la competitività”, organizzato da Coordinamento FREE che si terrà presso la sede della Facoltà di Architettura dell’ Università Sapienza di Roma, sede “Valle Giulia”.
Qui di seguito l’excutive summary del documento.

Componenti essenziali delle azioni di contrasto del cambiamento climatico (quasi il 75% dell’effetto serra è oggi provocato dall’utilizzo di combustibili fossili) sono le politiche di sviluppo dell’efficienza energetica e delle produzioni con fonti rinnovabili, che dovranno essere necessariamente assunte come prioritarie dalla strategia energetica nazionale.

Per definirla, proponiamo a Governo e Parlamento di avviare una consultazione ex-ante ad ampio raggio, come quella promossa ad esempio in Francia, in modo da arrivare a una proposta condivisa, anche perché in grado di prevedere e guidare il parallelo dimensionamento degli altri obiettivi energetici.

In analogia con le scelte effettuate in altri paesi dell'Unione europea (Germania, Francia, Regno Unito), la strategia energetica dovrà assumere come riferimento il 2030 e avere come obiettivo minimo è la copertura nel 2030 del 30% dei consumi energetici con produzione da fonti rinnovabili, ma, attivando le misure suggerite in questo documento, sarà possibile coprire il 50% del fabbisogno elettrico, il 50% del fabbisogno termico, il 30% del fabbisogno relativo ai trasporti.

La realizzazione di questi obiettivi richiede innanzi tutto una governance adeguata che, come dimostrano i tre anni richiesti per dare attuazione a quanto previsto dal Decreto legislativo 28/2011, l’attuale ripartizione di competenze non è in grado di garantire. Va quindi esaminata la soluzione di unificare in un unico Ministero le competenze relative alle politiche energetiche e di contrasto del cambiamento climatico, fermo restando l’obbligo di consultare in fase istruttoria gli altri ministeri interessati.

Un’ulteriore contributo a una maggiore efficienza della governance può venire da una modifica dell’articolo 117 della Costituzione che ripartisca chiaramente le prerogative fra Stato e Regioni (eliminando la cosiddetta “legislazione concorrente”), assegnando in toto alle Regioni le prerogative più funzionali allo sviluppo del decentramento energetico e alla sua integrazione nella pianificazione territoriale.

Vanno inoltre tradotte in atti concreti le indicazioni contenute nella SEN a favore del rafforzamento delle consultazioni con gli stakeholder nazionali. Per gli obiettivi di efficienza energetica e di sviluppo delle rinnovabili, proponiamo che a livello ministeriale si costituisca un Tavolo permanente di confronto con gli stakeholder di questi comparti, con il compito di verificare l’attuazione della strategia energetica, discutere preventivamente obiettivi specifici e strumenti attuativi e verificarne poi l’efficacia.

Gli obiettivi al 2030 (e di quelli intermedi al 2020) vanno realizzati superando nei tempi più brevi possibili per ciascuna tecnologia i regimi di incentivazione e sostituendoli con:

a) adeguati strumenti finanziari, fiscali e normativi
b) politiche industriali e della ricerca a sostegno dello sviluppo dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili

Strumenti fiscali, da adottare a livello comunitario, sono la border tax, che penalizzi le merci importate da paesi dove l’assenza di adeguate normative ambientali ne riduce i costi, e la carbon tax, da attuare a fiscalità complessiva inalterata, già prevista dal disegno di legge di delega sulla riforma fiscale del governo Monti.

A livello nazionale, chiediamo che con apposito provvedimento si esenti la produzione con rinnovabili dalla Robin Hood tax e, per ovviare al credit crunch e agli alti tassi di interesse si crei un fondo di garanzia ad hoc per i finanziamenti nell’efficienza energetica e nelle rinnovabili.

Inoltre, per l’efficientamento degli edifici a uso abitativo, vanno rese stabili al 50% le detrazioni fiscali, riportandone però la spalmatura a 5 anni, ed estese (ridotte al 40%) alle ristrutturazioni di edifici adibiti ad attività industriali o terziarie. Analoga detrazione del 10% va riconosciuta per gli acquisti di elettrodomestici, limitatamente a quelli della classe più alta. Infine, va consentito alle PMI di detrarre fiscalmente il costo degli audit energetici.

Va inoltre realizzata la massima semplificazione delle procedure e delle norme attualmente in vigore, sia per gli impianti nuovi, sia per i rifacimenti di quelli esistenti, in particolare applicando il principio del silenzio/assenso e innalzando i tetti per il regime di autocertificazione. Vanno resi più cogenti i tempi per l’allacciamento degli impianti alle reti elettriche, in particolare a protezione dei piccoli produttori e dei prosumer, e rese molto più onerose le penalizzazioni per i ritardi non motivati da effettive cause di forza maggiore.

A livello normativo chiediamo l’abrogazione immediata del registro per i piccoli impianti e delle aste per i grandi. Nel settore civile occorre anticipare obiettivi e scadenze degli obblighi previsti dal Decreto Legislatuvo 28/2011, introducendo prescrizioni che promuovano l’utilizzo di materiali ecosostenibili ed estendere l’obbligo della riqualificazione energetica annua del 3% anche agli edifici delle Regioni e degli Enti Locali. Questi provvedimenti consentirebbero di anticipare al 2016 la Direttiva europea sui 'quasi zero energy building'.

Per massimizzare sviluppo dell’efficienza energetica, il Tavolo permanente di confronto dovrebbe essere in particolare attivato per migliorare la gestione non sempre chiara e semplice dei meccanismi di riconoscimento dei TEE e monitorare la loro evoluzione.

Nella produzione termica l’obiettivo è passare dall’attuale 4% circa di calore servito da teleriscaldamento al 20% al 2020 e raggiungere 72 TWh/anno al 2020 nella cogenerazione ad alto rendimento. In parallelo vanno introdotte quote minime obbligatorie di utilizzo di calore da rinnovabili, crescenti nel tempo, fino a raggiungere il 30% nel 2030.

Per favorire la produzione decentrata di energia lo scambio sul posto va esteso almeno fino ad 1 MW e auspicabilmente fino a 5 MW, l’AEEG deve emanare subito i criteri di applicazione Servizio Efficiente di Utenza (SEU), mentre il problema del bilanciamento delle produzioni energetiche non programmabili va affrontato senza indebite penalizzazioni, ricorrendo alla loro gestione integrata (Virtual Power Systems) e al back-up da parte di cicli combinati flessibilizzati, posticipando l’entrata in vigore degli oneri attualmente previsti fino alla completa realizzazione di queste azioni e abrogandone la retroattività.

Occorre introdurre norme capaci di sviluppare qualità e certificazione delle bioenergie, con particolare riferimento all’efficienza nell’utilizzo del suolo e nella riduzione delle emissioni climalteranti, di favorire l’utilizzo di biomasse di integrazione, di distinguere chiaramente fra sottoprodotti e rifiuti, di semplificare gli iter autorizzativi per le utilizzazioni boschive.

Lo sviluppo della mobilità elettrica deve essere sinergico con quella alimentata con biocarburanti e biometano, con provvedimenti per favorire lo sviluppo di tecnologie sostenibili per la produzione di biocarburanti di seconda e terza generazione (che in particolare esclude l’utilizzo di materia prima da aree deforestate) e l’utilizzo di biometano da destinare alla mobilità, senza dovere modificare le caratteristiche degli autoveicoli.

Vengono, infine, indicate modalità per rimuovere alcune barriere allo sviluppo di interventi diffusi: adeguare l’attuale livello informativo e formativo degli operatori (politici, amministrativi, imprenditoriali) e dei cittadini, spesso chiamati a svolgere il duplice ruolo di operatore e utente; finanziare il piano quadro “Foresta- Legno”, già approvato; avviare la trasformazione degli aggregati urbani in smart cities.

Poiché nell’efficientamento energetico e nelle fonti rinnovabili è cresciuto un sistema produttivo diversificato, con notevoli punte di eccellenza, a suo sostegno proponiamo un crash program di R&S, finanziato con modestissimi prelievi sulle bollette (elettrica e del gas) e sulle accise dei carburanti, e l’istituzione di un fondo di rotazione ad hoc, per trasferire le conoscenze così acquisite in innovazioni nelle industrie e nei servizi attivi nei comparti dell’efficienza energetica e rinnovabili.

venerdì 12 aprile 2013

Diverse possibili scelte, ma l'obiettivo resta decarbonizzare il sistema elettrico

Diverse possibili scelte, ma l'obiettivo resta decarbonizzare il sistema elettrico

(Fonte:QualEnergia.it-Gianni Silvestrini)
 
 
 
Martedì prossimo, 16 aprile, a Roma ci sarà un interessante confronto fra le diverse anime del sistema energetico italiano in un momento molto delicato: utilities in affanno economico, operatori delle rinnovabili in crisi alla ricerca di nuove prospettive, regolatori che dovranno intervenire sul mercato elettrico.

Dopo il pamphlet “Chi ha ucciso le rinnovabili” del presidente di Assoelettrica e le repliche del presidente di Assosolare, interviene anche il Coordinamento delle associazioni delle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, FREE, con l’organizzazione di questo convegno e la presentazione di un rapporto per rintuzzare le critiche e avanzare alcune proposte al prossimo Governo.

La situazione è nota. Domanda in calo, sovraccapacità termoelettrica, rinnovabili cresciute oltre ogni previsione. Come pure è chiaro il punto di arrivo: entro 38 anni si dovrà completamente decarbonizzare la produzione elettrica. C’è anche un riferimento temporale intermedio, quel 35-38% dei consumi (e potenzialmente oltre) che secondo la SEN dovrebbe venire soddisfatto dalle rinnovabili al 2020, cioè almeno 20-30 TWh in più.

Cosa fare dunque, anche alla luce della situazione di crisi economica?

Bloccare i nuovi progetti di centrali termoelettriche: sono state presentate ai Ministeri ben 37 richieste di autorizzazione per una potenza di 22,6 GW (tre proposte per 2 GW sono state ritirate nelle ultime settimane). Considerando che, a fronte di un parco di 81 GW termoelettrici, la potenza di punta ha raggiunto 5 anni fa un massimo di 57 GW, non ha alcun senso pensare a nuovi impianti (che disastro si sarebbe profilato se si fosse avviata l’avventura nucleare?).

Chiudere gli impianti più inquinanti e con minore rendimento.

Intervenire sul mercato elettrico e favorire una maggiore competizione nell’accesso al metano per consentire la sopravvivenza degli impianti a ciclo combinato (e in prospettiva l’esportazione di elettricità) in considerazione del ruolo strategico sinergico con la produzione non programmabile delle rinnovabili.

Favorire l’introduzione di elettrotecnologie nell’industria, pompe di calore nel settore civile, veicoli elettrici, tutte soluzioni che comportano una riduzione dei consumi di energia primaria e che sono sempre più giustificate nel contesto di una produzione fortemente, e sempre più, connotata dal gas e dalle rinnovabili.

Accelerare gli interventi sulla rete e le trasformazioni in smart grids, un comparto nel quale Enel svolge già un ruolo di punta in Europa e che potrà vederci all’avanguardia nei prossimi anni con possibilità di esportare know how.

Semplificare le procedure autorizzative e contenere gli incentivi per i nuovi impianti a fonti rinnovabili.

Va considerata, in particolare, la possibile forte evoluzione nella seconda parte del decennio del fotovoltaico senza incentivi diretti. Secondo un rapporto del principale gruppo bancario svizzero UBS, in Italia, Spagna e Germania, dove esistono condizioni favorevoli, questa opzione potrebbe vedere un forte sviluppo (43 GW alla fine del decennio) riducendo l’utilizzo dei combustibili fossili e i prezzi elettrici, ma determinando un’ulteriore contrazione dei profitti delle aziende elettriche.

Nel grafico 37 del rapporto, che riportiamo qui sotto, viene rappresentato il calo dell’offerta termoelettrica in Germania al 2020 in presenza di una forte crescita del fotovoltaico non incentivato accoppiato a sistemi di accumulo (attenzione alla scala delle ordinate che non parte da 0…). Una situazione che porterebbe ad un calo del 10% del prezzo di Borsa dell’elettricità e ad un dimezzamento delle entrate delle utilities tedesche.



Per quanto riguarda il nostro paese, secondo UBS, il fotovoltaico non incentivato potrebbe generare 11 TWh al 2020. La crescita non sussidiata del solare, peraltro, si sta già manifestando nel Western Australia dove il 10% delle case ha il suo tetto fotovoltaico e l’installazione di impianti senza incentivi è aumentata rispetto ad un paio di anni fa quando il solare era ancora sostenuto.

Come si vede, la situazione è delicata. Dalle modalità (semplificazione + liberalizzazione) che verranno adottate dal Governo e dall’Autorità si deciderà se il mercato fotovoltaico non incentivato avrà dimensioni più o meno significative. Le scelte andranno fatte considerando gli interessi generali del paese e quelli dei vari attori e gli effetti in termini di riduzione delle importazioni di gas, maggiori entrate fiscali e impatti occupazionali. Avendo come riferimento la decarbonizzazione del sistema elettrico.

giovedì 28 marzo 2013

Il prossimo mercato del fotovoltaico non incentivato

Il prossimo mercato del fotovoltaico non incentivato

(Fonte:QialEnergia.it-Gianni Silvestrini)
 
 
 
Il fotovoltaico tornerà alla sua impostazione delle origini, quella del bando “10.000 tetti fotovoltaici” promosso dal Ministero dell’Ambiente nel 2001: un mercato prevalentemente caratterizzato da impianti installati sulle coperture di edifici destinati a soddisfare una quota di autoconsumo. La realizzazione di grandi impianti per la vendita diretta alla rete senza incentivi, una strada che si inizia ad esplorare con successo in alcuni paesi, al momento non viene ritenuta economicamente fattibile da noi.

Centrali nello scenario futuro saranno le installazioni sulle coperture delle imprese nel settore produttivo e nel terziario grazie alla possibilità di assorbire percentuali rilevanti di produzione solare e ai minori costi unitari degli impianti. Ma anche il settore residenziale avrà un suo spazio: è possibile anche che si definiscano strategie di aggregazione e di cooperazione tra i futuri utenti, come è successo all’estero. Questo è un terreno, ad esempio, sul quale possono contribuire in maniera attiva i 2.100 Comuni che hanno aderito al Patto dei Sindaci.

Cambieranno dunque gli interessi economici, i soggetti coinvolti. Andranno definite nuove offerte commerciali e si trasformeranno i modelli di business. Si punterà infatti a risparmiare sulla bolletta più che a guadagnare dall’investimento sul fotovoltaico.

In realtà, anche al termine del Quinto Conto energia ci sarà comunque una fase di transizione con altre modalità di incentivazione, come le detrazioni fiscali. Una quota di domanda sarà inoltre assorbita dall’obbligo di installare il fotovoltaico nei nuovi edifici (a tal proposito non sarebbe male controllare presso i Comuni se effettivamente i progetti approvati rispettano questa prescrizione).

Ma la vera partita si giocherà con il prossimo Governo e con l’Autorità dell’Energia sugli oneri di dispacciamento, sui Seu, sulle semplificazioni autorizzative, sulla disponibilità di fondi di rotazione. Il modo con cui verranno affrontate queste criticità sarà fondamentale per capire l’entità dello sviluppo del mercato nei prossimi anni.

Come è noto la SEN prevede una espansione limitata ad 1 GW all'anno fino al 2020. In realtà questo settore, in presenza di adeguate condizioni al contorno, potrebbe ottenere risultati ben più significativi.

Secondo il più grande gruppo bancario svizzero UBS, il mercato del fotovoltaico non incentivato potrebbe vedere una forte crescita: viene stimata in Germania, Italia e Spagna nel 2020 una potenza di 43 GW fotovoltaici senza sussidi diretti, con un'incidenza sulla domanda elettrica compresa tra il 6 e il 9% (grafici 1 e 2). Valutazioni forse ottimistiche, ma che segnalano possibili interessanti prospettive ad un comparto in crisi.





Si accelererà poi anche la diffusione dell’abbinamento fotovoltaico+accumulo (magari dopo un periodo iniziale di incentivazione, come previsto in Germania), soluzione che diverrà la norma alla fine del decennio visto che il ritorno economico supererà quello del solo impianto fotovoltaico.

Ci potremmo, dunque, trovare nel 2020 con più di 1 milione di impianti solari sparsi sul territorio nazionale, cuore del nuovo modello decentrato di energia. Naturalmente questo scenario metterebbe in ulteriore difficoltà gli operatori elettrici a causa della erosione delle vendite e della riduzione dei profitti dovuta al calo del prezzo del kWh indotto dalla presenza del fotovoltaico.

La vera sfida sarà quindi data dalla capacità di gestire la delicata transizione di un mix termoelettrico sempre più in crisi e la trasformazione della rete in “smart grid”. Le rinnovabili, e il fotovoltaico in particolare, dovranno responsabilmente inserirsi nella transizione energetica in atto.

martedì 26 marzo 2013

La Strategia Energetica Nazionale fuori legge

La Strategia Energetica Nazionale fuori legge

(Fonte:QualEnergia.it-Antonio Sileo)
 
 
 
 
Quasi sicuramente il governo Monti sarà ricordato per altro, ma alla fine è arrivata anche la versione finale della Strategia Energetica Nazionale (SEN); che ha suscitato più che altro l’interesse degli addetti ai lavori, almeno fino a oggi.

La non troppa considerazione rivolta alla SEN probabilmente è spiegabile anche con la sua tardiva approvazione, arrivata quasi venti giorni dopo la celebrazione delle elezioni e a quasi quattro mesi dal termine della XVI Legislatura, che si è conclusa il 22 dicembre 2012.

Tale circostanza, oltre a generare una discreta incertezza sugli effetti concreti dell’iniziativa, ha provocato le prime proteste sulla legittimità di un atto promulgato da un Governo tenuto a sbrigare solo l’ordinaria amministrazione, quando la SEN vorrebbe tratteggiare le scelte energetiche dei prossimi decenni.

Il decreto interministeriale che l’approva definisce, infatti, la SEN un «atto di indirizzo strategico», che stando anche alle dichiarazione formulante pure in Parlamento dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera, cofirmatario insieme a Corrado Clini del decreto, sarebbe per l’appunto un «atto di programmazione e indirizzo».

La questione, in verità, non è di poco conto; e, a modesto avviso di chi scrive, è ben più dirimente della tempistica o del mancato rispetto dell’iter procedurale che il ministro Passera s’era (autonomamente) dato. Proprio gli addetti ai lavori non possono, infatti, dimenticare che l’approvazione della SEN sarebbe stata preceduta da una Conferenza nazionale sull’energia; anzi, in molti ricorderanno che la fantomatica conferenza era stata più volte promessa durante il governo Berlusconi, anche dopo le dimissioni di Claudio Scajola.

E in effetti, la convocazione di una Conferenza nazionale dell'energia e dell'ambiente da parte del Ministro dello Sviluppo economico, d'intesa con il Ministro dell'Ambiente, era specificatamente prevista dal secondo comma dell’art 7 della legge 133/2008, che al primo prevedeva proprio la definizione di una «Strategia energetica nazionale» da parte del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dello Sviluppo economico. Come, dunque, ha potuto il ministro Passera ignorare un iter che pure la legge dettagliatamente prevedeva?

La risposta in realtà, se da un lato è piuttosto semplice, dall’altro è un po’ sconcertante: questa norma non esiste più!

Per capire come ciò possa essere accaduto è necessario fare qualche breve passo indietro che ci riporta a una questione ben più contestata della SEN: il ritorno alla produzione elettronucleare. Proprio quello fortemente voluto dall’ex ministro Claudio Scajola che ritenne la SEN tanto urgente da inserirla in un decreto-legge, il 112/2008, convertito per l’appunto con la legge n. 133/2008.

Quella SEN era anche strumentale alla Strategia nucleare, questa però - dopo il clamore suscitato dal disastro giapponese di Fukushima - fu prima stoppata nel bulimico decreto-legge Omnibus, il 34/2011, introducendo una moratoria di un anno, per poi essere del tutto abrogata durante la conversione in legge del decreto. Tutto questo perché il quesito referendario sul nucleare, oltre a essere abbinato ai due sull’acqua pubblica, precedeva quello sul legittimo impedimento. Così tanto temuto dall’allora Presidente del Consiglio da far di tutto pur di evitare il raggiungimento del quorum.

Sorvolando su alcuni altri interessanti particolari – il giudizio della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale – si arriva all’attuale assetto normativo in cui, in conseguenza della duplice abrogazione sia dell’art. 7 della legge 133/2008 (per via legislativa) sia dell’art. 5 comma 8 della legge 75/2011 (per via referendaria), manca ogni norma primaria che espressamente si occupi della SEN.

Un vulnus, un vizio di origine che peraltro non poteva passare inosservato; infatti, la necessità di una tale norma è stata segnalata dall'Autorità per l'energia a Governo e Parlamento già l'8 novembre 2012.

E sarebbe davvero strano che la cosa passasse in secondo piano in un prossimo futuro, qualora si volesse dar corso alle previsioni della SEN.

giovedì 21 marzo 2013

Aspo Italia: "Illegittima una Sen varata a fine governo"

Aspo Italia: "Illegittima una Sen varata a fine governo"

(Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
 
La sezione italiana dell'Associazione per lo Studio del Picco del Petrolio critica la Strategia energetica nazionale appena approvata dai Ministri Clini e Passera

Aspo-Italia, l'associazione per lo studio del picco del petrolio getta ombre sulla legittimità della Strategia energetica nazionale, recentemente varata dai Ministri Clini e Passera. "L'8 marzo, il governo Monti, in carica per l'ordinaria amministrazione, ha emanato con decreto interministeriale firmato dal ministro per lo Sviluppo Economico Passera e quello all'Ambiente Clini, la versione finale del documento sulla Strategia Energetica Nazionale. Ad una prima lettura nessuna delle osservazioni più significative, incluse quelle di Aspo-Italia, raccolte durante la consultazione con i cittadini è stata accolta - denuncia in una nota Luca Pardi, Presidente di Aspo-Italia - resta, in particolare, la cosiddetta produzione sostenibile di idrocarburi nazionali, un ossimoro che, tradotto, significa approvazione delle nuove trivellazioni in mare, realizzabili grazie all'allentamento dei vincoli ambientali, e in Basilicata, Sicilia, Abruzzo. Una decisione di fine mandato che sarà accolta con molto piacere dalle compagnie petrolifere".

"La vicenda - continua Pardi - ricorda sinistramente il famoso decreto CIP6 del 1992 confezionato in regime di ordinaria amministrazione dal governo Andreotti VII, un regalino costato agli italiani l'equivalente di diverse di quelle manovre finanziarie d'emergenza a cui siamo tristemente abituati, nonché un grave ritardo nello sviluppo delle nuove fonti onti di energia rinnovabile, resta il giudizio negativo sull'opportunità politica che un provvedimento così importante possa essere preso da parte di un governo a fine mandato".

mercoledì 20 marzo 2013

Anev: sì alle rinnovabili “Made in Italy”

Anev: sì alle rinnovabili “Made in Italy

(Fonte:Rinnovabili.it)
 
 
 
Dall’analisi dell’Associazione, l’eolico risulterebbe una delle tecnologie da sostenere maggiormente in quanto “ha un ottimo potenziale residuo, è efficiente e per oltre il 70% composto da tecnologia nazionale”.
 
Sì alle rinnovabili più efficienti, ad alto potenziale di sviluppo, più economiche e Made in Italy. Questa la posizione dell’Anev, la lobby dell’eolico italiano, alla luce dell’analisi della Strategia Energetica Nazionale (SEN). Con la pubblicazione del testo finale del documento di programmazione energetica italiana, l’associazione fornisce il proprio parere e la propria valutazione sugli indirizzi e gli strumenti individuati del Governo nella SEN.

“L’ANEV non può che accogliere con favore tali indirizzi, ma è bene però puntualizzare alcuni aspetti e sottolineare come il meccanismo generale dei nuovi regimi di incentivazione contenga delle criticità, oltre al fatto che nella SEN sembrano mancare gli strumenti efficaci a rendere realizzabili le politiche di crescita indicate”.

Nel dettaglio, lo sguardo critico dell’associazione è rivolto a quella mancanza strutturale all’interno del documento di soluzioni efficaci per sostenere il settore dell’energia del vento, oggi rallentato significativamente dal meccanismo delle Aste e dei Registri.

“Per l’eolico le risultanze scaturite dagli esiti delle procedure d’asta e di iscrizione ai registri dimostrano infatti come ci siano delle evidenti problematiche che hanno comportato una distorsione sostanziale nei meccanismi. Il mancato raggiungimento del contingente per i grandi impianti ha infatti avuto come contraltare la saturazione del Registro dei piccoli impianti oltre il 150% del contingente e un deciso incremento di installazioni con potenza inferiore o pari a 60 kW”.

In questo contesto le proposte dell’Anev puntano sulla semplificazione amministrativa e l’eliminazione delle tortuose farraginosità delle autorizzazioni individuando di pari passo nuovi meccanismi di incentivazione che possano contemperare le necessità di riduzione degli oneri con quelle di sviluppo ulteriore del comparto.

Ecco perché servirebbe un Ministero dell'Energia

Ecco perché servirebbe un Ministero dell'Energia

(Fonte:QualEnergia.it-Valerio Rossi Albertini)
 
 
 
 
Qualenergia.it ha chiesto a diversi esperti del settore energetico, dell’ambientalismo, dell’informazione specializzata, di commentare l’attuale intricata situazione politica post-elezioni e il quadro della attuale questione energetico-ambientale, indicando i propri auspici per il nostro paese. Qui riportiamo il parere di Valerio Rossi Albertini, fisico e ricercatore presso il CNR, oltre che divulgatore scientifico.

Il governo Monti, in articulo mortis, ha emanato il decreto sulla SEN, la Strategia Energetica Nazionale. Qui non c'è spazio per entrare nel merito, ma una riflessione può essere fatta. Con la SEN, seppure in modo blando, lacunoso e controverso, si è finalmente prodotto un embrione di quel piano energetico per l'Italia, tanto invocato e mai realizzato. Un esercizio lodevole, per quanto insufficiente. Il timore è che resti, appunto, un esercizio.

Il decreto è interministeriale, frutto di un accordo, o piuttosto di una mediazione, tra Clini e Passera. C'è quindi da domandarsi se i loro due ministeri fossero davvero gli unici interessati alla questione energetica. Niente affatto! Il problema dell'energia investe, o almeno lambisce, gran parte dei ministeri, nelle rispettive competenze. Il ritardo nella stesura di un piano energetico nazionale coerente e organico è dovuto anche, se non soprattutto, allo sparpagliamento di attribuzioni tra i vari soggetti interessati.

In un Paese dove i provvedimenti sull'energia vengono assunti e poi sconfessati perfino dalla medesima istituzione proponente, addirittura con effetto retroattivo, è impensabile che un ganglio vitale dello sviluppo economico e della salute dell'ambiente sia affidato a soluzioni estemporanee (e velleitarie, considerando che il governo era in scadenza).

Io dico che non se ne esce in altro modo: serve un Ministero dell'Energia, magari anche con altre competenze, ma che sia soprattutto concentrato su questo obiettivo. Che studi, elabori, emani e poi vigili, apportando tutte quelle correzioni richieste dal mutare delle condizioni, non da grossolani errori di valutazione iniziali, come accaduto in passato. I tempi sarebbero maturi, come la SEN tenta di dimostrare.

Negli Stati Uniti, il Segretario di Stato all'Energia, l'equivalente di un nostro ministro, è il premio Nobel per la fisica del 1997. Dove il problema è riconosciuto in tutta la sua portata, c'è un Dipartimento dedicato, quello dell'Energia appunto, e se ne affida la conduzione ad un luminare. Un esperto che coordina una squadra di esperti è in grado di individuare soluzioni non convenzionali e di precorrere le tendenze future. Certo, non è necessario che il ministro sia l'esperto, ma che consulti e si affidi ad esperti, sì. Da noi, è capitato che un neoministro dell'ambiente abbia esordito dicendo “io di ambiente non so nulla”, il che non è tanto preoccupante per l'ingenua ammissione, ma per la dimostrazione del criterio e della sensibilità (o meglio, della sua mancanza) con cui a volte sono stati affidati incarichi di importanza strategica. Una spia evidente della sottovalutazione dei problemi con cui ci si deve confrontare.

Con queste premesse, c'è da meravigliarsi piuttosto di come, nonostante tutto, l'Italia sia riuscita a conseguire il successo nella conversione al fotovoltaico. Da meravigliarsi e, forse, da rammaricarsi. Se il percorso, anziché accidentato e spesso incoerente, fosse stato spianato da un progetto di ampio respiro, quanto sarebbe stato più facile arrivare al traguardo? E quanto saremmo più avanti nella costruzione di una rete elettrica intelligente, che esalterebbe il risultato raggiunto e ricompenserebbe appieno dello sforzo compiuto?

Quel che è stato è stato. Adesso abbiamo maturato l'esperienza e sappiamo, ancor meglio di prima, quello che andrebbe fatto. Tutte le forze politiche oggi gridano al rinnovamento? Ecco, che comincino da qui. Hic Rhodus, hic salta ...

lunedì 18 marzo 2013

Strategia energetica nazionale: la bufala del gas e petrolio italiano

Strategia energetica nazionale: la bufala del gas e petrolio italiano


(Fonte:Ecqualogia.it)
 
La strategia energetica nazionale non è solo timida con le rinnovabili ed arrendevole con il carbone, ma è anche millantatrice a proposito dei possibili aumenti di produzione nazionale di gas e petrolio.

Per il quasi ex ministro dello sviluppo, la produzione di idrocarburi nazionali deve naturalmente essere “sostenibile”. Cosa significhi non ce lo spiega esattamente, visto che si lamenta delle limitazioni alle trivellazioni off shore e bontà sua ci fa sapere che rinuncerà al facking. CIò che è invece del tutto intollerabile è la manipolazione dei dati. Parlando di idrocarburi, si dice che “le risorse potenziali ammontano a 700 Mtep“, valore ritenuto definito “largamente per difetto” poichè l’attività esplorativa si è ridotta al minimo nell’ultimo decennio. 
Non si sa bene dove il ministro (o i suoi spin doctors dell’ENI forse) si sia sognato tutto questo eldorado fossile. Il grafico in alto confronta la produzione storica con le aspettative strategiche, mostrando un’improbabile inversione di tendenz. Secondo i dati BP , le italiche riserve al 2011 erano valutate solo 265 Mtep (187 di petrolio e 78 di gas). Nel 2006 erano stimate ancora meno, 190 Mtep; gli ultimi sei anni hanno visto quindi un rialzo delle stime pari a 75 Mtep.


Secondo gli stessi dati del ministero dello sviluppo, nel 2006 le riserve erano pari a 244 Mtep (110 petrolio, 134 gas). Queste riserve sono “calcolate convenzionalmente come somma delle riserve (recuperabili) certe col 50% delle probabili e con il 20% delle possibili“.

La cifra di 700 Mtep include quindi il 100% delle probabili e il 100% delle possibili; un’operazione scorretta, sia dal punto di vista geologico che etico-politico. Non si può millantare ciò che non si ha! L’oscillazione delle cifre

Se fosse possibile estrarre tutte le riserve riportate da BP, avremmo una quantità di idrocarburi pari a 22 mesi di consumi italiani.

Non è meglio lasciare questi fossili dove sono e pensare al futuro?


venerdì 15 marzo 2013

Ecco il nuovo documento di Strategia Energetica Nazionale

Ecco il nuovo documento di Strategia Energetica Nazionale

(Fonte:QualEnergia.it)
Riduzione dei costi energetici, pieno raggiungimento e superamento di tutti gli obiettivi europei in materia ambientale, maggiore sicurezza di approvvigionamento e sviluppo industriale del settore energia. Questi sarebbero i quattro obiettivi principali indicati nel nuovo documento di Strategia Energetica Nazionale - SEN  di 139 pagine che i ministri Corrado Passera e Corrado Clini hanno approvato con un Decreto Interministeriale. Nei giorni scorsi si sono sprecate le critiche da parte di ambientalisti, associazioni e operatori del settore energetico che reputano questo atto illegale, perché emanato da ministri di un Governo in esercizio solo per l'ordinaria amministrazione. Un documento di programmazione sull'energia del paese, sebbene in forma di decreto, che ha una chiara valenza politica e di certo si identifica come un atto di carattere straordinario.

Il comunicato del Ministero dello Sviluppo Economico ci tiene a precisare che sono stati recepiti diversi contributi e, rispetto al documento posto in consultazione ad ottobre, quelli più rilevanti vengono elencati tra i seguenti:
Una maggiore esplicitazione delle strategie di lunghissimo periodo (fino al 2050), in coerenza con la Roadmap di decarbonizzazione europea, e delle scelte di fondo per la Ricerca e Sviluppo
Una quantificazione dei costi e benefici economici della strategia per il Sistema, in particolare per i settori elettrico e gas
Una definizione più precisa delle Infrastrutture Strategiche gas, con particolare riferimento al dimensionamento di nuovi impianti di stoccaggio e di rigassificazione, con garanzia di copertura costi in tariffa, necessari per garantire l’allineamento strutturale dei prezzi gas a quelli UE e a fare fronte alle accresciute esigenze di sicurezza delle forniture (in uno scenario geopolitico sempre più complesso)
Una più precisa descrizione delle misure di accompagnamento alla cosiddetta grid parity delle Rinnovabili elettriche (segnatamente del Fotovoltaico), una volta terminato il sistema incentivante attuale
Una migliore definizione degli strumenti previsti per accelerare i miglioramenti nel campo dell’efficienza energetica (es. certificati bianchi, PA, standard obbligatori, certificazione)
Una più chiara definizione dei possibili miglioramenti della governance del settore.

Ma il senso della SEN non cambia molto rispetto alla versione di ottobre. Leggendo la presentazione sintetica della nuova SEN (pdf) e il comunicato stampa ministeriale percipiamo un approccio di 'un colpo al cerchio e una alla botte'. Una strategia che continua a ritenere che la sostenibilità sia solo una questione economica e che pensa solo ad "una graduale integrazione della produzione rinnovabile".

La potremmo leggere allora come il classico tentativo di controllare l'impetuosa crescita delle fonti di energia pulita in un sistema che punterà, secondo gli estensori del documento, ad essere caratterizzato da uno "sviluppo sostenibile della produzione nazionale di idrocarburi" e a diventare "il principale hub sud-europeo del gas". Una classica tattica dilatoria nei confronti del cambiamento in atto nel sistema energetico e verso quella vera transizione energetica per la quale si richiedono ora altre mentalità e visioni.

martedì 12 marzo 2013

FREE si appella a Napolitano sulla SEN

No ad un decreto sulla Strategia Energetica Nazionale. FREE si appella a Napolitano


(Fonte:Ecqualogia.it)
 
 
Clini e Passera hanno firmato il decreto interministeriale che chiude la procedura sulla Strategia Energetica Nazionale. Il Coordinamento delle Associazioni delle Fonti Rinnovabili e dell’Efficienza Energetica chiede al Presidente della Repubblica di intervenire per porre rimedio a questo atto "scorretto" da parte dei ministri del Governo Monti.

Avevamo segnalato come la Strategia Energetica Nazionale stesse per diventare un decreto interministeriale tra Sviluppo economico e Ambiente e di come le associazioni ambientaliste, Greenpeace, Legambiente e WWF, avessero stigmatizzato tale decisione, per un atto di programmazione, come un vero e proprio colpo di mano da parte di un governo in carica solo per gli affari correnti.

Oggi rincara la dose il Coordinamento delle Associazioni attive nelle Fonti Rinnovabili e nell’Efficienza Energetica (Coordinamento FREE) che con un comunicato chiede addirittura a Napolitano di intervenire. Segue comunicato FREE:

APPELLO AL PRESIDENTE NAPOLITANO

Lo scorso 8 Marzo i ministri Clini e Passera hanno firmato il decreto interministeriale che chiude la procedura sulla Strategia Energetica Nazionale, atto definito come strumento di programmazione e indirizzo.
Un atto ingiustificato non solo per i suoi contenuti (non sono stati tenuti in debita considerazione gli innumerevoli commenti emersi in sede di consultazione), ma anche per la forma, venendo da ministri tecnici di un governo in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, senza il previsto preventivo passaggio parlamentare (come è avvenuto per altri provvedimenti), senza l’approvazione da parte del CIPE (atto dovuto per uno strumento di programmazione), addirittura privo di una formale approvazione da parte del Consiglio dei ministri. Oltre tutto a elezioni svolte, cioè a pochi giorni dall’inizio della consultazioni per la costituzione di un governo retto dai voti di un Parlamento appena legittimato dal suffragio popolare.

Di fronte a questa manifestazione di dispregio del corretto funzionamento delle procedure democratiche, il Coordinamento fra Associazioni attive nelle Fonti Rinnovabili e nell’Efficienza Energetica (Coordinamento FREE) fa appello alla sensibilità istituzionale del Presidente della Repubblica, affinché intervenga per porre rimedio a questa incresciosa situazione.

lunedì 11 marzo 2013

Strategia Energetica Nazionale approvata: ambientalisti protestano

Strategia Energetica Nazionale approvata: ambientalisti protestano

(Fonte:GreenStyle.it-Guido Grassadonio)
 
 
 
La Strategia Energetica Nazionale è stata approvata. Ne ha dato notizia Clini venerdì scorso, affermando di aver provveduto a firmare, insieme al collega Corrado Passera, un decreto interministeriale che dà il via alla SEN. L’approvazione ha scatenato, come prevedibile, le reazioni indignate di tutte le associazioni ambientaliste, Greenpeace, Legambiente e WWF.

Greenpeace parla di un vero e proprio “colpo di mano” operato dall’attuale governo dimissionario riguardo alla SEN. L’associazione in questa battaglia si è unita al WWF Italia ed a Legambiente e la descrizione dei fatti è, assolutamente, impietosa. Riportiamo dal comunicato di Greenpeace:

Secondo le associazioni ambientaliste si tratterebbe di un atto illegittimo, adottato da un governo in carica solo per gli affari correnti, su una materia di programmazione strategica che tutto rappresenta fuorché “ordinaria amministrazione”. La SEN, infatti, è un documento che definisce lo sviluppo energetico dell’Italia da qui al 2020: un periodo troppo limitato per una strategia, ma sufficiente per ipotecare il futuro del Paese con il delineato impulso alla trasformazione in hub del gas e il via alle trivellazioni selvagge.

Inoltre, Greenpeace, Legambiente e WWF spiegano come le consultazioni avvenute sulla SEN riguardavano una bozza di legge. Al momento nessuno conosce bene il contenuto della versione definitiva che sarebbe stata approvata.

Si conoscono però le linee guida, le priorità date dal governo e le conseguenti critiche da parte delle tre associazioni. Il breve schema seguente, sempre tratto dal comunicato stampa Greenpeace, riassume ottimamente la situazione, chiarendo gli obiettivi della SEN targata Passera e Clini, riferita soltanto ai 7 anni che ci dividono dal 2020:
 
  1. incentivare e facilitare lo sfruttamento delle scarsissime risorse petrolifere del Paese, mettendo a rischio ambiente, paesaggio e salute pubblica per un ritorno economico esiguo;
  2. fingere che non esista la questione carbone – la fonte più dannosa per il clima e la salute umana – salvo continuare ad approvare nuovi progetti di centrali alimentate con quella fonte (come nel caso di Saline Joniche) o progetti di ampliamento di impianti già esistenti (come nel caso di Vado Ligure);
  3. definire obiettivi di sviluppo ambiziosi per le fonti rinnovabili, ma identificare al contempo strumenti del tutto inadeguati a consentire questa crescita;
  4. trasformare l’Italia in un grande hub del gas, senza chiarire i vantaggi per il paese vista l’assenza di politiche che superino gli impianti a carbone e a olio combustibile.

Infine, le tre associazioni ricordano due fallimenti cui l’attuale governo in carica è andato incontro e che avrebbero dovuto suggerire prudenza nelle sue ultime attività:
 
  1. Secondo i dati OCSE, nell’ultimo anno gli investimenti in Italia sulle rinnovabili sono calati del 51%. Impossibile non considerare per questo dato il governo come corresponsabile.
  2. La batosta elettorale presa da Monti alle ultime elezioni, che dovrebbe ridurre al minimo la legittimità politica del suo governo

Ma, evidentemente, i ministri Passera e Clini non condividono tale analisi dei fatti.

lunedì 4 marzo 2013

Efficienza energetica e sviluppo sostenibile, Clini scrive a Grillo

Efficienza energetica e sviluppo sostenibile, Clini scrive a Grillo

 (Fonte:EdilPortale.it-Paola Mammarella)
Completare l’agenda verde per la crescita sostenibile dell’Italia grazie ai nuovi eletti. È l’intento del Ministro dell’Ambiente uscente Corrado Clini, che ha inviato una lettera ai neoparlamentari del Movimento Cinque Stelle.
Le richieste di Clini
Nella lettera inviata al leader del Movimento Cinque Stelle, Clini ricorda che i parlamentari “dovranno esaminare e votare provvedimenti cruciali per il futuro sostenibile dell’Italia e per l’attuazione di regole europee impegnative per la riconversione “verde” dell’economia”.

Allo stesso tempo, sottolinea Clini, bisognerà completare le parti incompiute dell’agenda verde del governo Monti, come fiscalità ambientale, semplificazione delle procedure per le autorizzazioni ambientali, bonifica dei siti industriali dismessi, gestione integrata delle risorse idriche, piano nazionale per la messa in sicurezza e l’adattamento ai cambiamenti climatici, incentivi per l’economia verde e trasformazione della struttura energetica nazionale secondo un sistema basato sulla combinazione di fonti rinnovabili ed efficienza .

Il programma del Movimento Cinque Stelle
Come si legge nel comunicato del Ministero, la proposta di collaborazione è stata inviata perché il “Movimento ha da sempre manifestato una grande attenzione per la protezione dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile”.

Tra i punti fondamentali del programma elettorale, nel capitolo sull’energia, ci sono infatti l’applicazione immediata della normativa sulla certificazione energetica, l’adozione della classe C della provincia di Bolzano come livello massimo dei consumi per il rilascio delle concessioni edilizie relative sia alle nuove costruzioni sia alle ristrutturazioni, la riduzione del 10% dei consumi negli edifici pubblici, l’adozione di norme per regolare il consumo energetico nei condomini, l’utilizzo più efficiente delle fonti fossili e la predisposizione di incentivi per l’uso delle energie rinnovabili.

A che punto siamo
Un sistema di tassazione premiante era stato predisposto del disegno di legge sulla delega fiscale, norma rimasta su un binario morto a causa della crisi del Governo uscente. Il testo proponeva la revisione della disciplina sulle accise in base al contenuto di carbonio. Una sorta di “carbon tax”, il cui gettito doveva essere destinato al finanziamento delle fonti rinnovabili.
Stralciata dal testo del ddl, la proposta era poi stata ripresentata sotto forma di emendamento, senza mai arrivare a compimento.

Ricordiamo che a ottobre è stata avviata una consultazione sulla Strategia energetica nazionale, che si prefigge la riduzione dei costi energetici, il pieno raggiungimento e superamento di tutti gli obiettivi europei in materia ambientale e una maggiore sicurezza di approvvigionamento e sviluppo industriale del settore energia.

Sulla base della consultazione, associazioni e imprese sono intervenute con proposte migliorative e integrative a sostegno dell’efficienza.

Data l’attenzione alla sostenibilità e al raggiungimento degli obiettivi europei, manifestata dal Governo dimissionario e in campagna elettorale, ci si attende che questi ed ulteriori argomenti siano posti nell’agenda del nuovo Esecutivo.

lunedì 4 febbraio 2013

Green economy, le proposte di Aper al nuovo Governo

 Green economy, le proposte di Aper al nuovo Governo

(Fonte:EdilPortale.it-Paolo Mammarella)



Green Economy centrale tra gli impegni del nuovo Governo. È la richiesta avanzata da Aper, Associazione produttori energia rinnovabile, alle forze politiche che si presenteranno alle elezioni del 24-25 febbraio.

Il documento, articolato in dieci schede, contiene le azioni che il prossimo Esecutivo dovrebbe intraprendere nei suoi primi dodici mesi di attività per raggiungere gli obiettivi del SEN, Strategia energetica nazionale, e dell’Energy Roadmap dell’Unione Europea.

Per queste ragioni secondo l’Aper durante la prossima legislatura l’Italia dovrebbe:
 
- Assumere un ruolo di leadership nella redazione del nuovo Pacchetto Clima-Energia, individuando, per ognuno dei settori coinvolti, i seguenti obiettivi vincolanti al 2030: 35% di energia da fonti rinnovabili e, per il segmento delle rinnovabili elettriche, il 50% sul totale dei consumi, aumento del 35% nell’efficienza energetica, riduzione del 35% nelle emissioni di gas climalteranti;
- Confermare l’obiettivo del 38% per le rinnovabili elettriche sui consumi finali al 2020;
- Predisporre una nuova disciplina normativa che consenta realmente di raggiungere l’obiettivo del 38%;
- Sostenere lo sviluppo della filiera del biometano predisponendo una specifica disciplina normativa;
- Varare una politica industriale che privilegi e sostenga la filiera delle rinnovabili quale strumento di rilancio della manifattura italiana e l’esportazione;
- Incrementare gli investimenti pubblici nella ricerca e nello sviluppo sperimentale;
- Promuovere gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo sperimentale da parte di aziende private;
- Costituire una cabina di regia nazionale;
- Incentivare una collaborazione con le istituzioni comunitarie e nazionali coinvolte nell’adozione di bandi finalizzati al finanziamento di progetti innovativi e di sviluppo delle fonti rinnovabili;
- Sostenere il processo di internazionalizzazione della filiera rinnovabili;
- Costruire un nuovo sistema per la promozione delle imprese italiane all’estero;
- Rivedere i meccanismi di sostegno della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, basandoli su modelli di accesso diretto e certo, eventualmente con tariffe differenziate per fonte soggette a riduzioni automatiche progressive all’aumentare della potenza nazionale installata;
- Riallocare, per le future aste/registri, i contingenti non richiesti (eolico off-shore, grande idro) verso le tecnologie con maggior disponibilità di progetti (eolico onshore e piccolo idro);
- Prevedere regole chiare e durature e favorire l’adozione di norme regionali omogenee;
- Semplificare e accelerare i procedimenti autorizzativi;
- Ampliare l’uso di strumenti quali il silenzio-assenso;
- Prevedere poteri sostitutivi e sanzionatori nei confronti delle amministrazioni territoriali;
- Rendere trasparente e meno pesante la bolletta elettrica;
- Adeguare gli attuali meccanismi di sostegno per raggiungere gli obiettivi europei al 2030 e favorire la transizione post-incentivi;
- Estendere l’applicabilità del meccanismo di scambio sul posto agli impianti di potenza fino a 5 MW;
- Sollecitare l’AEEG affinché adotti la regolamentazione dei Sistemi Efficienti di Utenza;
- Introdurre contratti bilaterali di lungo periodo;
- Integrare le fonti rinnovabili nel mercato;
- Introdurre forme di agevolazione fiscale per l’acquisto di auto elettriche, pompe di calore, cucine a induzione;
- Rivedere la struttura di prezzo dell’energia elettrica;
- Favorire gli investimenti che portano ad un risparmio energetico e, nel caso della Pubblica Amministrazione prevedere un plafond di investimento in deroga al Patto di Stabilità per gli interventi con payback breve (entro 5 anni).

Aper ha chiesto ai partiti di sottoscrivere il documento entro il 7 febbraio, condividendolo anche solo parzialmente.

Dall’8 febbraio sul sito dell’associazione partirà un ritardo metro, che segnalerà i giorni di ritardo nell’invio delle risposte.

venerdì 25 gennaio 2013

Enea: registrati risparmi grazie al 55%

Enea: registrati risparmi grazie al 55%

(Fonte:Edilportale.it)
 
 
 
Nell’ambito del suo ruolo di Agenzia nazionale per l'efficienza energetica, attribuito dal D.lgs 115/2008, l’Enea ha infatti effettuato il monitoraggio e la valutazione a supporto delle politiche energetiche nazionali.

I risparmi ottenuti trovano riscontro nelle iniziative normative adottate, come la prescrizione di standard minimi di prestazione energetica degli edifici, le detrazioni fiscali del 55% per la riqualificazione energetica degli edifici, i certificati bianchi e le misure di incentivazione all’acquisto di vetture ecologiche.

Analizzando i risultati del 2011 in rapporto agli obiettivi attesi per il 2016, l’Enea ha riscontrato una maggiore efficacia delle misure adottate per i settori del residenziale e dell’industria, mentre continuano a permanere difficoltà per il terziario e i trasporti.

Come risposta a queste criticità, sottolinea l’Enea, sono state previste specifiche disposizioni nei decreti “Conto energia termico” e “Certificati bianchi” di recente emanazione.

Al momento, secondo l’Enea, le misure che hanno evidenziato maggiore efficacia sono i Titoli di Efficienza Energetica (TEE) e gli standard minimi di prestazione energetica degli edifici previsti dal D.lgs. 192/2005, che da sole hanno permesso un risparmio pari all’80%, di cui il 43% riguarda i TEE e il 37% gli standard minimi di prestazione energetica degli edifici.

In collaborazione con Confindustria è stato inoltre sottoposto un questionario alle imprese. Dalle risposte è emerso che le realtà in grado di offrire prodotti e servizi per l’efficienza energetica a livello nazionale si rivolgono in prevalenza ad operatori industriali dei settori meccanico e delle costruzioni.

Un’altra indagine è stata effettuata con I-com, Istituto per la Competitività, in collaborazione con Assoimmobiliare. I risultati mostrano che, a fronte di una elevata sensibilità diffusa tra gli operatori, c’è difficoltà di accesso ai finanziamenti per realizzare gli interventi di miglioramento energetico degli edifici.
Rispetto agli altri parametri che concorrono alla definizione del prezzo degli immobili, è stato inoltre riscontrato che la qualità energetica ha un peso rilevante solo nel caso di classi energetiche elevate, mentre ha un ruolo trascurabile nelle abitazioni dei centri storici delle grandi città.

giovedì 24 gennaio 2013

Il Decreto Conto Termico non soddisfa pienamente il Co.Aer

Il Decreto Conto Termico non soddisfa pienamente il Co.Aer

(Fonte:InfoBuildEnergia.it)


Il Decreto Conto Termico, tappa essenziale per raggiungere gli obiettivi della Strategia energetica nazionale, si propone il duplice scopo di incentivare la produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di accelerare gli interventi di efficienza energetica degli edifici.
Secondo il Co.Aer - Associazione costruttori apparecchiature ed impianti aeraulici, per quanto riguarda le pompe di calore il Decreto contiene una serie di requisiti che difficilmente consentiranno quello sviluppo del mercato delle rinnovabili ampiamente auspicato nella SEN.
"Oltre alla già evidenziata scarsa remunerabilità delle pompe di calore - spiega Giampiero Colli, Segretario Co.Aer - nell'allegato II del decreto troviamo altri aspetti che, secondo noi, sono fortemente negativi." Nel testo definitivo del decreto è stata, infatti, introdotta una prestazione aggiuntiva che le pompe di calore elettriche aria/aria e aria/acqua devono rispettare per poter accedere agli incentivi: il coefficiente di prestazione minimo con temperatura di bulbo secco all'entrata di -7°C. "Il rispetto di questo ulteriore coefficiente - precisa Colli - è limitato alle sole zone climatiche E ed F, ma si tratta di un requisito comunque pesante che comporterà ulteriori costi per le aziende."
Il decreto richiede inoltre che le prestazioni delle pompe di calore siano misurate in un laboratorio accreditato; una richiesta che comporta una serie di difficoltà oggettive e, soprattutto per le pompe di calore di grossa taglia, il rischio che i laboratori non siano in grado di riprodurre le necessarie condizioni di prova.
Una nota sicuramente positiva è l'inserimento all'art. 16, comma 4, del mandato all'Autorità per l'Energia elettrica di definire tariffe elettriche specifiche per l'utilizzo di impianti a pompa di calore. "Quello delle tariffe elettriche è un argomento che sta particolarmente a cuore al Co.Aer, sul quale stiamo lavorando da anni e su cui continueremo a lavorare nei prossimi mesi. Siamo, infatti, convinti della assoluta necessità di avere per le pompe di calore una tariffa elettrica specifica, non gravata da oneri impropri, che riduca i costi di funzionamento."