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martedì 22 ottobre 2013

La Gran Bretagna torna al nucleare: investimento da 19 miliardi

(Fonte:GreenStyle.it-Francesca Fiore)
 
 
 
 
Una centrale nucleare a due reattori nel Somerset, sud ovest della Gran Bretagna: è il progetto appena ufficializzato da EDF che, insieme a partner cinesi e francesi, ha fissato la messa in moto degli impianti per il 2023. L’impianto di Hinkley Point C, che dovrebbe servire circa 6 milioni abitazioni, sarà costruito con un notevole finanziamento da parte del governo inglese: 19 miliardi di euro.

La cifra svelata dal primo ministro David Cameron, coprirà tutte le spese per costruzione e avvio degli impianti: dopo il generale stop seguito al disastro di Fukushima, la Gran Bretagna ha deciso di riprendere a supportare il settore nucleare.

Oltre a EDF, alla guida delle operazioni, il consorzio è costituito dalla francese Areva, che deterrà la quota del 10%, e dai partner del colosso elettrico francese, la China General Nuclear Corporation (CGN) e la China National Nuclear Corporation (CNNC) che avranno, rispettivamente, il 30 e il 40%.

Sarà proprio Areva a costruire i due ”European Pressurised Water Reactors” da 1.650 MW: l’impianto nel suo complesso dovrebbe creare 25 mila posti di lavoro, di cui 9 mila stabili. Secondo le stime presentate dal consorzio, l’avvio della nuova centrale potrebbe risparmiare al Regno Unito circa 9 milioni di tonnellate di emissioni nocive all’anno.

Il prezzo di acquisto dell’elettricità è stato fissato a 92,50 sterline per MW/h: un accordo che durerà 35 anni. I due reattori dovrebbero coprire circa il 7% dell’energia complessiva del paese.

Il governo inglese si è affrettato a rassicurare l’opinione pubblica, quantomeno sul versante dei costi, tramite il ministro dell’Energia Ed Davey, che in un’intervista radiofonica ha spiegato:

L’accordo non toccherà le bollette dei consumatori, non ci saranno rincari fino a dieci anni.

Prima di avviare i lavori, però, EDF dovrà aspettare la conclusione del contratto di investimento e affrontare le polemiche che la notizia ha già in parte sollevato. Inoltre, elemento cruciale per la messa in opera del progetto, la Commissione Europea dovrà decidere l’accordo con il governo inglese possa violare le norme europee in materia di aiuti di stato.

lunedì 14 ottobre 2013

Nucleare: Repubblica Ceca punta sull’atomo e non crede a rinnovabili

(Fonte:GreenStyle.it-Guido Grassadonio)
 
 
 
 
Qual’è la ricetta migliore per il mix energetico nel Vecchio Continente? I Paesi dell’area sembrano dare risposte diverse. Se la Francia non ha messo in discussione il nucleare e si sta lanciano nel mondo delle rinnovabili con un po’ di ritardo, la Germania da un po’ sta facendo il percorso inverso. Accanto a questi giganti, ed all’Italia, abbiamo altri Paesi che guardano un po’ il trend per capire verso che direzione gettarsi.

In Repubblica Ceca, il governo sembra avere pochi dubbi: bisogna potenziare l’apparato nucleare del Paese. Per capire la situazione, va però fatta una premessa: al momento la vendita di energia verso la Germania rappresenta per i cechi una stabile e utile fonte di guadagno. Il Paese produce più di quanto non consumi ed esporta il 20% della propria energia. In questo senso, un lavoro fondamentale svolgono le due centrali atomiche attive sul territorio. La non lontana, in termini strategici, uscita dal nucleare da parte della Germania potrebbe aprire scenari ancora più interessanti.

I bisogni energetici del Paese sono però in aumento e, per il 2030, si rischia che la sovraproduzione si esaurisca impedendo il suddetto export. Aprire nuove centrali (o potenziare quelle esistenti) sembra per il governo, allora, l’unica via, dato che poca fiducia è risposta sulle rinnovabili (magari anche per le caratteristiche del territorio). In linea con questa opinione, il ministro per l’Industria Pavel Solc ha recentemente ribadito:

Non ci è possibile far fronte a ciò con le fonti rinnovabili o aumentando l’efficienza energetica. Per il 2030, il nostro potenziale di esportazione sarà completamente scomparso.

Eppure, le cose sembrano ancora più complesse di così. A fronte di un governo che spinge per nuove centrali, la CEZ (sorta di Enel ceca) prende tempo. Non è facile valutare la fattibilità degli investimenti. In gioco sarebbe la costruzione di un nuovo reattore nella centrale di Temelin.

I dubbi della CEZ sono presto detti: il sistema di produzione energetica si sta evolvendo rapidamente, con un calo importante dei prezzi. La competitività del nucleare a fronte delle rinnovabili o di altre tecnologie, per quanto controverse, come lo shale gas è dubbia. Soprattutto, il nucleare rappresenta al giorno d’oggi una tecnologia non più totalmente “aggiornata” ai bisogni attuali.

Manca soprattutto una certa elasticità. I moderni impianti a gas, per fare un esempio, possono funzionare variando la produzione in funzione dei bisogni. Una centrale nucleare deve andare al massimo e solo vendendo tutta l’energia prodotta in 50 anni può pensare di essere competitiva, visto i costi della messa in funzione.

Detto questo, l’impressione è che la CEZ accetterà di investire ancora nel nucleare soltanto se finanziata da aiuti statali ad hoc. La palla, allora, ripassa alla politica. Politica che non sembra interessata, a ben vedere, alle opinioni dei movimenti ecologisti che in tutta Europa stanno premendo perché il nucleare venga messo al bando.

martedì 23 luglio 2013

Nucleare: aiuti di stato in Europa. Oettinger cerca di spegnere polemiche

(Fonte:GreenStyle.it-Francesca Fiore)
 
 
 
 
Attuare i più rigorosi standard di sicurezza: è l’obiettivo dell’UE sul nucleare, annunciato dal commissario per l’Energia Guenther Oettinger, dopo le indiscrezioni di stampa circolate nei giorni scorsi su possibili aiuti di stato per la costruzione di nuove centrali.

La notizia era stata diffusa dal quotidiano tedesco Sueddeutsche Zeitung che, venuto in possesso della bozza di una normativa del Commissario alla Concorrenza, Joaquin Almunia, ha parlato di futuri contributi nazionali per l’estensione degli obiettivi UE sul nucleare. Secondo il quotidiano tedesco, i piani per il nucleare contenuti nella bozza di Almunia, dovrebbero essere presentati nella primavera del 2014.

Dopo l’allarme destato dalla notizia, in particolare in Paesi membri nettamente contrari al nucleare come la Germania, il commissario per l’Energia Oettinger, che tempo fa aveva annunciato anche regole più severe per tutto il settore, ha cercato di spegnere le polemiche spiegando:

La preparazione delle linee guida sugli aiuti di Stato nei settori dell’energia e della protezione dell’ambiente e la decisione sul sostegno all’energia nucleare in Europa richiedono una concreta e intensa discussione. I miei servizi e io stiamo lavorando su questo argomento in stretta collaborazione con il mio collega Almunia, commissario alla Concorrenza.

L’obiettivo sul lungo termine, secondo Oettinger, è porre in essere un “nuovo assetto di mercato nel settore dell’elettricità e del gas”. Ma, parallelamente, il commissario ha ribadito che saranno fatti “tutti gli sforzi per attuare negli impianti nucleari europei i più alti standard di sicurezza”.

I criteri di sicurezza sarebbero dunque la priorità che guiderà le nuove linee di sviluppo, almeno secondo quanto dichiarato dal commissario per l’Energia, che ha concluso:

La nostra proposta di direttiva sulla sicurezza nucleare della primavera scorsa e la prossima proposta sulla responsabilità nucleare ci aiuteranno a raggiungere quest’obiettivo.

lunedì 22 luglio 2013

L'Unione Europea apre agli aiuti pubblici al nucleare?

L'Unione Europea apre agli aiuti pubblici al nucleare?

(Fonte:QualEnergia.it)
 
 
 
 
Il nuovo nucleare senza aiuti pubblici non è economicamente sostenibile. Le due potenze europee che più puntano su questa tecnologia - Francia e Regno Unito - da tempo stanno facendo pressing affinché nuove regole a livello europeo permettano di sostenela con aiuti di Stato, ma l'idea non piace alla Germania, che con l'atomo ha deciso di chiudere.

I nuovi sviluppi del braccio di ferro risalgono a venerdì, quando la stampa ha diffuso la bozza di un documento della Commissione europea, il "Paper of the Commission Services containing draft guidelines on environmental and energy aid for 2014-2020", nel quale appunto si definiscono le linee guida per gli aiuti pubblici all'energia dal 2014 al 2020.

Tra gli aiuti ammessi la bozza elenca quelli “alla protezione ambientale inclusa la cattura e lo stoccaggio della CO2, infrastrutture energetiche, capacity mechanisms (come il capacity payment che in Italia e in altri paesi soccorrerà i cicli combinati a gas messi in crisi dalle rinnovabili premiandoli per la loro flessibilità, ndr) ed energia nucleare”.

Vi si legge che “perseguire lo sviluppo dell'energia nucleare, in particolare facilitando gli investimenti, è un obiettivo citato nell'articolo 2 del trattato Euratom”. Gli aiuti, si evidenzia, potrebbero essere dati anche per facilitare il decomissioning e lo smaltimento delle scorie (già adesso peraltro quasi sempre a carico del pubblico: in Italia stiamo ancora pagando in bolletta per le centrali fermate negli anni '80).

Immediata la reazione tedesca. La cancelliera Angela Merkel, interrogata in conferenza stampa sulla bozza e sull'eventualità di aiuti pubblici all'atomo, ha risposto secca: “La Germania ha votato contro e io sostengo questa decisione”.

La Commissione per contro precisa di non aver approvato il documento, che sarebbe in preparazione per una consultazione pubblica. “La Commissione Europea – spiega il portavoce Antoine Colombani – non vuole in nessun modo incoraggiare sussidi al nucleare. Tuttavia sembra che alcuni Stati desiderino farlo, ed essendo la Commissione incaricata di vagliare gli aiuti di Stato, quando un Membro ci notifica una misura, siamo obbligati ad esaminarla”.

Come detto non è una novità che in molti stiano spingendo in sede europea affinché l'atomo possa godere di incentivi pubblici, cosa che d'altra parte per certi versi già accade. La primavera scorsa era stato svelato un documento in cui Regno Unito, Francia, Polonia e Repubblica Ceca, chiedevano proprio questo alla Commissione e ai ministri UE per l'economia e l'energia. Un documento segreto con gli stessi contenuti, di paternità britannica, era già stato reso pubblico alcuni mesi prima, mentre è noto che la Francia insista affinché il nucleare venga riconosciuto come tecnologia low-carbon.

Per gli aiuti all'atomo tutto potrebbe essere più facile se il target europeo su clima ed energia per il 2030 – ancora da definire – fosse un unico obiettivo legato alla CO2 per le nuove strategie al 2030, in luogo di un target triplice su efficienza energetica, fonti rinnovabili ed emissioni. Questa - cioè di avere un obiettivo unico - peraltro è anche la posizione del nostro Governo.

Il nucleare, ricordiamo a costo di ripeterci, non avrebbe nessun futuro senza la stampella pubblica. La Francia ha appena stabilito un aumento delle bollette elettriche per coprire le perdite di EDF legate anche alla costruzione dei nuovi reattori. Negli Usa, dopo uno stop di 35 anni si è ricominciato a costruire reattori solo con lo stanziamento di un fondo di garanzia pubblico da 8 miliardi di dollari.

Ma il caso più clamoroso è probabilmente quello britannico. Il governo è in trattative con EDF affinché la compagnia francese investa circa 14 miliardi di sterline per costruire nuovi reattori in Gran Bretagna. Per convincere l'azienda, Londra ha già offerto un fondo di garanzia da 10 miliardi di sterline e sta trattando un accordo per il quale ai nuovi impianti verrebbe garantita per 35 anni una remunerazione di poco inferiore a 100 sterline per MWh. Si tratta di circa il doppio del prezzo di mercato attuale dell'elettricità e la differenza sarebbe a carico dei consumatori britannici.

Una soluzione che potrebbe trovare un ostacolo insormontabile a Bruxelles. Ovviamente a meno che le regole europee per gli aiuti di Stato non cambino nella direzione indicata dal documento trapelato.

giovedì 27 giugno 2013

Produzione rinnovabili 2016: più del gas, il doppio del nucleare

Produzione rinnovabili 2016: più del gas, il doppio del nucleare

(Fonte:QualEnergia.it)
 
 
 
 
 
Le rinnovabili sono le fonti che stanno crescendo più rapidamente e nei prossimi anni la crescita accelererà: entro il 2016, a livello mondiale, la produzione elettrica delle fonti pulite supererà quella del gas e sarà il doppio di quella del nucleare. Le rinnovabili saranno così seconde solo al carbone. A prevederlo è l'ultimo Medium-Term Renewable Energy Market Report della International Energy Agency uscito ieri (executive summary e slide allegati in basso).

Grazie ai costi in calo e al forte sviluppo anche nei mercati emergenti, almeno dal punto di vista dell'aumento dell'energia verde, siamo così sulla giusta traiettoria per contenere il riscaldamento globale entro i 2 °C: la crescita prevista infatti è in linea con lo scenario Energy Technology Perspectives 2012 disegnato dalla stessa IEA. Ma non bisogna sedersi sugli allori: tagli agli incentivi e incertezza normativa potrebbero rallentare lo sviluppo, avverte l'Agenzia.

Da qui al 2018, si legge nel report, la produzione elettrica da rinnovabili crescerà del 40%, il 6% all'anno, passando da 4.860 TWh a 6.850 Twh e dal 20 al 25% della domanda mondiale. La potenza installata salirà 1.580 GW del 2012 a 2.350 GW nel 2018:



La crescita prevista per i 5 anni a venire è dunque del 50% più grande di quella vissuta nel periodo 2006-2012 (grafico sotto) La IEA rivede al rialzo anche la previsione del Medium-Term Renewable Energy Market Report dell'anno scorso: le rinnovabili al 2017 produrranno 90 TWh in più di quanto si ipotizzava 12 mesi fa.



In aumento, anche se con tassi minori rispetto all'elettricità rinnovabile, l'uso dei biocarburanti nei trasporti: +25% dal 2012 al 2018 e dal 3,4 al 3,9% della domanda globale di carburante per trasporto. Cresceranno del 24% nello stesso periodo le rinnovabili termiche (biomasse tradizionali escluse) che arriveranno a soddisfare il 10% della domanda di calore mondiale, dall'8% attuale.

Se l'idroelettrico continua a fare la parte del leone nella produzione elettrica, ad aumentare più rapidamente saranno le fonti “nuove”. Le rinnovabili idro escluso raddoppieranno infatti la loro quota sulla produzione mondiale, passando dal 4% del 2012 all'8% nel 2018. Una tendenza che vediamo già nei dati del 2012, quando l'aumento anno su anno della produzione delle rinnovabili idroelettrico escluso è stata il doppio di quella delle rinnovabili indoelettrico incluso: 16% contro 8,2%. Lo sviluppo delle fonti pulite sarà poi sempre più diversificato geograficamente: i paesi non OECD conteranno per due terzi della crescita prevista. In Europa invece lo sviluppo rallenterà (vedi grafico) ma comunque le nuove installazioni da rinnovabili peseranno per il 60% del totale e saranno il triplo di quelle a gas.



A spingere la crescita sarà il calo dei prezzi. Se geotermia e idroelettrico, come sappiamo, sono già competitive rispetto alle fonti fossili e al nucleare, anche sole e vento in certi mercati già ora possono reggere il confronto senza incentivi. L'eolico a terra ad esempio in alcune situazioni ha raggiunto costi del kWh (LCOE) che lo rendono più economico delle nuove centrali a fonti fossili: sta già succedendo in Brasile, Australia, Turchia e Nuova Zelanda, mentre in altri mercati come Sud Africa, Cile e Messico ci siamo quasi. Il fotovoltaico invece è già l'opzione energetica più conveniente nei paesi produttori di petrolio, se si considera l'opportunità di vendere il greggio così risparmiato. La grid parity, cioè la convenienza a prodursi l'elettricità con il FV rispetto ad acquistarla dalla rete, poi, riporta la IEA, è già raggiunta in Spagna, Italia, Germania meridionale, California e Danimarca.



Le prospettive, insomma, sono buone ma le energie pulite, seppur sempre più competitive, restano vulnerabili all'incertezza normativa. Come ricorda la direttrice esecutiva della IEA Maria van der Hoeven: “Diverse fonti rinnovabili non hanno più bisogno di incentivi. Ma hanno ancora bisogno di politiche a lungo termine che permettano di avere un mercato stabile e prevedibile e una cornice normativa compatibile con gli obiettivi della società. Mentre i sussidi alle fonti fossili rimangono 6 volte quelli delle rinnovabili”.

venerdì 14 giugno 2013

Nucleare: l’Italia a 2 anni dallo storico referendum

Nucleare: l’Italia a 2 anni dallo storico referendum

(Fonte:Rinnovabili.it)

Le associazioni ambientaliste fanno il punto della situazione in occasione dell’anniversario del referendum: la schiacciante volontà popolare non è stata ancora recepita a livello legislativo.
Sono trascorsi due anni da quando 25 milioni di italiani hanno espresso il loro definitivo NO al nucleare e ieri, in occasione dell’anniversario del referendum, le associazioni ambientaliste – Greenpeace, Legambiente, WWF e il Comitato No al Nucleare e Si alle Energie Rinnovabili – hanno fatto il punto della situazione.

Il 94 per cento dei votanti ha optato per un modello energetico fondato sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica e in questo modo ha di fatto “salvato l’Italia dalla bancarotta”, dichiarano le associazioni. Con la domanda elettrica in forte calo e la potenza termoelettrica in eccesso (l’Italia ha una potenza istallata che è il doppio del massimo picco di richiesta di energia mai raggiunto), i costi del nucleare avrebbero gravato in modo eccessivo sull’economia nazionale, senza apportare alcun beneficio in termini occupazionali o industriali

Ma la schiacciante volontà popolare, sottolineano le associazioni, non è stata tradotta ancora in atti concreti e il modello energetico alternativo resta ancora una chimera. A riprova di ciò la recente Strategia Energetica Nazionale, approvata tra numerose critiche da un governo dimissionario, non prevede seri strumenti di supporto per la crescita delle rinnovabili; al contrario sono state “rilanciate le fonti fossili, l’apertura di nuove centrali a carbone e l’estrazione di idrocarburi a terra e a mare”.

È necessario, allora, varare una strategia di decarbonizzazione a lungo termine e abbandonare la politica delle trivellazioni, sostengono le associazioni: solo in questo modo l’Italia potrà liberarsi da un “dibattito ormai sorpassato” e puntare a gestire in modo intelligente la transizione energetica verso un futuro efficiente e rinnovabile.

mercoledì 12 giugno 2013

Centrali nucleari: regole più severe in Europa

Centrali nucleari: regole più severe in Europa

(Fonte:GreenStyle.it-Guido Grassadonio)

 
 
 
È solo un’anticipazione giornalistica, ma le informazioni nella mani del quotidiano tedesco “Frankfurter Allgemeine” sembrano sicure. A Bruxelles stanno riflettendo seriamente sulla creazione di un regolamento molto più rigido per le centrali nucleari dei Paesi membri.

In Europa sono attive qualcosa come 145 centrali atomiche. Il commissario europeo all’Energia, Guenther Oettinger, dovrebbe presentare a breve un piano articolato che prevede come punto principale l’istituzione di stress test periodici per i reattori. Stress test che dovranno essere molto più radicali di quelli messi in atto nel periodo post-Fukushima.

Altro punto fondamentale del piano riguarda l’obbligo per ogni Paese di comunicare alle istituzioni comunitarie competenti ogni incidente nucleare. Conseguentemente, lasciare visitare gli impianti nei sei mesi successivi ad un team ispettivo inviato dall’UE.

Le associazioni ambientaliste, giustamente, non possono ritenersi soddisfatte al 100%. Ma se il Consiglio dei ministri dovesse approvare il piano, sia per le lobby nucleariste, sia soprattutto per alcuni Paesi membri sarebbero guai seri.

Nei Paesi dell’est-Europa (con le dovute eccezioni virtuose, come la Slovenia), così come in Francia, esistono parecchie centrali che potrebbero non superare i test voluti dal commissario tedesco. In alcuni contesti, come quello francese, lo scossone politico energetico potrebbe essere più radicale di quanto non si pensi a prima vista.

giovedì 30 maggio 2013

Fotovoltaico, a Tokyo può sostituire il nucleare

Fotovoltaico, a Tokyo può sostituire il nucleare

(Fonte:Rinnovabili.it)

 
 
Uno studio dell’Università del Texas rivela che il fotovoltaico sui tetti di Tokyo potrebbe sostituire quanto ora generato dall’atomo.
 
 
Il fotovoltaico in Giappone potrebbe sostituire l’energia attualmente prodotta dalle centrali nucleari. Lo afferma un recente studio pubblicato sull’Environmental Research Letters, condotto dai ricercatori dell’Università del Texas, nel quale viene indicato che Tokyo potrebbe utilizzare la potenza del sole come carico energetico di base grazie anche alla grande quantità di stazioni di pompaggio idroelettrico presenti nel paese.

“Il potenziale del fotovoltaico sui tetti di Tokyo (stimato in 43,1 GW) può sostituire la capacità nucleare” rivela la ricerca specificando come il fotovoltaico potrebbe contribuire a soddisfare i requisiti di picco e provvedere a circa il 26% dell’energia elettrica che Tokyo riceve dalla generazione nucleare per il 91% del tempo.

Nel documento si parla infatti di circa 300 chilometri di tetti a disposizione per l’istallazione di impianti fotovoltaici che potrebbero ospitare 43,1 GW di potenza da sommare ai 7,28 GW di capacità istallata delle stazioni di pompaggio idroelettrico della regione.

I dati sono stati elaborati tenendo in considerazione le medie di irraggiamento giornaliero di ben 34 anni portando alla conclusione che il solare fv in Giappone potrebbe produrre tanta energia quanta ne generano le centrali atomiche al momento.

venerdì 3 maggio 2013

Nucleare, Pecoraro Scanio: "No a nostalgie radioattive"

Nucleare, Pecoraro Scanio: "No a nostalgie radioattive"

(Fonte:ZeroEmission.it)
Il Presidente di Fondazione Univerde, nonchè ex Ministro dell'ambiente commenta la dichiarazione possibilista circa il ritorno del nucleare in Italia dell'attuale Ministro Zanonato

"Dopo la passione nucleare del governo Berlusconi e la gaffe filonucleare del governo Monti a pochi mesi dalla bocciatura referendaria, mancava solo la nostalgia dell'atomo dell'esecutivo Letta". E'quanto ha dichiarato Alfonso Pecoraro Scanio, Presidente di fondazione UniVerde e già ministro dell'Ambiente, a seguito della dichiarazione possibilista dell'attuale Ministro dello sviluppo economico Zanonato circa il ritorno del nucleare in Italia. "Le frasi del ministro dello sviluppo economico, poi ovviamente ridimensionate, sono preoccupanti soprattutto se collegate al silenzio totale del nuovo governo in materia di rilancio delle rinnovabili e alla temuta continuità sulle scelte di Monti pro-carbone,inceneritori e trivellazioni".

"Spero che Enrico Letta intervenga subito per schierare l'Italia in modo chiaro verso la Green Economy, ben sapendo che non solo gli italiani hanno bocciato il nucleare ma nel parlamento oltre 200 parlamentari di M5S e Sel sono determinati a sostenere davvero le rinnovabili sostenibili".

giovedì 2 maggio 2013

Bianchi (PD): "No a nucleare, futuro è nelle rinnovabili"

 Bianchi (PD): "No a nucleare, futuro è nelle rinnovabili"

 (Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
Stella Bianchi, responsabile ambiente del Pd: "Non ha alcun senso oggi tornare a ragionare di nucleare in Italia e sarebbe bene che anche i Paesi che lo continuano a usare ne uscissero il prima possibile"
 
Il PD prende una decisione chiara e inequivocabile contro il nucleare e a favore delle rinnovabili: "Non ha alcun senso oggi tornare a ragionare di nucleare in Italia e sarebbe bene che anche i Paesi che lo continuano a usare ne uscissero il prima possibile, cosi' come già la Germania sta facendo. Come abbiamo tragicamente imparato, non si può eliminare il rischio di incidenti in una centrale nucleare e si creano inevitabilmente scorie radioattive altamente pericolose per la salute e l'ambiente. Inoltre, una centrale nucleare ha costi di realizzazione e di smaltimento enormi, che vengono sorretti dalle finanze pubbliche e cioè da tutti i cittadini, volenti o nolenti". A dichiararlo è Stella Bianchi, responsabile ambiente del Pd.

"Siamo rimasti perciò sorpresi - continua Bianchi - dalle parole del ministro Zanonato di oggi. E' un dato di fatto che il futuro dell'energia si basa sull'efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili. Siamo certi che e' su questa strada che i ministri Zanonato e Orlando porteranno il Paese, anche per realizzare quello 'sviluppo verde' di cui il premier Enrico Letta ha parlato nel suo discorso programmatico alle Camere".

Nucleare: il neoministro Zanonato è favorevole

Nucleare: il neoministro Zanonato è favorevole

(Fonte:GreenStyle.it-Peppe Croce)
 
 
 
 
Prima uscita “pesante” del neoministro dello Sviluppo economico Flavio Zanonanto. Il successore di Corrado Passera, intervenendo alla trasmissione radiofonica “Un giorno da pecora”, si è espresso in maniera possibilista sul nucleare.

 
La posizione di Zanonato rispecchia quella dell’ex ministro dell’Ambiente Corrado Clini: in molti paesi si produce energia nucleare e noi la compriamo dall’estero, se ci fossero le caratteristiche tecniche per produrla nel nostro paese lo si dovrebbe fare. E per caratteristiche tecniche Zanonato intende i siti idonei.

Zanonato, dovo aver cantato “Se stiamo insieme ci sarà un perché” di Riccardo Cocciante e “Basta un poco di zucchero e la pillola va giù” tratta dal film “Mary Poppins” e dopo aver accennato al ponte sullo Stretto di Messina, ha espresso il suo parere sul nucleare. Nel video andate al minuto 2:35, così vi evitate Cocciante e Mary Poppins

Non mi piace quando si enfatizzano le cose demonizzandole. Il nucleare è una forma di energia e quindi non è sbagliata di per sé, se si può gestire.
In Italia credo che non si possa fare. Però nel mondo c’è, la compriamo, dalla Francia. Ma se avessimo i siti adatti, perché no?


Questo non vuol dire che sta per ripartire la corsa alla ricerca dei siti nucleari. Ciò non è possibile, almeno in teoria, grazie alla vittoria del referendum del gennaio 2011 ma non è comunque un buon segno che il nuovo ministro per lo Sviluppo economico, a pochissimi giorni dal suo insediamento, parta da un elogio del nucleare.

Sul tavolo di Zanonato, infatti, ci sono già alcuni dossier scottanti come la Strategia Energetica Nazionale, approvata di fretta e furia (e probabilmente in maniera illegittima) da Corrado Passera prima di perder la poltrona, e il futuro degli incentivi al fotovoltaico. Attualmente in scadenza, ma che potrebbero essere sostituiti da una proroga delle detrazioni IRPEF al 50%. Detrazioni che, a giugno, senza un intervento del Governo scenderanno al 36%.

Riguardo al petrolio e al gas, invece, Zanonato dovrà gestire l’incredibile (e, ancora una volta, probabilmente illegittimo) sconfinamento della “Zona marina C – settore sud” decisa dal suo predecessore Passera per incrementare lo specchio di mare a disposizione delle trivellazioni offshore.

mercoledì 6 marzo 2013

Fracking, in Germania la discussione è accesa

Fracking, in Germania la discussione è accesa

(Fonte:GreenStyle.it-Peppe Croce)
Dopo l’apertura del Governo tedesco al fracking dello shale gas il dibattito sulla questione è ancora più acceso. Il partito dei Verdi ha da tempo dichiarato la sua contrarietà alla fratturazione idraulica delle rocce per estrarre gas di scisto: secondo Oliver Krischer, portavoce dei Grünen, la decisione del ministro dell’Ambiente Peter Altmaier equivale a trasformare la Germania in una cavia. Spiega Krischer:

Altmaier creerà un laboratorio di ricerca sulle falde acquifere a disposizione delle corporation del fracking [...] abbiamo già un surplus di gas naturale, non c’è alcuna necessità di politica energetica nel promuovere il gas non convenzionale [...] questo approccio è irresponsabile per un ministro dell’Ambiente.

Dall’altro lato, però, la pressione delle lobby è fortissima. Il gruppo chimico Basf AG non vede l’ora di iniziare a pompare i suoi additivi nel sottosuolo tedesco ma mostra la faccia buona e rassicurante per non diffondere il panico nella popolazione:

Solo alla fine dei test saremo in grado di stabilire, usando criteri rilevanti, se ha un senso economico, ambientale e se è accettabile dalla società. Per farlo abbiamo bisogno di un contesto legale, che è quello che si sta creando in questo momento.


Sulla questione fracking si sono espressi anche i grandi think tank. Miranda Schreurs direttrice dell’Environmental Policy Research Center tedesco e consulente del Governo sulla questione shale gas, ha spiegato:

Il compromesso consiste nel permettere progetti pilota per fare dei test. Il Governo sta cercando di tenere la porta aperta al fracking per essere in grado di dire che, se lo faranno, sarà sicuro.

Ma, come al solito, c’è il ricatto economico con il quale confrontarsi: a causa anche degli incentivi alle rinnovabili il prezzo del kilowattora pagato in bolletta dai tedeschi è cresciuto del 40% negli ultimi 5 anni e i clienti industriali oggi lo pagano il 15% in più della media europea. Michael Huter, direttore del Cologne Institute for Economic Research, alza i toni:

Abbiamo raggiunto la soglia del dolore. Stiamo iniziando a osservare un disinvestimento strisciante

L’idea dei pro-fracking è chiara: dato per assodato che la Germania sta per uscire dal nucleare, il sostituto dell’atomo nella generazione elettrica deve essere il gas. E deve costare poco.

mercoledì 19 dicembre 2012

Giappone riapre al nucleare con premier Abe

Fukushima non è bastata: Giappone riapre al nucleare con premier Abe

 (Fonte:GreenStyle.it-Guido Grassadonio)
 
Risvolto amaro per i movimenti ambientalisti dopo le elezioni in Giappone che hanno visto la vittoria di Shinzo Abe sul leader uscente Yoshihiko Noda del Partito Democratico: tra i punti in programma del nuovo primo ministro c’è un ritorno deciso al nucleare.

Dopo Fukushima in Giappone si è sviluppato un forte sentimento anti-nuclearista, chiaramente spinto dalla portata del disastro e dalle conseguenze a breve e a medio termine che esso sta determinando. Un intero Paese è rimasto paralizzato dalla necessità di rimettere in sicurezza le proprie centrali, senza fonti alternative pronte; senza contare il danno ecologico e sanitario. Eppure, i movimenti e i partiti più vicini a tali posizioni non sono riusciti a capitalizzare questa spinta popolare, non individuando evidentemente un piano energetico convincente.
Sia come sia – nella vittoria di Abe possono avere svolto un ruolo importante anche altri temi – il ritorno al nucleare con questa affermazione elettorale sembra ormai solo questione di tempo. Durante la campagna elettorale il neo-Presidente ha attaccato tutte le decisioni politiche del Governo uscente e la questione dell’energia atomica è stata una dei punti forti della critica: la decisione di fare a meno di tale forma energetica sarebbe stata da irresponsabili.
Sulle forme con cui il nuovo Governo gestirà il ritorno al nucleare è ancora presto per parlare, ma già in queste ore i titoli delle maggiori aziende del settore energetico nipponico hanno registrato impennate importanti negli scambi, segno che i mercati danno ormai per certo che il Paese del Sol Levante tornerà a scommettere (è il verbo più adatto, visti i pericoli) sul nucleare. Sempre che la società civile lasci davvero via libera alle decisioni dell’Esecutivo.

venerdì 14 settembre 2012

Giappone:STOP a nuove centrali nucleari.

Nucleare: in Giappone stop a nuove centrali. Addio definitivo tra 40 anni

 
(Fonte:GreenMe.it-Francesca Mancuso)

Addio nucleare, anche il Giappone abbandonerà l'atomo, ma non prima di 30 anni. La decisione del governo nipponico di affrancarsi dalla schiavitù e dai pericoli dell'energia nucleare arriva 18 mesi dopo il terribile disastro provocato dallo tsunami, che inondò i sistemi di raffreddamento dei reattori della centrale di Fukushima Daiichi. Ma adesso il Giappone ha detto basta.
L'ambizioso (e necessario) obiettivo di Tokyo è quello di portare a zero l'uso dell'energia nucleare entro il 2040 in modo permanente chiudendo definitivamente tutti i reattori. "Il governo introdurrà ogni possibile risorsa politica che consenta l'azzeramento della produzione di energia nucleare già nel corso del 2030", è emerso da un documento governativo.

La decisione dell'esecutivo nipponico sembra confermare la strada intrapresa all'indomani del disastro di Fukushima ed è ufficializzata dalle nuove linee energetiche nazionali approvate in questi giorni dal governo presieduto dal premier Yoshohiko Noda.
Tre cose emergono dal documento: in primo luogo l'immediato stop alla costruzione di nuove centrali nucleari, cui seguirà entro il 2040 anni lo stop ai reattori esistenti. Infine, per un loro futuro riavvio, gli impianti esistenti dovranno superare nuovi test di sicurezza condotti da un'autorità ad hoc. Sperando di scongiurare questa ultima possibilità.
Oggi, l'energia nucleare copre un terzo del fabbisogno del Giappone. Si tratta dunque di un'impresa non da poco, che rivoluzionerà il paese sotto questo punto di vista. Una svolta necessaria, sostenuta a gran voce nel corso dell'estate da una grossa mobilitazione popolare. Una delle pi Questa estate nel paese si sono succedute numerose grandi manifestazioni di piazza contro il nucleare, come quelle svoltesi lo scorso luglio a Tokyo dove decine di migliaia di persone hanno ribadito il loro no al riavvio di una centrale nucleare nella prefettura di Fukui.

Secondo i piani, dopo la Germania e la Svizzera il Giappone sarà il terzo paese a liberaersi dell'atomo. Cauto ottimismo da parte di Greenpeace, che ha "accolto con prudenza" la nuova nuova politica del governo giapponese. Secondo gli ambientalisti, sarà necessario compiere ogni sforzo per eliminare rapidamente l'energia nucleare a favore di soluzioni rinnovabili, al fine di evitare disastri futuri.

"La strategia del governo prevede un'uscita dal nucleare troppo lenta. Questo dev'essere il punto di partenza per una politica energetica orientata alle rinnovabili più ambiziosa, per una maggiore efficienza energetica e in generale per una sterzata più decisa verso la green economy che assicurerà il benessere del Giappone" commenta Kazue Suzuki, di Greenpeace Giappone.
Secondo il rapporto di Greenpeace "Energy [R]evolution", il Giappone può sostenere la propria ripresa economica e rispettare i suoi impegni di riduzione di gas serra entro il 2020 senza far ripartire nessuna delle centrali atomiche chiuse dopo il disastro di Fukushima.