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martedì 15 ottobre 2013

Energie rinnovabili: boom di brevetti, battute fonti fossili

(Fonte:GreenStyle.it-Francesca Fiore)
 
 
Produrre e utilizzare energia rinnovabile non è più un’avventura imprenditoriale, come qualche anno fa, ma una necessità. A dirlo è una recente ricerca del MIT, che analizza l’andamento dei brevetti energetici degli ultimi anni. In una sola generazione, l’espansione dell’energia pulita è riuscita a eclissare i combustibili fossili: lo dimostra il numero di brevetti registrati prevalentemente negli USA, in Cina e in Giappone.

Secondo il report del MIT, negli Stati Uniti, dal 2009 in poi il numero dei brevetti annuali per rinnovabili supera i 1000, a fronte dei 300 registrati negli anni precedenti al 2000: allo stesso tempo, il numero dei brevetti per tecnologie basate su carbone, gas o petrolio è salito a 300, contro i 100 degli anni precedenti.

Secondo gli analisti, a livello mondiale il numero di brevetti basati sull’energia eolica è aumentato del 19% ogni anno, mentre i brevetti bastati sul solare sono aumentati del 13% tra il 2004 e il 2009. Jessika Trancik, professoressa al MIT e co-autrice della ricerca, ha spiegato:

È un’ottima notizia che dimostra come ci sia molto slancio in questo settore, grazia ai finanziamenti per la ricerca e alla crescente domanda di mercato.


Non solo Stati Uniti però: sono Giappone e Cina ad avere le migliori previsioni in materia di tecnologie rinnovabili brevettate o da brevettare. Il Giappone ha il record di brevetti solari, mentre la Cina, negli ultimi anni, sta registrando più brevetti di qualsiasi altro Paese al mondo. Joel Makower, direttore esecutivo di GreenBiz.com, ha dichiarato:


Ci sono possibilità quasi illimitate di innovazione e questo lo vediamo attraverso la quantità e la varietà dei brevetti: le tecnologie solari in particolare continueranno a migliorare, fino a darci la possibilità di indossarle inserendole nei tessuti.

Makower spiega come la domanda che arriva da grandi hub come Google e Apple ha dato una spinta eccezionale al settore, dal momento che queste grandi aziende non possono più migliorare la loro efficienza se non passando attraverso i data base alimentati da fonti alternative.

In questo scenario gli Stati Uniti non vogliono perdere il primato degli anni passati sui brevetti. Secondo quanto riportato dalla Casa Bianca l’elettricità prodotta grazie a sole e vento è raddoppiata negli ultimi 4 anni: inoltre, Obama ha recentemente chiesto un ulteriore raddoppio entro il 2020.

venerdì 20 settembre 2013

Rinnovabili più convenienti del carbone negli USA

(Fonte:GreenStyle.it-Marco Mancini)
 
 
 
Le energie rinnovabili sono più economiche del carbone e delle altre fonti fossili, se si prendono in considerazione tutti i costi e non solo quelli più visibili. Anche se produrre un watt da una turbina o da un pannello costa attualmente di più rispetto ai metodi tradizionali, tenendo conto dell’impatto sulla salute e sul clima, alla fine dei conti le fonti rinnovabili risultano meno dispendiose per il bilancio pubblico.

Questo semplice calcolo, troppo spesso sottovalutato, è stato effettuato dal Dott. Laurie Johnson, impegnato nel programma Clean Air presso il Natural Resources Defense Council degli Stati Uniti. L’analisi tiene conto anche dei costi nascosti delle fonti fossili, oneri che pesano sulla spesa pubblica. Più precisamente sono i costi sanitari e ambientali, legati alla combustione dei fossili, a essere azzerati quando si passa alle rinnovabili.

Bruciare il carbone è un modo molto costoso per produrre elettricità. Ci sono modi più efficienti e sostenibili per ottenere energia.


spiega il dott. Johnson, che ha condotto la ricerca insieme ai colleghi della Judge Business School, University of Cambridge e NRDC’s Center for Market Innovation. Mentre un’azienda privata sostiene dei costi per produrre energia dalle diverse fonti, lo Stato ne affronta altri che riguardano le conseguenze di questa produzione. Basti pensare alle spese per curare il cancro causato dalle emissioni delle centrali a carbone, o quelli per rimborsare gli agricoltori a fronte di una forte perdita di raccolto causata dalla siccità collegata al riscaldamento globale. Solo nel 2012 i danni da mutamenti climatici negli USA sono stati stimati in 140 miliardi di dollari.

Troppo spesso, quando uno Stato decide di istituire dei sussidi per la produzione energetica, non tiene conto di questi fattori. Ma analizzando questi costi si scopre che, sulla bilancia economica, il carbone, il petrolio e persino il gas pesano molto di più del sole o del vento. Il dibattito è molto acceso negli Stati Uniti dove il presidente Obama vuol porre dei limiti alla capacità di inquinamento delle centrali elettriche. Questa scelta è stata criticata dai suoi oppositori perché farebbe aumentare i costi. In realtà, considerando questo nuovo punto di vista, li ridurrebbe.

giovedì 19 settembre 2013

Ci metto le esternalità e le rinnovabili costano già meno delle fossili

Ci metto le esternalità e le rinnovabili costano già meno delle fossili

(Fonti:QualEnergia.it)
 
 
 
 
 
Le rinnovabili, anche senza incentivi, sono già economicamente convenienti rispetto alle fonti fossili. Se produrre elettricità da carbone al momento costa meno che ottenerla ad esempio da un impianto fotovoltaico, è infatti solo per una sorta di errore nel metodo di calcolo, una distorsione causata dal nostro sistema politico-economico: le esternalità negative vengono scaricate sulla collettività, cioè a chi produce energia non vengono fatti pagare i danni causati ad esempio dalle emissioni climalteranti e inquinanti della combustione del carbone.

Il discorso cambia nettamente se nel bilancio economico si includono i costi sanitari e ambientali. Per i lettori di QualEnergia.it il discorso non è nuovo ma a ribadirlo arriva un nuovo studio pubblicato sul Journal of Environmental Studies and Sciences (allegato in basso) che mostra quali siano i costi “reali” di carbone, gas, eolico e fotovoltaico.

Dalla ricerca, condotta sul sistema elettrico americano, emerge che, includendo nei costi del kWh le esternalità negative, è economicamente molto più conveniente installare nuova potenza da eolico e fotovoltaico piuttosto che da carbone (sia con che senza tecnologia CCS per catturare la CO2) e che addirittura avrebbe economicamente senso chiudere centrali a carbone esistenti per rimpiazzarle con sole e vento. Più economico del carbone, ma anche del fotovoltaico risulta invece il gas, che comunque resta ben più costoso dell'eolico. Qui va però sottolineato che parliamo degli USA, dove il gas ha prezzi che sono una frazione di quelli italiani e che nel conto delle esternalità non si è incluso il pesante effetto climalterante delle perdite di metano che avvengono durante estrazione e trasporto.

La conclusione cui arrivano gli studiosi è che non andrebbe permessa la costruzione di nuove centrali a gas o a carbone laddove sia possibile installare eolico. Inoltre non si dovrebbe in ogni caso mettere in linea nuova potenza a carbone, con o senza CCS, e – come detto – sarebbe anche economicamente conveniente fermare le centrali a carbone già operative per sostituirle in ordine di economicità con generazione da eolico, da gas con o senza CCS, da FV o da carbone con CCS.

Per arrivare ai costi 'reali' gli autori del report - Laurie T. Johnson e Starla Yeh del NRDC e Chris Hope della University of Cambridge – hanno usato i più diffusi modelli per stimare l'impatto economico delle fossili in quanto a cambiamenti climatici, inquinamento e costi sanitari. Oltre a quantificare gli impatti di inquinanti come il biossido di zolfo SO2, si è incluso il cosiddetto SCC, il costo sociale della CO2 o social cost of carbon, un indicatore con alle spalle una certa letteratura scientifica che appunto mostra quanto costa alla collettività ogni tonnellata di CO2.

Qui sotto vediamo rappresentato graficamente (clicca per ingrandire) l'SCC per le diverse fonti come stimato da due diversi studi utilizzati per il report: quello a sinistra si riferisce a uno studio di Johnson and Hope del 2012, quello a destra su uno studio del governo USA uscito a maggio 2013. Per ogni fonte è indicato un valore in centesimi per kWh, che poi è scomposto in costi di produzione (stimati dall'EIA per impianti costruiti nel 2018), costi dovuti all'impatto del SO2 e costi dovuti alla CO2).




I due studi citati arrivano a stimare un SCC piuttosto diverso: quello più recente della task force governativa stima che ogni tonnellata di CO2 emessa nel 2010 causi 33 dollari (al valore del 2007) di danni; quello di Johnson e Hope pari a 133 $. Il motivo di questa differenza è nel diverso tasso di sconto usato: la quantificazione economica di danni che si verificheranno nel futuro ovviamente dipende dall'inflazione prevista e, mentre lo studio governativo ipotizza un tasso annuo del 3%, Johnson e Hope ipotizzano che il tasso sia dell'1,5%. Una differenza sostanziale: 100 $ di danni fra 100 anni corrispondono a 23 $ se si usa un tasso dell'1,5% ma solo a 5 $ se si usa un tasso del 3%.

E' dunque molto alto il grado di incertezza nel valutare quanto convenga investire ora per evitare danni futuri. Il buon senso però dovrebbe portarci comunque a muoverci subito per liberarci delle fonti fossili. Anche perché gli impatti quantificati con l'SCC sono verosimilmente sottostimati. Questi modelli infatti rendono conto solo parzialmente delle esternalità negative delle fossili: oltre all'omissione già citata delle fughe di gas, negli impatti del global warming non si tengono conto dei danni dati da “conseguenze delle conseguenze”, difficili da quantificare; ad esempio quelli che ci saranno per la siccità, per gli incendi boschivi o per le interazioni tra diversi effetti, come l'innalzamento del livello del mare associato all'intensificazione degli eventi metereologici estremi.

Ma soprattutto, questi si riferiscono al costo sociale della CO2 in un determinato anno (il 2010 per quelli citati), mentre è facile capire che questo costo non resterà costante. Il costo marginale di ogni tonnellata di CO2, infatti, è destinato a crescere, ossia, raggiunta una certa concentrazione in atmosfera ogni tonnellata in più di CO2 emessa farà più danni della precedente. A questo si aggiunga che carbone, gas e petrolio per alimentare le centrali in futuro saranno probabilmente sempre più cari, mentre il kWh da rinnovabili diverrà più economico.

Insomma, se, come mostra lo studio, la convenienza economica di passare alle fonti pulite è già certificata dalla letteratura scientifica esistente, con ogni probabilità è ancora più grande di quanto si sia stimato finora.

martedì 25 giugno 2013

Bollette: tagli alle fonti fossili per ridurle, la ricetta di Legambiente


(Fonte:GreenStyle.it-Guido Grassadonio)

 
 
 
Legambiente proprio non ci sta. I tagli alle rinnovabili finalizzati alla riduzione delle bollette energetiche delle famiglie, voluti da Governo e Autorità per l’Energia, sembrano una cura peggiore della malattia. Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale dell’associazione, ha quindi deciso di inviare una lettera a Guido Bortoni, presidente della suddetta Autority. Già dalle prime righe possiamo subito constatare la preoccupazione per la situazione che si sta creando:

Caro Bortoni, è arrivato il momento di scelte coraggiose, nell’interesse di famiglie e imprese.

Per Dezza, ovviamente, il problema non sta nell’inutilità di fare dei tagli, data la situazione di crisi vigente. Piuttosto, il problema è nel dove si taglia, favorendo le tradizionali fonti fossili, in loco delle più pulite rinnovabili:

Abbiamo individuato oltre 5 miliardi di Euro tra sussidi alle fonti fossili, oneri impropri, sconti in bolletta ai grandi consumatori di energia elettrica, dove si può intervenire subito.


Insomma, i tagli sarebbero stati fatti per garantire le rendite di posizione di lobby inquinanti e influenti politicamente, come quella dei petrolieri. Come chiarisce il comunicato stampa di Legambiente:

Per Legambiente la discussione intorno alle bollette in questi mesi è stata impostata in modo sbagliato e condizionat dalle pressioni delle lobby delle fonti fossili che hanno ottenuto lo stop degli incentivi alle rinnovabili e nuovi sussidi per le centrali a olio combustibile. Proprio il successo di produzione delle fonti rinnovabili – oltre il 28% di produzione rispetto ai consumi nel 2012, oltre il 50% della produzione nel mese di maggio – dimostra invece come questa sia la strada più lungimirante per rispondere ai problemi di famiglie e imprese.



Ma le decisioni prese dalle istituzioni preposte hanno fatto anche di peggio. ad esempio sono andate ad annullare i sussidi previsti per chi sostituiva tetti in amianto con pannelli fotovoltaici, pratica che ha permesso non solo la diffusione di impianti domestici di produzione energetica, ma soprattutto lo smaltimento di pericolose coperture in Eternit.

Ancora, quel poco di sostegno economico che sarà previsto ancora in caso di fotovoltaico al posto dell’amianto, in realtà sarà a esclusivo appannaggio di chi possiede già un minimo di rendite abbastanza cospicuo. Come nota, Dezza, infatti:

Non è vero che questi interventi saranno realizzabili con le detrazioni fiscali (55-65 %), perché risultano inaccessibili per coloro che non hanno reddito da detrarre o che guadagnano poco (pensionati, lavoratori precari, ecc.). Aver eliminato questa possibilità è sbagliato da un punto di vista ambientale e ingiusto da un punto di vista sociale perché toglie una possibilità di risparmio proprio per le famiglie che ne hanno più bisogno e perché senza la certezza di rientro data dal Conto Energia nessuna banca presterà mai le risorse necessarie – ha continuato il presidente di Legambiente -, con la scandalosa conseguenza che si determina rispetto alla possibilità di eliminare l’amianto dai tetti degli edifici, perché così si cancella l’unica politica di bonifica di successo realizzata in questi anni in Italia.

Infine, Legambiente chiede all’Autorità di intervenire favorendo le forme di autoconsumo energetico, pratica che permette vantaggi energetici per la collettività, senza gravare tramite il sistema degli incentivi sulle casse dello Stato o sulle bollette delle famiglie.

martedì 23 aprile 2013

Da Ibm la parabola fotovoltaica che concentra l'energia di 2.000 soli ed è più conveniente delle fonti fossili

Da Ibm la parabola fotovoltaica che concentra l'energia di 2.000 soli ed è più conveniente delle fonti fossili

(Fonte:IlSole24Ore-Elena Comelli)

 
Arriva direttamente dai laboratori Ibm di Zurigo la nuova tecnologia che promette una vera e propria rivoluzione nell'energia solare. Nella giornata della Terra, gli scienziati di Ibm Research hanno annunciato una collaborazione con l'azienda ticinese Airlight Energy per sviluppare un avanzato sistema fotovoltaico capace di concentrare l'energia di 2000 soli, con un'efficienza che può raccogliere fino all'80% delle radiazioni in arrivo e convertirle in energia utile, a un costo tre volte inferiore rispetto ad altri sistemi concorrenti.

Facile immaginare come convogliare i raggi, più complicato spiegare perchè non ci abbia già pensato qualcuno. Il problema è che focalizzare le radiazioni solari in un hot spot significa riscaldare quel punto fino a temperature estremamente alte, il che porterebbe allo scioglimento dell'apparecchio. Il collettore Ibm vanta invece un innovativo sistema di raffreddamento, lo stesso sfruttato dal supercomputer Aquasar, che lavora con dei microcanali come un radiatore, mantenendo l'intero sistema fotovoltaico sotto la soglia di pericolo.

Il sistema High Concentration PhotoVoltaic Thermal usa una larga parabolica, composta da una moltitudine di specchi, attaccata a un sistema di tracciamento che determina la migliore angolazione in base alla posizione del sole. Una volta allineata, i raggi del sole si riflettono su diversi ricevitori posti sugli specchi con chip fotovoltaici a tripla giunzione: ogni centimetro quadrato può convertire 200-250 watt, di media, in circa otto ore in una regione soleggiata. I chip fotovoltaici sono montati su una microstruttura che pompa liquidi di raffreddamento nel raggio di pochi decimi di micrometro per assorbire il calore e allontanarlo 10 volte meglio di quanto possa fare il raffreddamento ad aria.

La tecnologia utilizzata è stata sviluppata in parte grazie ad una sovvenzione di 2,4 milioni di dollari del governo svizzero.
I ricercatori ritengono che il loro sistema possa raggiungere un costo per superficie inferiore ai 250 dollari per metro quadro, il che è tre volte più economico rispetto ad altri sistemi di solare a concentrazione. Di conseguenza, il costo dell'energia prodotta scenderebbe sotto i 10 centesimi al kilowattora, equivalente a quello dell'energia di una centrale elettrica alimentata a carbone, la più conveniente delle fonti fossili.