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giovedì 25 luglio 2013

Assosolare e Aper si uniscono: nasce AssoRinnovabili

Assosolare e Aper si uniscono: nasce AssoRinnovabili

 (Fonte:GreenStyle.it-Francesca Fiore)
 
 
 
La notizia è ora ufficiale: Aper e Assosolare hanno concluso la fusione, dando vita a AssoRinnovabili. Dopo la delibera del 2 luglio scorso, in cui i soci di Assosolare hanno approvato all’unanimità la decisione di passare ad Aper, è di oggi la notizia della fine delle operazioni e del cambio di nome della società in AssoRinnovabili.

Non solo il nome, ma anche lo statuto di Assosolare è stato modificato, per permettere una riorganizzazione più efficiente del nuovo soggetto: Giovanni Simoni, presidente di Assosolare, diventa vicepresidente della neonata società, mentre alla guida ci sarà Agostino Re Rebaudengo, che ha commentato così:

Siamo certi che questo importante passaggio contribuirà a sostenere meglio le prossime azioni per l’introduzione di un’adeguata disciplina sugli sbilanciamenti, per la regolamentazione dei Sistemi Efficienti d’Utenza e, in genere, per promuovere gli interessi di un settore che è ormai diventato un pilastro del Paese.

Da Assosolare, 6 soci su 60 sono entrati negli organi associativi del nuovo soggetto, che dovrà affrontare le sfide legate ai mutamenti del sistema energetico. Plauso anche dal vicepresidente, Simoni, che ha spiegato:

Era giunto il momento di mescolarci con le altre filiere rinnovabili. Nessuna filiera può pensare di affrontare in autonomia le sfide che ci attendono nei prossimi anni in termini di integrazione nelle reti e di sviluppo di nuove tecnologie smart come gli accumuli, il controllo e la gestione delle utenze.

venerdì 19 luglio 2013

Aper si fonde con Assosolare: nasce AssoRinnovabili

Aper si fonde con Assosolare: nasce AssoRinnovabili

(Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
 
 Il Presidente Agostino Re Rebaudengo: “Siamo certi che questo importante passaggio contribuirà a sostenere meglio le prossime azioni in favore delle rinnovabili".

 
Dalla fusione di Aper e Assosolare (che lo scorso 2 luglio avevano deliberato all’unanimità di confluire in Aper) nasce assoRinnovabili. L’Assemblea di Aper, ha accolto ieri, con voto unanime i Soci dell'associazione guidata da Giovanni Simoni, modificando il nome e lo Statuto del nuovo organismo, adattandolo alle nuove esigenze organizzative. In assoRinnovabili anche i fornitori di servizi, tecnologie e componenti hanno l’identico status dei produttori di energia. Sei degli oltre 60 nuovi Soci entrano negli organi associativi e Giovanni Simoni diventa Vicepresidente di assoRinnovabili. Agostino Re Rebaudengo, Presidente di assoRinnovabili (già Aper), esprime soddisfazione per il percorso compiuto e per l’unità d’intenti manifestata dagli Associati di entrambe le compagini. “Siamo certi che questo importante passaggio – ha detto Re Rebaudengo – contribuirà a sostenere meglio le prossime azioni per l’introduzione di una adeguata disciplina sugli sbilanciamenti, per la regolamentazione dei Sistemi Efficienti d’Utenza e, in genere, per promuovere gli interessi di un settore che è ormai diventato un pilastro del Paese".

“Era giunto il momento di 'mescolarci' con le altre filiere rinnovabili – ha commentato il neo Vicepresidente Simoni – perché nessuna filiera può pensare di affrontare in autonomia le sfide che ci attendono nei prossimi anni in termini di integrazione nelle reti e di sviluppo di nuove tecnologie smart come gli accumuli, il controllo e la gestione delle utenze. Con questa operazione siamo diventati la maggior associazione industriale del settore in Europa dove contiamo di "pesare" ancora più che in passato nella discussione sui prossimi obiettivi di politica energetica".

mercoledì 26 giugno 2013

Internazionalizzazione aziende: Aper guarda al Marocco

Internazionalizzazione aziende: Aper guarda al Marocco 

(Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
 
L'Associazione dei produttori di energia rinnovabile lancia un nuovo ciclo di incontri dedicati alle opportunità di investimento in Marocco per le aziende italiane

 
Opportunità di investimento all'estero per le imprese italiane nel campo delle rinnovabili. Aper (Associazione produttori dei energia rinnovabile) lancia un nuovo ciclo di incontri dedicati all'internazionalizzazione delle aziende del nostro Paese, il cui primo appuntamento sarà focalizzato sul Marocco: si terrà giovedì 11 luglio a Milano nella sala Convegni della sede Aper, in via Pergolesi, 27. L’evento è organizzato in partnership con l’istituto milanese Althesys, il cui supporto scientifico ed esperienza forniranno ai partecipanti gli elementi chiave per valutare la possibilità di avviare nuovi investimenti nei mercati internazionali.

Il percorso formativo si aprirà con un intervento a cura diell'economista Alessandro Marangoni dedicato al quadro regolamentare, alle potenzialità di mercato ed agli economics delle rinnovabili in Marocco. Seguirà un intervento dell’Associazione RES4Med che offrirà una panoramica del ruolo delle FER nel Mediterraneo, mentre Enel Green Power porterà la sua esperienza di operatore che ha già effettuato investimenti in loco. Concluderà l’incontro A. El Hafidi, direttore del Dipartimento “Energia Elettrica e Fonti Rinnovabili” al Ministero dell’Energia marocchino, che illustrerà i programmi del Governo per lo sviluppo delle FER. Nei prossimi mesi completeranno il ciclo gli approfondimenti su Romania e Turchia.

lunedì 24 giugno 2013

Robin Tax nel Decreto del Fare: un duro colpo alle rinnovabili

(Fonte:GreenStyle.it-Francesca Fiore)
 
 
 
 
L’addizionale IRES rispunta nel Decreto del Fare, pubblicato il 21 giugno in Gazzetta Ufficiale: dopo rassicurazioni e smentite, la famigerata Robin Tax è stata inserita nella versione definitiva del testo e allargata anche a piccole e medie imprese energetiche. Si tratta di una tassa che colpirà molte società che operano nel settore delle rinnovabili, proprio nel momento in cui gli incentivi sono in scadenza e la flessione del mercato europeo fa preoccupare non poco gli addetti ai lavori.

Inserita “a sorpresa” nell’articolo 5 del decreto, la tassa viene estesa ai produttori di energia rinnovabile per imprese che abbiano un fatturato di almeno 3 milioni di euro annui e profitti di almeno 300.000 euro lordi. Durante il 2013, l’imposta sarà pari al 10,3%, mentre dovrebbe arrivare un calo nel 2014, fino a quota 6,5%. Il testo del decreto legge n.69 del 21 giugno, all’art.5 comma 1, recita:

Al comma 16 dell’articolo 81 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le parole: volume di ricavi superiore a 10 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 1 milione di euro sono sostituite dalle seguenti: volume di ricavi superiore a 3 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 300 mila euro.


La tassa, che non era stata inserita dopo l’ultimo Consiglio dei ministri, sarebbe motivata con la necessità di calmierare le bollette energetiche e alleggerire i costi sui consumatori. Secondo la relazione tecnica legata al decreto, dall’imposta si dovrebbe ricavare un gettito di 150 milioni di euro nel 2015, a cui si aggiungeranno 75 milioni nel 2016. In particolare, dovrebbero essere ridotte le componenti A2, cioè i costi legati alle operazioni di smantellamento del nucleare.

C’è allarme fra gli operatori, in particolare il fotovoltaico, a causa del fatto che in questa tassa rientreranno gran parte degli impianti sparsi sul nostro territorio, a partire dai 300 kW di potenza. Parecchie sono le critiche arrivate già, a poche ore dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto, a partire da Giovanni Simoni, presidente di Assosolare, che scrive:

Sarebbe opportuno fare la massima chiarezza sulla fonte di tali proposte e verificare se, lo dico solo nell’interesse del Paese, possano convivere nelle istituzioni pubbliche soggetti che, protetti dall’anonimato e chiusi nelle loro stanze, elaborino proposte che la Politica boccia quasi interamente.

La discussione intorno alla Robin Tax è stata parecchio travagliata, con proposte che andavano dall’estendere la tassa a società con fatturati di 80.000 ai 200.000, seguiti da 500.000, fino al limite dei 2 milioni: se fossero state approvate le proposte “basse”, secondo Simoni, sarebbe stata decretata la morte dell’intero settore. Malgrado il limite fissato a 3 milioni di euro annui minimi, la Robin Tax andrà a colpire duramente il comparto fotovoltaico, la cui situazione di crisi generale viene aggravata, secondo Simoni, da altri due elementi negativi:

La fine dei contributi diretti alla produzione di energia elettrica e la consultazione dell’Autorità per l’Energia sulle reti SEU e private, dalla quale “traspare” la volontà e il tentativo di bloccare lo sviluppo della Generazione Distribuita. C’è da chiedersi se queste misure siano compatibili con le indicazioni europee o addirittura con gli obiettivi espressi nella Strategia Energetica Nazionale.

Ma la “Robin Tax estesa” non è l’unica nota stonata del nuovo decreto: gli inceneritori sarebbero infatti favoriti da una modifica nel calcolo del CEC, il “costo evitato di combustibile”, su cui si basano gli incentivi. In origine, la modifica era stata prevista come misura che gravasse sugli inceneritori, ma “non varrà per gli impianti di termovalorizzazione di rifiuti in convenzione Cip 6/92 che si trovino oggi nei primi 8 anni dell’esercizio in convenzione, dunque siano ancora nella prima fase di recupero dell’investimento effettuato”. Questi impianti, sette per la precisione, continueranno a ricevere un incentivo più abbondante.

Il decreto legge n.69, insomma, semina sfiducia e preoccupazione fra gli operatori delle rinnovabili, negando in parte i “buoni propositi” dei trattati firmati in Europa e della SEN. Ed è con un avvertimento chiaro al governo, che conclude così il presidente di Assosolare:

Se mettiamo insieme la fine degli incentivi, l’introduzione di una nuova tassa e la deliberata intenzione del regolatore di limitare al massimo lo sviluppo di attività di decentralizzazione produttiva, ci troveremmo di fronte a un quadro di nuovi pesanti ostacoli all’ulteriore sviluppo delle rinnovabili, mentre da ogni parte politica, con poche eccezioni, si continua a declamare la loro importanza per il futuro energetico del Paese.

martedì 11 giugno 2013

Attacco alle rinnovabili: lettera delle associazioni al Corsera

Attacco alle rinnovabili: lettera delle associazioni al Corsera 

(Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
Aper, Assosolare e Coordinamento Free hanno inviato una lettera al Corriere della Sera, in merito all'articolo anti-rinnovabili di Danilo Taino pubblicato nel numero del 5 giugno scorso, senza ottenere alcuna risposta dal quotidiano. "Soltanto il presidente di Assoelettrica, per difendere interessi delle fossili, può parlare dell’energia solare nel nostro Paese come di un flop"

 
Anche le associazioni italiane delle rinnovabili si scagliano contro l'articolo-propaganda che definiva il solare in Italia come un "flop". L'articolo, a firma di Danilo Taino, pubblicato dal Corriere della Sera il 5 giugno, raccoglieva pareri di noti avversari delle fonti rinnovabili, senza contraddittorio e senza aggiungere il parere di nessuno degli innumerevoli e stimati ricercatori che, invece, si sono, da sempre, schierati in favore delle fonti pulite. Per questo, Aper, Assosolare e Coordinamento Free hanno spedito giorni fa una lettera al direttore del prestigioso quotidiano nazionale in risposta e a commento di quell'articolo, senza però, ottenere alcuna risposta.

ZeroEmission pubblica di seguito il testo della lettera, con l'obiettivo di darne la dovuta visibilità:

Gentile Direttore,
le scriviamo in rappresentanza di APER, l'Associazione dei Produttori di Energia Rinnovabile, di Assosolare, l’associazione degli operatori dell’industria fotovoltaica, e del Coordinamento FREE, che raggruppa 35 soci tra associazioni ed enti operanti nel settore delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, in replica all’articolo “Sos Terra", pubblicato in prima pagina il 5 giugno 2013, per fornire al lettore informazioni e dati completi, non solo di una parte, peraltro minoritaria! In primo luogo, solo il presidente di Assoelettrica, per difendere interessi delle fossili, può parlare dell’energia solare nel nostro Paese come di un flop: 18 GW di potenza installata in pochi anni, costruendo dal nulla una filiera di imprese produttrici di energia, servizi e componenti che è ormai pronta a lavorare senza incentivi – proprio in questi giorni è stato raggiunto il limite previsto dal V Conto Energia - non può in nessun modo essere considerato un insuccesso. Non servono forse a questo, gli incentivi, ad avviare un settore? Ebbene, obiettivo raggiunto: nei prossimi anni si continueranno a installare impianti fotovoltaici incrementando la quota di energia verde prodotta in Italia. In più, particolare fondamentale, ogni tonnellata di anidride carbonica risparmiata sarà a costo zero!


Un’analisi completa dovrebbe poi contemplare le due facce della medaglia - costi e benefici - che dovrebbero sempre essere considerate congiuntamente. Le stime più recenti (cfr. Althesys, IREX Report) indicano in circa 35 miliardi di euro il saldo tra benefici (miglioramento della bilancia commerciale, riduzione dei costi associati ai diritti di emissione, impatti su Pil e occupazione) e costi delle politiche già varate per sostenere il settore delle rinnovabili (altre stime arrivano perfino a 76 miliardi). E, si badi, si tratta di stime che non tengono in considerazione gli impatti sicuramente positivi che lo sviluppo delle rinnovabili ha sul sistema sanitario nazionale e sull’ambiente (meno malattie dovute alle emissioni inquinanti e ad effetto serra). Peraltro i costi, noti da tempo, sono stati “messi in sicurezza” dai decreti del ministro Passera dello scorso luglio, che ha fissato chiari limiti di spesa massima annuale. Rimetterli in discussione oggi significherebbe una volta di più allontanare potenziali investitori dal nostro Paese e comprometterne ulteriormente la fiducia, già gravemente minata dalle innumerevoli riforme non fatte. Premesso che l’Italia ha precisi doveri etici e materiali per rispettare impegni presi in sede internazionale e che il risparmio energetico è comunque un obiettivo da perseguire e una grande opportunità di sviluppo e di crescita, si ritiene che il vero problema in Italia sia la mancanza totale di una programmazione energetica.

L’ultimo Piano Energetico Nazionale risale alla fine degli anni 80, la decisione di pianificare la costruzione di una serie di centrali nucleari è naufragata con un referendum dai forti significati anche sociali, mentre gli impianti termoelettrici sono stati costruiti recentemente anche a fronte di una ben nota diminuzione delle richieste di energia e la SEN del Governo Monti è solo un insieme di buone intenzioni, senza alcuna indicazione strategica concreta. In questo vuoto si sono innestati alla rinfusa una serie di interventi, in grado di premiare ora l’una ora l’altra tecnologia, con tutte le conseguenze del caso, compreso il dilagare di norme tecniche spesso in contrasto tra di loro e di tariffe dell’energia non sempre congruenti. Ci permettiamo di suggerire di cambiare logica e capire, finalmente, che il risparmio e l’efficienza energetica si possono ottenere solamente coniugando un mix di tecnologie, in alcune delle quali, peraltro, l’industria Italia è tra i leader di mercato. Solo una seria programmazione energetica, seguita da un’altrettanto seria pianificazione delle norme tecniche e delle tariffe dell’energia potrà permettere a tutti, dai progettisti degli impianti, agli installatori fino all’utente finale, di comprendere i reali vantaggi di un investimento nella green economy. Senza posizioni talebane, né dall’una (amplificata a dismisura dall’establishment), né dall’altra parte (alla quale in verità non viene data grande possibilità di replica).

venerdì 12 aprile 2013

Diverse possibili scelte, ma l'obiettivo resta decarbonizzare il sistema elettrico

Diverse possibili scelte, ma l'obiettivo resta decarbonizzare il sistema elettrico

(Fonte:QualEnergia.it-Gianni Silvestrini)
 
 
 
Martedì prossimo, 16 aprile, a Roma ci sarà un interessante confronto fra le diverse anime del sistema energetico italiano in un momento molto delicato: utilities in affanno economico, operatori delle rinnovabili in crisi alla ricerca di nuove prospettive, regolatori che dovranno intervenire sul mercato elettrico.

Dopo il pamphlet “Chi ha ucciso le rinnovabili” del presidente di Assoelettrica e le repliche del presidente di Assosolare, interviene anche il Coordinamento delle associazioni delle fonti rinnovabili e l’efficienza energetica, FREE, con l’organizzazione di questo convegno e la presentazione di un rapporto per rintuzzare le critiche e avanzare alcune proposte al prossimo Governo.

La situazione è nota. Domanda in calo, sovraccapacità termoelettrica, rinnovabili cresciute oltre ogni previsione. Come pure è chiaro il punto di arrivo: entro 38 anni si dovrà completamente decarbonizzare la produzione elettrica. C’è anche un riferimento temporale intermedio, quel 35-38% dei consumi (e potenzialmente oltre) che secondo la SEN dovrebbe venire soddisfatto dalle rinnovabili al 2020, cioè almeno 20-30 TWh in più.

Cosa fare dunque, anche alla luce della situazione di crisi economica?

Bloccare i nuovi progetti di centrali termoelettriche: sono state presentate ai Ministeri ben 37 richieste di autorizzazione per una potenza di 22,6 GW (tre proposte per 2 GW sono state ritirate nelle ultime settimane). Considerando che, a fronte di un parco di 81 GW termoelettrici, la potenza di punta ha raggiunto 5 anni fa un massimo di 57 GW, non ha alcun senso pensare a nuovi impianti (che disastro si sarebbe profilato se si fosse avviata l’avventura nucleare?).

Chiudere gli impianti più inquinanti e con minore rendimento.

Intervenire sul mercato elettrico e favorire una maggiore competizione nell’accesso al metano per consentire la sopravvivenza degli impianti a ciclo combinato (e in prospettiva l’esportazione di elettricità) in considerazione del ruolo strategico sinergico con la produzione non programmabile delle rinnovabili.

Favorire l’introduzione di elettrotecnologie nell’industria, pompe di calore nel settore civile, veicoli elettrici, tutte soluzioni che comportano una riduzione dei consumi di energia primaria e che sono sempre più giustificate nel contesto di una produzione fortemente, e sempre più, connotata dal gas e dalle rinnovabili.

Accelerare gli interventi sulla rete e le trasformazioni in smart grids, un comparto nel quale Enel svolge già un ruolo di punta in Europa e che potrà vederci all’avanguardia nei prossimi anni con possibilità di esportare know how.

Semplificare le procedure autorizzative e contenere gli incentivi per i nuovi impianti a fonti rinnovabili.

Va considerata, in particolare, la possibile forte evoluzione nella seconda parte del decennio del fotovoltaico senza incentivi diretti. Secondo un rapporto del principale gruppo bancario svizzero UBS, in Italia, Spagna e Germania, dove esistono condizioni favorevoli, questa opzione potrebbe vedere un forte sviluppo (43 GW alla fine del decennio) riducendo l’utilizzo dei combustibili fossili e i prezzi elettrici, ma determinando un’ulteriore contrazione dei profitti delle aziende elettriche.

Nel grafico 37 del rapporto, che riportiamo qui sotto, viene rappresentato il calo dell’offerta termoelettrica in Germania al 2020 in presenza di una forte crescita del fotovoltaico non incentivato accoppiato a sistemi di accumulo (attenzione alla scala delle ordinate che non parte da 0…). Una situazione che porterebbe ad un calo del 10% del prezzo di Borsa dell’elettricità e ad un dimezzamento delle entrate delle utilities tedesche.



Per quanto riguarda il nostro paese, secondo UBS, il fotovoltaico non incentivato potrebbe generare 11 TWh al 2020. La crescita non sussidiata del solare, peraltro, si sta già manifestando nel Western Australia dove il 10% delle case ha il suo tetto fotovoltaico e l’installazione di impianti senza incentivi è aumentata rispetto ad un paio di anni fa quando il solare era ancora sostenuto.

Come si vede, la situazione è delicata. Dalle modalità (semplificazione + liberalizzazione) che verranno adottate dal Governo e dall’Autorità si deciderà se il mercato fotovoltaico non incentivato avrà dimensioni più o meno significative. Le scelte andranno fatte considerando gli interessi generali del paese e quelli dei vari attori e gli effetti in termini di riduzione delle importazioni di gas, maggiori entrate fiscali e impatti occupazionali. Avendo come riferimento la decarbonizzazione del sistema elettrico.