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mercoledì 9 aprile 2014

Greenpeace e WWF: Crocetta convochi il tavolo tecnico per fermare le trivelle in Sicilia

Greenpeace e WWF: Crocetta convochi il tavolo tecnico per fermare le trivelle in Sicilia

(Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
Nei giorni scorsi, Greenpeace e WWF hanno protestato davanti al Palazzo della Regione Siciliana, avviando simbolicamente il “tavolo tecnico” contro le trivelle in mare promesso oramai un anno fa e mai avviato dal Presidente Crocetta e dall’Assessore all’Ambiente Lo Bello. Gli attivisti hanno esposto striscioni con i messaggi “No Trivelle nel Canale di Sicilia” e “Il mare di Sicilia non si tocca” e, allestendo in pochi minuti tavolo e sedie, hanno voluto dimostrare quanto poco ci voglia ad avviare una fase consultiva per tutelare il mare della Sicilia.
«Le estrazioni petrolifere nel Canale di Sicilia non solo mettono in pericolo l’ecosistema e la ricca biodiversità di quest’area, ma anche tutti quei settori dell’economia come la pesca e il turismo che dipendono dal mare» dichiarano Greenpeace e WWF. Da tempo Greenpeace e WWF si battono per impedire i numerosi progetti di trivellazione che minacciano il Canale di Sicilia; lo scorso febbraio hanno lanciato insieme una petizione sul sito di change.org rivolta al Presidente Crocetta perché mantenesse le sue promesse per un futuro senza trivelle e al momento oltre 36.000 persone hanno deciso di sottoscrivere l’appello, al quale però il Presidente non ha mai risposto.

Nel frattempo Edison e ENI stanno per essere autorizzati a trivellare fino a ventuno pozzi al largo di Pozzallo per l’estrazione di bitume con la piattaforma “Vega b”. Una follia che non genera occupazione (la piattaforma sarà automatizzata) e rischia di avviare la corsa all’oro nero nel Canale di Sicilia. Per fermare questa follia, Greenpeace e WWF hanno distribuito un documento che riassume compiti e obiettivi del tavolo tecnico: progetti legislativi, iniziative politico-istituzionali, collaborazioni scientifiche e progetti culturali. «Chiediamo un impegno forte a favore dell’ambiente e non degli interessi dei petrolieri, contro le perforazioni off-shore e a favore di provvedimenti efficaci per la tutela del Canale di Sicilia, una delle zone più ricche di biodiversità del Mediterraneo» concludono WWF e Greenpeace. Mentre Crocetta e il suo Assessore all’Ambiente, Lo Bello, promettevano un tavolo tecnico contro le trivelle, l’Assemblea Regionale approvava misure incentivanti le estrazioni petrolifere e Crocetta si schierava su questa linea, sostenendo di non poter “pensare di mettere norme che disincentivano l’attività economica, produttiva e imprenditoriale”. Greenpeace e WWF ritengono piuttosto che, come dimostrano i ripetuti incidenti al petrolchimico di Gela, niente come il petrolio e le trivelle disincentiva l’attività economica, produttiva e imprenditoriale in Sicilia. Il mare è il vero petrolio, l’oro blu, su cui la Regione aveva promesso di voler puntare.

giovedì 2 maggio 2013

L'Enel sporca che non piace agli azionisti critici

L'Enel sporca che non piace agli azionisti critici

(Fonte:QualEnergia.it)
 
 
 
 
Mentre il mondo guarda avanti, a un sistema energetico più pulito e democratico, Enel, il “nostro” (31,24% delle azioni del ministero del Tesoro) gigante dell'energia, sembra essere rimasto “fossilizzato” sul passato dato che punta ancora sul carbone con danni a salute, clima, ambiente e probabilmente anche perdite economiche per gli azionisti. E' questa la sintesi dell'obiezione che gli azionisti critici dell'azienda hanno portato all'assemblea martedì scorso.

Nel 2012 il 31% dei 295,8 TWh di energia elettrica prodotti da Enel è venuto dal carbone, un dato in crescita del 6,6% rispetto all'anno precedente. Le rinnovabili (idroelettrico escluso) pesano appena per il 3,14% del totale, quasi tutto dall'eolico, mentre il fotovoltaico si ferma allo 0,07%.

Nel 2011 le nuove rinnovabili contribuivano per il 2,18% del totale. Rispetto al 2011 c'è stato quindi un incremento dello 0,96%. Per Greenpeace, Re:Common e comitati contro il carbone, rappresentati in assemblea da Banca Etica è “un incremento troppo contenuto rispetto a fonti di energia che, secondo uno studio di Bloomberg New Energy Finance pubblicato la scorsa settimana, costituiranno il 70% della nuova potenza installata da qui al 2030. A favore delle fonti pulite giocherebbero molti fattori: costi delle tecnologie e dell'integrazione nella rete in forte calo, produzione di CO2 vicina allo zero e sviluppo di un sistema di produzione di energia elettrica sempre più decentrato e diffuso, basato sull'autoproduzione da parte di famiglie e singoli individui grazie ai pannelli solari, al mini-eolico, al mini-idroelettrico. In uno scenario del genere, i giganti dell'energia come Enel, che continuano a puntare su fonti di energia fossile e su una produzione fortemente centralizzata sono destinati a trasformarsi in dinosauri nel giro di pochi anni, con un impatto pesantemente negativo sui profitti e sui dividendi per gli azionisti, come recentemente evidenziato (8 marzo 2013) da un'analisi di Reuters“.

Enel, è la denuncia, non solo sta perdendo un treno, ma sta addirittura tentando di farlo deragliare. E' di un anno fa l'allarme lanciato pubblicamente dal presidente Andrea Colombo, il quale, intervenendo contro gli incentivi alle rinnovabili, avvertiva che proprio le fonti rinnovabili assieme alla stagnazione della domanda stanno rendendo difficile la copertura dei costi di produzione degli impianti convenzionali. “Questa a nostro parere – sottolineano gli azionisti critici - è un indice di grave miopia nella gestione di Enel che, arroccata nella difesa delle fonti fossili e di un sistema di produzione centralizzato, rischia di perdere progressivamente la sua capacità di generare profitti e dividendi per gli azionisti.“

Un discorso a parte poi va fatto sul carbone, una fonte di energia obsoleta e altamente inquinante, il cui peso sul mix di produzione di energia di Enel è cresciuto del 6,6% dal 2011 al 2012. Una crescita quasi interamente concentrata sull'Italia, dove il carbone è passato dal 34,1% del totale nel 2010 al 48,4% nel 2012 (+14,3%). Nelle domande ad Enel da parte degli azionisti critici, oltre che di possibili investimenti controversi (come quelli nel nucleare nei paesi baltici o in grandi pogetti idroelettrici in Sudamerica) si chiede di tutte le problematiche correlate agli investimenti in nuovi impianti a carbone, dagli elevati costi esterni in termini di emissioni, mortalità e morbilità calcolati secondo il modello elaborato dall'Agenzia Europea dell'Ambiente (EEA) al minore costo per l'ambiente e la salute di investimenti alternativi in energie rinnovabili e, al limite, in impianti a gas naturale.

Eccone alcune: “Quali sono i costi operativi dell’impianto di La Spezia? Non sarebbe più conveniente chiudere l’unità a carbone e utilizzare in modo più efficiente le due unità a gas naturale già esistenti?”; “perché lo studio di impatto ambientale sull’impianto a carbone di Porto Tolle non presenta anche analisi di costi e benefici basate su altre opzioni?”; “in base a quali dati la società considera come non rilevante l’aumento di traffico marittimo – e i relativi impatti ambientali e sul paesaggio – dovuto alle chiatte che porteranno il carbone a Rossano, in Calabria?”. E poi Civitavecchia: “La nostra è la prima città nel Lazio e la terza in Italia per casi di tumori alle vie respiratorie” ha spiegato Simona Ricotti dei No Coke Alto Lazio, delegata a parlare all’assemblea dell’Enel in rappresentanza delle altre realtà italiane.

Come ha risposto Enel? Aspettando la pubblicazione del verbale dell'assemblea e un commento che QualEnergia.it ha chiesto all'azienda e pubblicherà appena ricevuto, ci limitiamo a quanto diffuso dalle agenzie: "A Brindisi e Civitavecchia – è la dichiarazione di Fulvio Conti riportata da TM News - le indagini ci sono, non lo nego. Ma vi invito ad aspettare l'esito perché tecnicamente ad oggi possiamo dire che non è così". "In Cile - ha poi aggiunto rispondendo a un azionista cileno che ha accusato l'azienda di violare i diritti delle popolazioni indigene - non violiamo i diritti umani". (Aggiornamento: in allegato in basso le risposte di Enel alle domande degli azionisti critici che l'azienda ci ha inviato adesso, seguirà un pezzo dedicato).

Risposte che non sembrano aver soddisfatto gli azionisti critici. “Sono state come sempre elusive – spiega a QualEnergia.it, Mauro Meggiolaro di Banca Etica - non si ammettono gli impatti del carbone e non si riconoscono gli studi della EEA e di Greenpeace (sui danni sanitari del carbone, ndr), Conti si richiama sempre al "rispetto delle leggi", cosa che a noi non basta. Su Civitavecchia e Brindisi ha ammesso l'esistenza di indagini, ma ha chiesto di aspettare "eventuali condanne". In ogni caso incontreremo Enel dopo la pubblicazione del verbale per fare ulteriori domande e chiedere maggiori informazioni sulle domande a cui non è stata data risposta.”

venerdì 26 aprile 2013

Tecnologia pulita: Google la più verde secondo Greenpeace

Tecnologia pulita: Google la più verde secondo Greenpeace

(Fonte:GreenStyle.it-Claudio Schirru)

 
 
Salvare la Terra grazie alle iniziative verdi delle società tecnologiche. Greenpeace ne è più che mai convinta e lo dimostra diffondendo l’ultimo rapporto del “Cool IT Challenge”. La sfida green delle aziende impegnate nel settore “Information Technology” è giunta alla sua sesta classifica, stilata in base alle 21 aziende maggiori dell’area tecnologica mondiale.

Le aziende sono state valutate da Greenpeace sulla base delle promesse mantenute, non soltanto per le intenzioni dichiarate. Questo spiega il motivo dell’ottimo primo posto di Google così come giustifica l’assenza di un gigante mondiale come Facebook: entrambe le multinazionali hanno assicurato nelle scorse settimane piani “verdi” per aumentare il loro impegno verso il clima, ma al momento della compilazione della classifica solo la prima ha davvero avviato significative politiche per arginare i cambiamenti climatici.

Primo piazzamento come detto per Google, con la Cisco che si posiziona subito dopo ed Ericsson che completa il podio. Subito dietro si trova Fujitsu (4°) mentre un terzetto occupata il quinto posto: Sprint, Wipro e HP. A completare la lista delle migliori dieci troviamo a pari merito Alcatel-Lucents e Vodafone seguite da Softbank.

Sviluppo verde delle società IT rallentato secondo Greenpeace dai monopoli energetici che da anni dominano alcuni importanti Paesi come gli USA (Duke Energy) e il Giappone (TEPCO). Buone notizie però arriverebbero anche su questo fronte, con Google che avrebbe convinto il monopolista statunitense a compiere un primo passo verso il rinnovamento (per ora limitato all’incremento di energia da fonti rinnovabili nel North Carolina). A sostenere la società del famoso motore di ricerca potrebbero essere presto anche altre società incluse nella classifica, tra queste AT&T, Cisco, IBM e Wipro, tutte attive in quello Stato.

Queste società potrebbero nei prossimi mesi anche scendere in campo contro il tentativo di rilanciare negli USA le politiche a sostegno dei combustibili fossili, di cui l’American Legislative Council Exchange (ALEC) rappresenta la minaccia maggiore. L’impegno dovrà però essere immediato, ricorda Greenpeace, o rischia di arrivare troppo tardi.


giovedì 18 aprile 2013

Internet consuma sempre più energia, tutta colpa della diffusione del wi-fi

Internet consuma sempre più energia, tutta colpa della diffusione del wi-fi

 (Fonte:Uomoplanetario.org-Matteo Della Torre)
 
 
 
Nel 2015, prevede una ricerca dell'Università di Melbourne, il 9% delle emissioni sarà dovuta alle emissioni di CO2, mentre il resto alle connessioni wireless

L’attenzione delle industrie e degli ambientalisti per cercare di rendere più verde il cloud diminuendo i consumi dei grandi data center molto probabilmente punta al bersaglio sbagliato. Per l’università di Melbourne non sono questi centri il problema ma tutte le infrastrutture, da quelle per il 4G, la connessione mobile di ultima generazione, al wireless casalingo. Nel 2015, prevede la ricerca, il 9% delle emissioni sarà dovuta ai primi, mentre il resto alle connessioni wi-fi.

Il consumo dei grandi agglomerati di computer che servono a immagazzinare i dati sono finiti recentemente anche nel mirino di Greenpeace, che ha dedicato al tema un rapporto, e molti centri di ricerca stanno studiando data center sempre meno energivori. A spingere in su le emissioni però, spiegano gli autori, è la tendenza sempre maggiore a utilizzare il cloud con tablet, smartphone e in generale dispositivi con connessioni senza fili: “I data center sono solo una parte dell’ecosistema più vasto del cloud-computing”, scrivono gli autori del Center for Energy-efficient Communications. “Nei fatti è il network stesso, soprattutto il link finale tra le infrastrutture e il dispositivo dell’utente la componente più preoccupante del consumo di energia”.

Secondo i calcoli degli autori entro il 2015 il cloud consumerà fino a 43 terawattora di energia, che nel 2012 erano solo 9,2, con un aumento del 460%. Questo implica un aumento della produzione di CO2 da 6 milioni a 30 milioni di tonnellate, l’equivalente di 4,9 milioni di auto in più nelle strade. Fino al 90% del consumo sarà attribuibile alle tecnologie di accesso ai network senza fili, mentre i data center saranno responsabili del 9%.

venerdì 12 aprile 2013

Sicilia: Regione prende impegno contro trivellazioni

 Sicilia: Regione prende impegno contro trivellazioni

 (Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
Il presidente Crocetta e l’assessore Lo Bello hanno garantito a Greenpeace un immediato deciso sostegno della Regione nella battaglia contro le perforazioni off-shore e per la tutela del mare del Canale di Sicilia
La Sicilia risponde all'appello di Greenpeace per un'azione di contrasto alle operazioni di perforazione offshore nelle acque del "canale". Il presidente Rosario Crocetta e l’assessore all’Ambiente Mariella Lo Bello, durante un'audizione con i rappresentanti dell'associazione ambientalista, hanno garantito un immediato deciso sostegno della Regione in questa battaglia contro le perforazioni off-shore e per la tutela del mare del Canale di Sicilia. “Siamo soddisfatti dalla risposta del presidente Crocetta e di come la Regione Siciliana si sia schierata fermamente contro la strategia del petrolio e a favore di un piano energetico che punti su fonti rinnovabili. Adesso attendiamo che questi impegni si concretizzino in atti concreti, a partire da un’opposizione formale della Regione ai progetti di perforazione che rischiano di devastare il Canale di Sicilia e l’economia delle comunità costiere siciliane” ha dichiarato Giorgia Monti, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace.

L’assessore Lo Bello ha confermato l’intenzione di presentare osservazioni contrarie al progetto di trivellazioni al largo dell’Agrigentino e di convocare un tavolo tecnico sulle trivellazioni dove discutere con le associazioni e le amministrazioni locali i possibili interventi normativi per difendere il mare e le coste, anche utilizzando i punti menzionati da Greenpeace nel “Piano Blu per la Sicilia” illustrati nel corso dell’audizione. Greenpeace ha dato appuntamento al presidente Crocetta e ai membri della Giunta Regionale e della Commissione Ambiente sull’Arctic Sunrise, la rompighiaccio di Greenpeace, che sarà a Trapani il 25 e 26 aprile, per annunciare i primi passi concreti attuati per tutelare il mare di Sicilia e sostenere attività economiche importanti per l’economia siciliana, come la pesca artigianale.

martedì 9 aprile 2013

Greenpeace lancia oggi un “Piano blu per la Sicilia”

Greenpeace lancia oggi un “Piano blu per la Sicilia”

 (Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
Greenpeace presenta oggi il “Piano blu per la Sicilia” alla Commissione Ambiente e Territorio dell’Assemblea Regionale Siciliana, dove l’associazione è stata convocata per una nuova audizione sulle trivellazioni offshore nel Canale di Sicilia. “Non c'e più tempo da perdere: il mare e le coste siciliane sono letteralmente sotto l’assalto dei petrolieri, favoriti da un governo centrale che punta tutto sul petrolio. È ora che il governatore Crocetta scelga con decisione da che parte vuole stare portando avanti azioni concrete contro le trivellazioni in mare” ha commentato Giorgia Monti, responsabile della campagna mare di Greenpeace Italia. Per Greenpeace bisogna avviare immediatamente, con un processo partecipato, l’elaborazione di un “Piano blu per la Sicilia” che, utilizzando l’approccio multisettoriale della Direttiva Comunitaria 2008/56 per la Strategia Marina, punti a tutelare le risorse del mare e le economie che da esse dipendono.

Il “Piano Blu per la Sicilia” e gli altri suggerimenti di Greenpeace indicano alla Regione Sicilia passi precisi per intervenire contro le trivelle per la tutela del mare, vero tesoro per lo sviluppo dell’economia della più grande isola del Mediterraneo. Tra i passi principali indicati nel documento: un atto di indirizzo della Regione contrario alle trivellazioni in mare; la presentazione immediata di osservazioni contrarie ai progetti di ricerca petrolifere in via di valutazione al largo della costa siciliana; un’ iniziativa politica per un sostanzioso incremento dell’imposizione fiscale alle trivellazioni off-shore, oggi irrisorio; la promozione di un uso efficiente dell’energia e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, a partire dall’aggiornamento del Piano Energetico Regionale; la richiesta al Governo Centrale di stabilire una Zona di Protezione Ecologica nel Canale di Sicilia; lo sviluppo di politiche che garantendo la tutela del mare favoriscano l’economia locale, dalla pesca al turismo.

“La situazione del mare di Sicilia è allarmante. Alcune concessioni sono vicinissime alla costa e mettono in serio pericolo non solo l’ambiente ma anche il suo patrimonio culturale e economico. Se vuole, la Regione Sicilia può intervenire per far valere la propria sovranità sul territorio e sul mare che lo circonda. Abbiamo chiesto più volte al presidente Crocetta di intervenire, ma ad oggi le associazioni sono state lasciate completamene sole in questa lotta” ha concluso Giorgia Monti. Appresa la notizia che la Northern Petroleum intende estendere le ricerche petrolifere a un’area di oltre 1.325 chilometri quadri, a poche miglia dal litorale agrigentino, lo scorso 11 marzoGreenpeace insieme a comitati locali e associazioni di categoria ha chiesto formalmente al presidente Crocetta di intervenire.

giovedì 4 aprile 2013

I guai di chi disturba il manovratore. I casi Eni ed Enel

I guai di chi disturba il manovratore. I casi Eni ed Enel

(Fonte:QualEnergia.it_leonardo Berlen)
 
 
 
Un classico caso di scuola italica: basta una critica o il mettere in discussione l’operato di una grande azienda che arriva puntuale la querela o la richiesta di risarcimento danni. Un modus operandi che il più delle volte ha il sapore dell’intimidazione. Le risposte, quelle reazioni di cui parliamo, sono quelle venute recentemente da Eni ed Enel.

Il primo caso è quello di Report, il programma di Milena Gabanelli, puntata di domenica 16 dicembre a cura di Paolo Mondani, dal titolo “Ritardi con Eni”. Per “l’incredibile attacco a Eni”, la multinazionale partecipata al 30% dallo Stato ha chiesto 25 milioni di euro di danni alla conduttrice. Avevamo parlato della trasmissione il giorno dopo, evidenziando come avesse aperto numerosi interrogativi sulla nostra azienda energetica: una politica industriale poco razionale e scelte opache, interessi privati sullo sfondo e controllo dei giornalisti. Questioni molto delicate, ma che, in un paese civile, con una stampa più libera, sarebbero naturalmente sotto la lente degli osservatori e dei giornalisti, perché richiedono il massimo di trasparenza. Eni non ha invece voluto rispondere alle domande poste dal programma, bensì ha replicato con una causa civile richiedendo un risarcimento spropositato per danno all’immagine aziendale. Poiché una causa civile in Italia può andare avanti per anni, la strategia sembra quella di zittire ogni forma di critica o di dubbio sull’azione della multinazionale. Colpirne uno per educarne cento?

La compagnia, è bene ricordarlo, al momento è indagata per corruzione: tangenti all’Algeria per 197 milioni di euro e ha patteggiato nel 2012 con la Securities and Exchange Commission e il dipartimento di giustizia Usa per 365 milioni di dollari sempre per corruzione. “Questo sì che lede l’immagine di un’impresa controllato dallo Stato”, ha detto la giornalista Gabanelli in un’intervista di Sergio Rizzo sul Corriere della Sera, del 2 aprile.

Come scrive Stefano Corradino nel suo blog de ilfattoquotidiano.it siamo di fronte alla “cosiddette ‘querele temerarie’: se un’inchiesta giornalistica dà fastidio al potente di turno, politico, economico o religioso che sia, scatta la querela. Con richiesta milionaria di risarcimento. E così, il più delle volte, l’autore smette di proseguire il suo lavoro di documentazione intimorito dal procedimento legale”. Eppure il nostro codice penale prevederebbe anche una sanzione per chi procede con una lite strumentale o temeraria, che però nei fatti questa non viene mai applicata.

Restano intanto aperte molte questioni che Eni deve chiarire, sia alla politica che alla società civile: sui contratti a lungo termine con la Russia, sui prezzi del gas praticati alle compagnie elettriche, sui progetti in Val D’Agri come sugli altri progetti di estrazione di idrocarburi per l’Italia, sui suoi interessi nelle sabbie bituminose, sulle pratiche di gas flaring in Africa, sul perché gli stipendi per gli alti dirigenti, a cominciare dall’amministratore delegato Scaroni, siano così elevati. Gli azionisti italiani ed esteri sono veramente al corrente di tutto questo?

Poi ci sono le battaglie legali tra Enel e Greenpeace Italia. Domani, 5 aprile, l’associazione ambientalista comparirà in tribunale a Milano perché accusata da Enel di uso illegittimo del suo marchio (è stata distribuita dagli attivisti una finta bolletta Enel). Il 19 aprile proseguirà invece il processo per le proteste di Greenpeace contro la centrale di Porto Tolle del 2006 e a fine maggio inizierà un processo contro alcuni attivisti di Greenpeace per un’azione non violenta tenutasi nel 2009 presso la centrale di Brindisi (l’impianto industriale più inquinante d’Italia). Infine, per fatti analoghi, avvenuti però presso la centrale di Civitavecchia, Greenpeace tornerà nuovamente in aula il 21 giugno.

Ci sono in corso inoltre due procedimenti penali per una denuncia fatta da Enel su un cortometraggio realizzato da Greenpeace in cui si denunciano, senza troppi veli, gli effetti dell’inquinamento causato dalle centrali a carbone, di cui abbiamo spesso parlato. Greenpeace accusa Enel (che oggi sta arrivando a coprire il 50% della sua produzione elettrica totale con il carbone) di provocare in Italia una morte prematura al giorno e di danni per 1,8 miliardi di euro l’anno. In riferimento a questi dati, va detto che un ricorso di Enel per diffamazione e danno di immagine contro Greenpeace è stato già respinto la scorsa estate dal Tribunale Civile di Roma perché le accuse erano basate essenzialmente su una ricerca scientifica internazionale.

Insomma, Enel sta tenendo sotto pressione l’associazione ambientalista, ma Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia, ha comunque dichiarato, che non mollerà di un centimetro e continuerà nella sua denuncia.

Tutto ciò esigerebbe, secondo noi, un cambiamento negli attuali vertici delle due aziende, magari sotto la spinta degli azionisti o della politica per rimodellare le due grandi società energetiche italiane secondo gli interessi dei cittadini e, possibilmente, per avvicinarle a un modello energetico più sostenibile, cosa da cui al momento sono molto lontane.

Peccato che dalla nostra classe politica, almeno quella uscente, non possiamo aspettarci molto in questa fase. A parte i consolidati interessi della grande industria energetica, sappiamo che tra questa e la politica si è instaurato ormai da tempo un legame molto stretto, e di reciproco aiuto. Un connessione che alcuni hanno definito una sorta di “corruzione legale”. In tutto il mondo (perché non in Italia?) membri dei governi e funzionari ministeriali esaurita la loro attività pubblica si ritrovano, a volte, ad avere collaborazioni o incarichi più o meno diretti nelle aziende energetiche di cui si sono occupati nella loro attività istituzionale. Insomma una sorta di “pagherò” che praticano alcune società energetiche, e che di fatto ostacola ogni cambiamento. Per fortuna però crediamo che la società italiana attuale sia più avanti e speriamo più attenta a trovare nuovi strumenti di pressione nei confronti del potere energetico-politico-economico per rivendicare l’uscita da questo “pensiero unico energetico”.

lunedì 18 marzo 2013

Trivellazioni, Greenpeace: "Clini mostri studi impatto ambientale"

 Trivellazioni, Greenpeace: "Clini mostri studi impatto ambientale"

(Fonte:ZeroEmission.it)


L'associazione contesta il ministro uscente dell'Ambiente e della difesa del Mare, che, a proposito di trivellazioni petrolifere off shore, "continua a sostenere che la normativa adottata dall'Italia è la più severa del mondo"

"Chiediamo al ministro Clini di rendere pubbliche sul sito web del Ministero gli Studi di Impatto Ambientale ormai autorizzati grazie alla "normativa più severa del mondo", perchè in quelli che Greenpeace ha intercettato in tempo erano presenti evidenti svarioni che a questo punto non possiamo escludere ci fossero anche nella documentazione delle richieste giá autorizzate". Così Alessandro Giannì, direttore campagne di Greenpeace Italia, contesta il ministro uscente dell'Ambiente e della difesa del Mare, Corrado Clini che, a proposito di trivellazioni petrolifere off shore, "continua a sostenere che la normativa adottata dall'Italia è la più severa del mondo".

"La Regione Sicilia, così come le altre Regioni coinvolte, - continua Giannì - devono prendere visione con attenzione degli Studi di Impatto Ambientale su cui si basano le trivellazioni che tra poche settimane o mesi imperverseranno in Adriatico, nello Ionio e nel Canale di Sicilia".
"In molti Paesi, come Norvegia e Brasile, le disposizioni di sicurezza - ricorda Greenpeace - sono decisamente superiori a quelle richieste in Italia. Ad esempio, in Italia non è affatto obbligatoria la presenza di un controllo da remoto della valvola di chiusura della testa del pozzo". "Si tratta -conclude Greenpeace - dello strumento che le autoritá statunitensi avevano definito come inutilmente costoso, grazie alle pressioni della lobby petrolifera, e che avrebbe potuto evitare lo sversamento in mare di milioni di barili di petrolio dal pozzo della Deepwater Horizon".

giovedì 14 marzo 2013

Enel, utile giù del 79%. Dividendo confermato, a costo di tagli e cessioni

Enel, utile giù del 79%. Dividendo confermato, a costo di tagli e cessioni

(Fonte:IlFattoQuotidiano.it)
Enel chiude il 2012 con un utile netto di 865 milioni (-79% rispetto ai 4,1 miliardo del 2011) su cui pesa soprattutto la svalutazione, per oltre 2,5 miliardi, delle attività della controllata spagnola Endesa. I ricavi sono ammontati a 84,9 miliardi (+6,8%), mentre è diminuito del 3,8% l’indebitamento netto, arrivato a 42,9 miliardi di euro. Lo rende noto il gruppo controllato dal Tesoro in occasione della presentazione del piano strategico 2013-2017, aggiungendo che il dividendo proposto per l’esercizio è di 0,15 euro ad azione (0,26 nel 2011).

Per tutto il periodo del piano, poi, l’azienda conferma la politica dei dividendi con una remunerazione pari almeno al 40% dell’utile netto. E per non rinunciare a distribuire profitti al Tesoro, nel quinquennio la società intende rafforzare il patrimonio mettendo in vendita asset per un controvalore di 6 miliardi di euro ed aumentando i debiti: è prevista l’emissione di strumenti ibridi per circa 5 miliardi.

”Nel corso del 2012 Enel ha conseguito risultati in linea con gli obiettivi indicati al mercato, sia in termini di margine operativo lordo sia in termini di indebitamento finanziario netto, pur continuando ad operare in un contesto macroeconomico sfavorevole, particolarmente in Italia e Spagna”, dice l’ad del gruppo Fulvio Conti, commentando in una nota i risultati finanziari e spiegando in particolare che in Spagna “il peggioramento dei flussi di cassa attesi, conseguente ai provvedimenti regolatori emessi dal governo nel corso del 2012, unitamente al deterioramento del quadro economico di riferimento, hanno reso necessario un adeguamento di valore dell’avviamento associato alle attività di Endesa nella Penisola Iberica.

“Per i prossimi cinque anni – annuncia quindi l’ad – confermiamo la strategia già avviata, focalizzata sulla protezione dei margini e dei flussi di cassa nei mercati maturi e sullo sviluppo nei mercati in crescita e nelle rinnovabili. Tutto ciò accelerando le azioni di riduzione dei costi e di incremento delle efficienze nell’ambito dell’intero gruppo nonché di semplificazione della struttura societaria, con una costante attenzione alla riduzione dell’indebitamento, nonché al mantenimento della nostra attuale categoria di rating”.

Secondo Conti, azioni simili potranno “consentire di cogliere il momento in cui le economie mature, in particolare Italia e Spagna, riprenderanno a crescere”. Per il quinquennio 2013-2017, Enel prevede un ebitda a circa 16 miliardi di euro quest’anno (16,7 miliardi nel 2012), circa 16 miliardi nel 2015 e tra 17 e 18 miliardi nel 2017 e un utile netto ordinario a circa 3 miliardi di euro nel 2013, circa 3,3 miliardi nel 2015 e tra 4 e 5 miliardi nel 2017. L’indebitamento finanziario netto dovrebbe progressivamente scendere a circa 42 miliardi di euro nel 2013, circa 37 miliardi nel 2014 e tra 36 e 37 miliardi nel 2017.

Conti garantisce poi che l’Enel non ricorrerà a nessun ammortizzatore sociale per i propri dipendenti, ma continuerà a lavorare solo “con accordi sindacali”. “Io non ammortizzo nessuno, non vogliamo ricorrere a nessuna forma forzata. Ma siccome stiamo chiedendo sacrificia tutti, noi stessi ci assoggettiamo. Rinuncio a tutta la componente variabile degli emolumenti come ad e al 30% come dg”. Il taglio riguarda i top manager, compreso il presidente Colombo. Nel 2011 Conti ha percepito 4,375 milioni di euro, dei quali 1,382 milioni come parte fissa e 2,931 milioni come parte variabile.

Intanto Greenpeace critica aspramente i dati della produzione elettrica da carbone in Italia del gruppo, osservando che “oggi l’azienda è arrivata a generare, con la fonte più inquinante e dannosa per il clima e la salute, il 48,4%” e che “l’incremento relativo, in due anni, è di quasi il 50 per cento”. L’associazione ambientalista spiega che “la produzione di elettricità da carbone di Enel passa da 32,4 TWh nel 2011 a 36 TWh nel 2012. Si ha quindi un notevole aumento della quota di energia proveniente da questa fonte, nonostante la produzione totale in Italia cali da 79 TWh a 74,5 TWh. In altre parole – osserva Greenpeace – se nel 2011 Enel produceva col carbone il 41% della sua elettricità in Italia (e l’anno prima ne produceva il 34%), oggi è arrivata a generare” con il carbone “il 48,4%”.

“Enel prosegue su una strada sciagurata”, dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace aggiungendo che dal 2009 ad oggi la produzione con carbone “è cresciuta di quasi il 50 per cento e oggi l’impatto sanitario ed economico di un’azienda che va per metà a carbone è semplicemente insostenibile per il Paese”. Il piano industriale di Enel – secondo Grenpeace – è una “fumata nera” per il futuro dell’Italia.

Greenpeace ricorda che “proprio in questi giorni è in discussione la richiesta dell’Enel di aumentare i limiti di inquinamento e la produzione nell’impianto di Civitavecchia; contemporaneamente l’azienda vuole realizzare due nuovi impianti a carbone, a Porto Tolle e a Rossano Calabro. Fulvio Conti, amministratore delegato di Enel, mira a ottenere un quarto mandato. Dopo aver tentato di fregarci col nucleare, Conti sta facendo del carbone un primato assoluto e nefasto per la sua azienda, nella quale la produzione e gli investimenti sulle nuove rinnovabili rimangono marginali. Greenpeace chiede che venga quanto prima rimosso il management Enel e che l’azienda cambi radicalmente rotta”.

martedì 12 marzo 2013

FREE si appella a Napolitano sulla SEN

No ad un decreto sulla Strategia Energetica Nazionale. FREE si appella a Napolitano


(Fonte:Ecqualogia.it)
 
 
Clini e Passera hanno firmato il decreto interministeriale che chiude la procedura sulla Strategia Energetica Nazionale. Il Coordinamento delle Associazioni delle Fonti Rinnovabili e dell’Efficienza Energetica chiede al Presidente della Repubblica di intervenire per porre rimedio a questo atto "scorretto" da parte dei ministri del Governo Monti.

Avevamo segnalato come la Strategia Energetica Nazionale stesse per diventare un decreto interministeriale tra Sviluppo economico e Ambiente e di come le associazioni ambientaliste, Greenpeace, Legambiente e WWF, avessero stigmatizzato tale decisione, per un atto di programmazione, come un vero e proprio colpo di mano da parte di un governo in carica solo per gli affari correnti.

Oggi rincara la dose il Coordinamento delle Associazioni attive nelle Fonti Rinnovabili e nell’Efficienza Energetica (Coordinamento FREE) che con un comunicato chiede addirittura a Napolitano di intervenire. Segue comunicato FREE:

APPELLO AL PRESIDENTE NAPOLITANO

Lo scorso 8 Marzo i ministri Clini e Passera hanno firmato il decreto interministeriale che chiude la procedura sulla Strategia Energetica Nazionale, atto definito come strumento di programmazione e indirizzo.
Un atto ingiustificato non solo per i suoi contenuti (non sono stati tenuti in debita considerazione gli innumerevoli commenti emersi in sede di consultazione), ma anche per la forma, venendo da ministri tecnici di un governo in carica solo per il disbrigo degli affari correnti, senza il previsto preventivo passaggio parlamentare (come è avvenuto per altri provvedimenti), senza l’approvazione da parte del CIPE (atto dovuto per uno strumento di programmazione), addirittura privo di una formale approvazione da parte del Consiglio dei ministri. Oltre tutto a elezioni svolte, cioè a pochi giorni dall’inizio della consultazioni per la costituzione di un governo retto dai voti di un Parlamento appena legittimato dal suffragio popolare.

Di fronte a questa manifestazione di dispregio del corretto funzionamento delle procedure democratiche, il Coordinamento fra Associazioni attive nelle Fonti Rinnovabili e nell’Efficienza Energetica (Coordinamento FREE) fa appello alla sensibilità istituzionale del Presidente della Repubblica, affinché intervenga per porre rimedio a questa incresciosa situazione.

Associazioni ambientaliste: "Su Sen un colpo di mano"

Associazioni ambientaliste: "Su Sen un colpo di mano"

 (Fonte:ZeroEmission.it)




Questa l'accusa che Greenpeace, Legambiente e Wwf lanciano oggi, dopo le dichiarazioni del ministro Clini durante la presentazione del rapporto ambientale dell'Ocse sull'Italia.

"Una sorta di 'colpo di mano' sarebbe in atto da parte di un governo dimissionario, con il varo della Strategia energetica nazionale che tutela, in larga parte, le fonti fossili". Questa l'accusa che Greenpeace, Legambiente e Wwf lanciano oggi, dopo le dichiarazioni del ministro Clini durante la presentazione del rapporto ambientale dell'Ocse sull'Italia. Il ministro dell'Ambiente, infatti, ha detto di aver firmato, insieme al ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera, un decreto interministeriale col quale si approva la Strategia energetica nazionale. Secondo le associazioni ambientaliste si tratterebbe di un atto illegittimo, adottato da un governo in carica solo per gli affari correnti, su una materia di programmazione strategica che tutto rappresenta fuorchè "ordinaria amministrazione".

La Sen, infatti, chiariscono le associazioni, "è un documento che definisce lo sviluppo energetico dell'Italia da qui al 2020: un periodo troppo limitato per una strategia, ma sufficiente per ipotecare il futuro del Paese con il delineato impulso alla trasformazione in hub del gas e il via alle trivellazioni selvagge". Le associazioni rilevano inoltre una sostanza piú esplicitamente 'politica' di questa vicenda: "la linea dell'esecutivo Monti è uscita chiaramente sconfitta dalla competizione elettorale, e ciò indebolisce ulteriormente il ruolo dell'attuale governo quando si tratta di provvedimenti di programmazione da adottare per il futuro del Paese" Secondo le associazioni, "il testo che il ministro dell'Ambiente e quello dello Sviluppo Economico promuovono è peraltro un mistero, dal momento che dopo un processo di consultazione su una prima bozza, processo al quale hanno partecipato anche le associazioni ambientaliste, rilevando numerose debolezze, nessuno ha potuto leggere la versione definitiva che ora sarebbe stata approvata. Greenpeace, Legambiente e Wwf si riservano di impugnare gli atti di approvazione della Sen presso i fori competenti, per contrastare con ogni strumento un piano che non garantirebbe al Paese alcuno sviluppo e costituirebbe, invece, un atto di grave miopia, profondamente in conflitto con ogni istanza di sviluppo sostenibile.

martedì 12 febbraio 2013

Apple inventa il vento on demand

 Apple inventa il vento on demand

 (Fonte:TuttoGreen.it- Claudio Riccardi)
 
Non più solo business di computer e telefonia, ora Apple punta dritto anche al settore dell‘energia eolica. Un brevetto rivoluzionario, una mossa che suscita non poco stupore la se si considera che solo un paio d’anni fa l’azienda è stata inserita nel libro nero di Greenpeace per i suoi server assetati di carbone, e per questo estremamente inquietanti.

L’altolà degli ambientalisti e la gogna mediatica devono avere avuto il loro effetto, e così quelli della “mela morsicata” si sono dati da fare per sperimentare un sistema - reso noto dal Patent and Trademark Office di Cupertino – che permetta di soddisfare parte del fabbisogno energetico sfruttando la forza del vento.

In condizioni normali, ma anche in assenza di correnti: è questa la vera novità del brevetto, che mette da parte il vecchio approccio vento “ergo” elettricità e, al contrario, prevede di immagazzinare l’energia di rotazione delle pale nel rotore eolico sotto forma di calore attraverso l’impiego di un fluido a ridotta capacità termica.

Il fluido, immagazzinato in un contenitore isolato termicamente, è pronto a cedere il proprio calore nel momento di richiesta energetica ad un cosiddetto “working fluid” (fluido operativo).




Come passaggio finale, il sistema utilizzerebbe il vapore scaturito dal working fluid per generare elettricità da immettere prontamente in rete.

Secondo la domanda di brevetto, il progetto può ridurre i costi associati alle naturali variazioni dell’alimentazione eolica.

Inoltre si propone come alternativo rispetto agli attuali sistemi di stoccaggio energetico, come le batterie agli ioni di litio o gli impianti idroelettrici a pompaggio.
In pieno stile Apple, l’approccio scelto è innovativo, e fuori dagli schemi. Ma terribilmente sensazionale.

giovedì 15 novembre 2012

Eolico potrebbe coprire 12% elettricità entro 2020

Eolico potrebbe coprire 12% elettricità entro 2020

(Fonte:GreenStyle.it-Claudio Schirru)
 
 
L’eolico garantirà il 12% del fabbisogno energetico entro il 2020. L’indicazione arriva dalla quarta edizione del Global Wind Energy Outlook (Gweo), dove si ipotizza per l’energia del vento un futuro decisamente roseo. Pale e rotori garantirebbero, se rispettate le previsioni, un apporto cinque volte quello attuale, oltre ad offrire opportunità di lavoro per almeno 1,4 milioni di persone.
Durante l’incontro promosso ieri da Greenpeace International e da Global Wind Energy Council a Pechino è emerso anche come la prevista crescita del settore eolico offrirebbe la possibilità di ridurre le emissioni di CO2 di almeno 1,5 miliardi di tonnellate.

A rendere particolarmente attrattiva questa tecnologia è anche la sua capacità di produrre energia senza consumare acqua, come accade solo con il fotovoltaico, garantendo quindi un risparmio anche per un bene destinato a diventare sempre più prezioso nei prossimi decenni. Una caratteristica che può fare dell’eolico una delle soluzioni rinnovabili di punta del futuro secondo Steve Sawyer, segretario generale del Global Wind Energy Council:

È chiaro che l’energia eolica giocherà un ruolo importante nel nostro futuro energetico. Ma perché l’eolico possa raggiungere il suo pieno potenziale, i governi devono agire rapidamente per affrontare la crisi climatica, finché siamo ancora tempo

Eolico che ha ottenuto già dati importanti nel 2011, quando si è attestato sui 240 GW installati. Nel 2012 le indicazioni preliminari riferiscono di altri 40 GW circa di potenza, con un potenziale previsto per il 2020 dall’IEA di 587 GW. Più contenute le previsioni presentate al GWEO, circa 759 GW di potenza totale. Dati che indicano la necessità di puntare in maniera più convinta sull’eolico secondo Sven Teske, esperto di energia di Greenpeace:

L’ingrediente più importante per il successo duraturo del settore eolico è una stabile politica a lungo termine. Scelta, questa, che lancerebbe un segnale chiaro agli investitori sulla visione dei governi riguardo al potenziale e alle dimensioni di questa tecnologia.

Il Global Wind Energy Outlook dimostra che, con un giusto sostegno politico, l’industria potrebbe impiegare 2,1 milioni di persone entro il 2020, triplicando il mercato annuale dell’eolico rispetto a oggi.

giovedì 25 ottobre 2012

Greenpeace: entro il 2020 nuovi posti lavoro in Europa grazie a Rinnovabili

Greenpeace: in Europa entro il 2020 mezzo milione di nuovi posti lavoro grazie a rinnovabili ed efficienza

 
(Fonte:InfobuildiEnergia.it)
 
 
Per raggiungere un sistema energetico basato sulle rinnovabili nel 2050, l'Europa deve fissare al 2030 un obiettivo concreto per portare a termine la transizione.
Il rapporto europeo 2012 "Energy [R]evolution", elaborato per conto di Greenpeace ed EREC (European Renewable Energy Council) dal Centro nazionale tedesco per l'aerospazio, l'energia e i trasporti (DLR), mostra come l'Europa potrebbe ottenere quasi mezzo milione di posti di lavoro in più nel settore energetico entro il 2020 rendendo prioritarie le rinnovabili e l'efficienza energetica, invece di nucleare e fonti fossili. Altri benefici di questa rivoluzione energetica sono risparmi a lungo termine per i consumatori e un freno ai cambiamenti climatici.
"Le rinnovabili sono in Europa la fonte energetica che cresce di più, in gran parte grazie agli obiettivi europei che ci siamo posti. Stiamo arrivando però rapidamente a un punto di svolta. E' possibile diminuire la dipendenza dai combustibili fossili con le rinnovabili e senza bisogno di andare a cercare il petrolio a mare come vuole fare il Governo Monti. Abbiamo dunque bisogno di un fermo impegno europeo e politiche coerenti nei Paesi membri per proseguire sulla strada della rivoluzione energetica. In questo senso anche la Strategia Energetica Nazionale va corretta" afferma Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace Italia.
Le rinnovabili forniscono già oggi il 12,5% del fabbisogno energetico complessivo europeo e la crescita del settore ci sta avvicinando all'obiettivo europeo del 20% al 2020. Secondo lo scenario del rapporto "Energy [R]evolution" questa quota dovrebbe raggiungere il 40% nel 2030 e il 90% nel 2050. "Ogni aumento di un euro del prezzo del petrolio costa oltre 400 milioni di euro al mese ai consumatori europei. L'Ue può dimezzare questa dipendenza entro il 2030 con più efficienza e più rinnovabili" spiega Sven Tesk, esperto di politiche energetiche di Greenpeace International.
Greenpeace ed EREC chiedono un obiettivo vincolante per il 2030 del 45% di rinnovabili e la cancellazione dei sussidi al nucleare e ai combustibili fossili. "Questa chiarezza serve per dare fiducia agli investitori, fornire uno stimolo all'industria e sostenere la creazione di nuovi posti di lavoro e l'innovazione tecnologica come risposte alla crisi economica" afferma Josche Muth, segretario generale dell'EREC. Secondo il rapporto Energy [R]evolution report il costo aggiuntivo della rivoluzione energetica, sarà compensato due volte dal mancato consumo di 3 mila miliardi di euro di combustibili fossili nel periodo 2011-2050.