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venerdì 7 febbraio 2014

Rinnovabili, efficienza energetica e CO2: i nuovi target dell’Europa per il 2030

(Fonte: GreenStyle.it-Marco Mancini)

 
L’Europa rivede i suoi obiettivi ambientali per l’anno 2030, e questa volta prende un impegno importante. Dopo la proposta di qualche settimana fa che era sembrata un po’ troppo “morbida”, ieri il Parlamento Europeo ha votato un nuovo piano in linea con i target ambiziosi già quasi raggiunti per il 2020. Si tratta del nuovo piano che prevede obiettivi sulle rinnovabili, sul taglio delle emissioni e sull’efficienza energetica che ogni Stato membro dovrà raggiungere entro il 2030.

Se il piano accettato e sottoscritto per il 2020 fu ribattezzato “20-20-20″, quello per il 2030 si può chiamare “30-40-40″. Esso prevede infatti tre obiettivi vincolanti:
  1. 30% del fabbisogno energetico nazionale coperto dalle energie rinnovabili;
  2. 40% di taglio dei gas serra rispetto al 1990;
  3. 40% di miglioramento dell’efficienza energetica.

L’incremento degli obiettivi è in linea con le richieste degli scienziati e della maggior parte delle associazioni ambientaliste, ed è quasi inaspettato dato che non più tardi di un mese fa era stato chiesto che l’obiettivo per le rinnovabili fosse portato al 27%, mentre per l’efficienza energetica non erano state fatte nemmeno proposte. Solo l’obiettivo del taglio delle emissioni del 40% è rimasto immutato.
Questa decisione è molto importante e pesante sia a livello comunitario che sullo scacchiere internazionale. All’interno dei confini europei evita, una volta per tutte, che ogni Stato membro decida in autonomia. Con la vecchia proposta infatti il rischio era che ogni nazione decidesse i propri limiti, i quali sarebbero potuti essere troppo bassi per essere rilevanti. E c’era anche il rischio che qualcuno non si ponesse affatto dei limiti. A livello internazionale invece si tratta di un importante messaggio inviato ai Paesi recalcitranti come Usa, Cina, Giappone e Australia che si opponevano al taglio delle emissioni e agli obiettivi sulle rinnovabili.
Il Parlamento europeo ha dimostrato ancora una volta di essere la più lungimirante delle istituzioni dell’Unione. Ha resistito alle lobby. Questo risultato illuminato è un duro colpo per la commissione europea e la sua infima proposta per il 2030 del mese scorso. I capi di Stato devono prestare attenzione al Parlamento.

ha dichiarato Stephane Bourgeois della European Wind Energy Association (EWEA). La votazione definitiva si terrà il mese prossimo. Nel caso in cui passasse questa proposta, si avrebbero diversi effetti a catena. Il primo, come detto, è che tutti i Paesi europei si dovranno adeguare perché i parametri sono vincolanti. Ma ci saranno anche ottimi effetti sull’economia perché verranno favorite le imprese a basse emissioni, e si creeranno così circa 570 mila nuovi posti di lavoro (stima EWEA). Inoltre gli Stati europei risparmierebbero 500 miliardi di euro per le mancante importazioni dei combustibili fossili. Alcune associazioni, come il WWF, avrebbero preferito obiettivi ancora più elevati (la loro proposta era di tagliare del 50% le emissioni e fissare al 40% l’obiettivo per le rinnovabili), ma in fin dei conti si possono dire soddisfatte del risultato raggiunto.

venerdì 3 gennaio 2014

Ue: stop agli idrofluorocarburi

 Ue: stop agli idrofluorocarburi

 (Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
Gli idrofluorocarburi (Hfc), gas a effetto serra utilizzati nei sistemi di refrigerazione e di climatizzazione, saranno progressivamente eliminati all’interno dell’Unione Europea. Un compromesso fra i Governi e il Parlamento europeo è stato trovato lo scorso dicembre al termine di difficili negoziazioni durate diversi mesi.
L’accordo prevede una riduzione del 79% entro il 2030 nelle emissioni di questi gas, il cui potere di riscaldamento globale è in media 3.500 volte superiore a quello della CO2, il principale gas a effetto serra.
L’eliminazione dei Hfc è considerata una delle misure più rapide ed efficaci nella lotta contro il cambiamento climatico. La loro presenza nell’atmosfera è legata alle perdite negli apparecchi difettosi o giunti a fine vita e per i quali un corretto smaltimento non può essere garantito. Nei prossimi tre decenni è prevista una crescita di dieci volte delle emissioni di questi gas.

Secondo il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (Unep), l’eliminazione totale degli Hfc a livello mondiale potrebbe permettere di far diminuire la curva del riscaldamento di mezzo grado entro il 2050. Si tratta in totale di emissioni pari cento miliardi di tonnellate equivalenti di CO2, un valore dieci volte superiore a quelle considerate negli obiettivi del Protocollo di Kyoto.

giovedì 28 novembre 2013

Inquinamento: Cina adotta sistema di scambio delle emissioni di CO2

(Fonte:GreenStyle.it-Marco Mancini)

 
 
 
Il governo cinese si oppone sempre a qualsiasi limite all’inquinamento stabilito dai trattati internazionali, ma questo non vuol dire che approvi l’aria irrespirabile delle sue città. Il popolo non ce la fa più a vivere in città super affollate e inquinate, in cui la cappa di smog non permette né di respirare né addirittura di vedere dall’altra parte della strada. Così adesso qualcosa si sta muovendo. L’ultimo provvedimento preso, in ordine di tempo, riguarda la città di Pechino ed è l’adozione del sistema dello scambio di emissioni.

Si tratta del cosiddetto “carbon trading scheme” teorizzato qualche anno fa, ma che nessun Paese vuole adottare a livello nazionale perché molto limitante per le proprie aziende. Il sistema viene applicato attualmente solo in determinati settori e prevede l’acquisto del diritto a inquinare da parte delle industrie che, per la loro attività, sono costrette a emettere ogni anno tonnellate di CO2.

Finora il sistema era stato adottato in Cina solo dalle città di Shenzhen e Shanghai, e così Pechino diventa la terza città cinese a provarlo.

Il sistema cinese è però particolare. Esso si basa sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per unità di PIL che è stata stabilita entro il 2020 nel 40-45% rispetto all’anno 2005. Lo scambio sarà ospitato dal CBEEX (China Beijing Environment Exchange), una specie di Borsa dove al posto delle azioni vengono scambiati diritti a inquinare. In totale circoleranno 40 mila permessi al costo di 50 yuan l’uno, corrispondenti a circa 6 euro ciascuno.

La principale acquirente è la compagnia statale Sinopec Corp., che si occupa di petrolio e gas e che ha già acquistato il 50% dei permessi circolanti facendo lievitare del 2% il prezzo degli altri. L’amministrazione cittadina si augura che con questa tecnica possa mantenere basse le emissioni delle centrali energetiche.

Tutte le centrali energetiche, tranne quelle a carbone. Incredibilmente queste industrie, che secondo i dati di Greenpeace sono responsabili del 60% delle morti premature del Paese, riceveranno permessi a inquinare per un totale del 99,9% della quota di emissioni del periodo 2009-2012 e li riceveranno ogni anno fino al 2015, quando la quota scenderà al 99,5%. Gli altri produttori riceveranno quote inferiori e se vorranno inquinare di più dovranno comprare nuovi permessi.

Come sempre a farne le spese non sono i grandi colossi, ma i poveri commercianti. Per combattere l’inquinamento infatti l’amministrazione di Pechino ha costretto gli oltre 500 cuochi ambulanti dotati di barbecue a chiudere bottega perché emettevano troppo. Decisamente l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 25% entro il 2017 non si potrà avere spegnendo qualche fornello e concedendo alle grandi industrie di continuare a inquinare come prima.

lunedì 18 novembre 2013

Summit di Varsavia: le posizioni delle nazioni su clima e CO2

(Fonte:greenStyle.it-marco Mancini)

 
 
Il summit di Varsavia, un incontro organizzato dall’ONU per cercare di conciliare le varie posizioni dei Paesi mondiali sul tema della riduzione dell’inquinamento e dello sfruttamento delle risorse, entra oggi nel vivo.

Iniziato l’11 novembre scorso, mai come quest’anno il summit COP diventa decisivo per il futuro dell’ambiente mondiale. Soprattutto viste le posizioni che sembrano sempre più inconciliabili tra le nazioni che vogliono fare la loro parte e quelle che invece non ne vogliono sapere, giustificandosi con la crisi economica che non consente limitazioni al mercato. Queste le posizioni al momento:
  • Europa: La posizione europea è come sempre la più conciliante. Connie Hedegaard, Commissario Europeo per il Clima, chiede unità a tutti i Paesi nonostante la difficile situazione economica, per confermare gli impegni presi sul taglio delle emissioni della CO2 e magari anche migliorando gli impegni. La richiesta che i principali attori in questione fanno è di prendere impegni precedenti al 2020, ma già entro il 2015, puntando su risparmio energetico, rinnovabili, eliminazione degli HFC (gas fluorurati), modifica dei sussidi alle fonti fossili e nuovi limiti alle emissioni del settore trasporti.
  • Stati Uniti: Gli States continuano con la loro teoria di non intervento sul mercato. Non vogliono porre limiti troppo stringenti alle emissioni, pur riconoscendo l’importanza di questa finalità. Per questo promuovono la ricerca sul cosiddetto carbone pulito e sui sistemi di recupero e stoccaggio della CO2. Continua inoltre la politica dello shale gas che Obama non sembra intenzionato ad abbandonare. La road map futura prevede di mandare in “pensione” le centrali più vecchie e sostituirle con quelle più efficienti. L’unico obiettivo posto al 2015 è la chiusura di 205 centrali a carbone obsolete.
  • Cina: La posizione della Cina è molto vicina a quella degli Stati Uniti, con la differenza che, al posto dello shale gas, si punta maggiormente su rinnovabili e nucleare. Il carbone resta però centrale. L’idea del governo cinese è di aprire 3 centrali al mese da qui al 2022. Dopo il 2015 però il piano energetico quinquennale potrebbe essere rivisto.
  • India: L’India non vuol sentire nemmeno nominare le limitazioni alle emissioni. Anzi, nonostante siano stati avviati importanti progetti in particolare sul solare, il suo futuro sarà basato sul carbone, tanto che, secondo le previsioni, nel giro di pochi anni diventerà il secondo Paese importatore al mondo.
  • Giappone: Dopo il disastro di Fukushima il Paese nipponico rivede al ribasso le sue previsioni. Visto che sta facendo a meno del nucleare, che da solo copriva il 30% del fabbisogno energetico nazionale, il dover attingere a petrolio e carbone per garantire elettricità alla sua popolazione costringe il Governo giapponese ad abbassare i limiti alle emissioni. Entro il 2020 porrà il limite ad appena il 3,8% rispetto all’anno 2005 (la richiesta iniziale era il 20% rispetto al 1990). Praticamente l’apporto alla causa sarebbe nullo.
  • Australia: Nemmeno l’Australia ha intenzione di porre limiti alle emissioni. Punterà su un mix di rinnovabili e carbone, ma il Governo ha annunciato di voler abrogare la carbon tax.
  • Agenzia internazionale dell’energia (IEA): Oltre alle nazioni ci sono anche gli organismi internazionali da considerare. La IEA si oppone alla limitazione dei combustibili fossili e in particolare proprio sul carbone, in quanto è convinta che la richiesta in tutto il mondo di questo combustibile sia destinata a salire almeno fino al 2035. Con tutte le emissioni che ciò comporta. Anche se è favorevole allo sviluppo delle rinnovabili, la IEA continua ad appoggiare il mercato dei fossili. Semmai l’impegno si deve spostare, secondo l’agenzia, sui metodi di produzione dell’energia attraverso il carbone che, se fossero più efficienti, ridurrebbero ugualmente le emissioni.

A poco serviranno gli appelli degli scienziati che dimostreranno come stiamo sforando il tetto dell’innalzamento della temperatura di 2 gradi e che, di questo passo, il riscaldamento globale sarà catastrofico. L’unico punto su cui quasi tutte le nazioni concordano è di investire in tecnologie meno inquinanti.

Di porre limiti alle emissioni non se ne parla nemmeno. Dopotutto il fatto che ci saranno il 30% di Ministri dell’Ambiente in meno rispetto agli altri meeting del passato (65 membri in meno rispetto a Doha) la dice lunga sulla posizione di molti Paesi sui temi ambientali.

martedì 13 novembre 2012

Rinnovabili supereranno il carbone nel 2035

Rinnovabili supereranno il carbone nel 2035

(Fonte:GreenStyle.it-Silvana Santo)
 
 
Le rinnovabili sanno pronte a contendersi con il carbone il titolo di principale sorgente di energia elettrica a livello mondiale entro il 2035. A dirlo è la IEA, l’Agenzia Internazionale dell’Energia, spiegando che la crescita delle fonti “pulite” sarà garantita dal calo dei prezzi e dall’aumento degli incentivi statali.

Già nel 2015, secondo la International Energy Agency, parchi eolici e centrali idroelettriche rappresenteranno nell’insieme il secondo generatore di elettricità su scala mondiale, per poi avvicinarsi progressivamente ai numeri del carbone e arrivare a contendergli il primato 20 anni dopo. Scrive la IEA:

Un costante aumento dell’energia idroelettrica e la rapida espansione dei settori eolico e solare hanno rafforzato la posizione delle energie rinnovabili come una parte indispensabile del mix energetico globale. Il rapido aumento delle fonti rinnovabili si deve ai costi tecnologici in calo, all’aumento dei prezzi dei combustibili fossili e soprattutto alle sovvenzioni statali.


A proposito di incentivi, secondo l’Agenzia il loro ammontare complessivo potrebbe crescere dagli 88 miliardi i dollari del 2011 a 240 nel 2035. Cifre comunque ancora nettamente inferiori a quelle stanziate dai governi di tutto il mondo per sostenere i combustibili fossili (523 miliardi di dollari solo lo scorso anno). Sempre sul fronte sei sussidi statali, l’Agenzia mette in guardia per l’avvenire:

Al fine di evitare oneri eccessivi per i governi e i consumatori, le misure di sovvenzione volte a sostenere i nuovi progetti nel campo delle energie rinnovabili devono essere adeguate nel tempo, commisurandosi all’aumentare della capacità installata e al calo dei costi delle tecnologie rinnovabili.
 
In ogni caso, sarà soprattutto grazie agli incentivi statali che eolico, fotovoltaico e le altre fonti pulite esploderanno nei prossimi decenni. Non abbastanza, sottolinea comunque la IEA, da permettere di contenere le emissioni di CO2 al punto tale da contenere l’aumento di temperatura globale entro un massimo di 2 gradi centigradi, come auspicato dalle Nazioni Unite. Quasi l’80% delle emissioni consentite entro il 2035 nel quadro dello scenario “più 2 gradi” è già impegnato a causa di centrali elettriche, fabbriche ed edifici attualmente esistenti.