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mercoledì 26 giugno 2013

Clima, Obama: "La terra sta cambiando". Gli Stati Uniti "devono iniziare ad agire"

Clima, Obama: "La terra sta cambiando". Gli Stati Uniti "devono iniziare ad agire"

(Fonte:LaRepubblica.it)
 
 
 
 
WASHINGTON - Evitare di peggiorare l'effetto serra. Ridurre le emissioni di biossido di carbonio e puntare sulle energie rinnovabili. Il primo, atteso discorso sull'ambiente del secondo mandato di Obama doveva districare anche la controversa questione dell'oleodotto Keystone XL. Due fasi del maxi progetto sono già operative. Una terza - il trasporto dall'Oklahoma al golfo del Texas - è in costruzione, ma la quarta fase è ancora in attesa dell'approvazione del governo americano. Servirebbe a consentire la distribuzione del greggio estratto dalle sabbie bituminose dello Stato canadese da Hardisty, Alberta, estendendosi per 1.179 miglia (1.897 chilometri) fino a Steele City, in Nebraska. Ma gli ambientalisti sono in agitazione e protestano per le emissioni di gas serra che l'oleodotto causa. "Dovrà rispettare i parametri di sicurezza e non compromettere l'ambiente o non sarà approvato dal mio governo", ha detto Obama all'Università di Georgetown. "Il nostro interesse nazionale sarà garantito solo se questo progetto non aggraverà esageratamente il problema dell'inquinamento da anidride carbonica", ha spiegato.

Era la parte attesa del suo discorso. Si pensava che avrebbe annunciato l'approvazione del progetto. E invece Obama non ha fatto l'equilibrista. "Non possiamo continuare a trivellare ignorando il cambiamento climatico. È un problema non ignorabile. La strategia energetica giusta non può riguardare solo il petrolio", ha spiegato. "So delle controversie sull'oleodotto Keystone tra il Canada e il Texas - ha affermato - Molti si sono opposti. Voglio essere chiaro: permetterne la costruzione richiede che tutto sia fatto nell'interesse del Paese". "Gli interessi nazionali - ha continuato - saranno serviti se questo progetto non esaspererà gli effetti dell'inquinamento da carbonio. Gli effetti negativi non possono prevalere. Non ci possono essere ulteriori effetti negativi sul cambiamento climatico, quindi faremo una valutazione necessaria per capire se andare avanti con la costruzione".

Poi ha spiegato i punti principali del suo programma. Messo nell'angolo da una serie di scandali che ne hanno offuscato l'immagine progressista, il presidente ha tentato di recuperare terreno e rilanciato una battaglia su cui molti lo trovano in difetto, la lotta al cambiamento climatico. Ha rimarcato che "il 97% degli scienziati riconosce il surriscaldamento" e che "gli americani stanno già pagando il prezzo dell'inazione sul clima". "Dobbiamo agire" ha detto, annunciando una strategia nazionale di lotta alle emissioni di gas responsabili dell'effetto serra. "Come presidente, come padre e come americano, sono qui per dirvi che dobbiamo agire".

"Dal 2006 nessun Paese al mondo ha ridotto l'inquinamento da gas serra come gli Stati Uniti. È un buon inizio. Ma la ragione per cui siamo qui è che c'è ancora molto da fare", ha detto. Gli Stati Uniti vogliono essere il Paese leader globale nella lotta al cambio climatico: "Non è né giusto, né sicuro - ha aggiunto - che le centrali elettriche emettano quantità illimitate di anidride carbonica nell'atmosfera. Dobbiamo fermarle". Realismo. Un periodo di transizione è necessario: "L'economia verde può essere il motore per i prossimi decenni e voglio che costruiamo quel futuro. È il nostro compito. Questo non vuol dire che improvvisamente smetteremo di produrre carburanti fossili, un periodo di transizione richiede tempo, ma chi dice che questo danneggerà i rifornimenti energetici, mente".

Obama ha dato il mandato all'Environmental Protection Agency, l'agenzia federale preposta alla difesa dell'ambiente, di compilare un piano che evidenzi il limite delle emissioni di biossido di carbonio degli Stati Uniti. L'agenzia ha avuto anche un termine: un anno da oggi. Entro giugno 2014, dovrà calcolare danni possibili e alternative valide per evitarli. Obama ha anche chiesto l'approvazione di una legge che limiti l'emissione di gas serra dagli impianti per la produzione di energia elettrica. Inoltre si è scagliato contro i repubblicani che si oppongono ai suoi piani, sostenendo che comprometteranno posti di lavoro. "Si sbagliano, come si sono già sbagliati", ha detto.

L'oleodotto di Keystone avrebbe garantito il trasporto di petrolio attraverso la nazione. "Nell'interesse nazionale", dicono i sostenitori che puntano il dito contro altri metodi, "camion, navi, treni non sono altrettanto sicuri". Una decisione definitiva, ha spiegato Cnn, dovrebbe arrivare in autunno, è da marzo che la situazione è in stallo.

Il presidente non si è soffermato troppo sulla questione. Ha lanciato la sua sfida. "Nel discorso sullo Stato dell'Unione ho chiesto al Congresso di trovare una soluzione che mettesse d'accordo i repubblicani e i democratici, ma sono ancora in attesa e voglio che tutti si impegnino. E' una sfida che deve ricevere attenzione adesso, non può aspettare. Per questo voglio mettere in atto una nuova strategia che tuteli dall'inquinamento e preveda un coordinamento globale. Si inizia con quello da biossido di carbonio, facendo un uso maggiore dell'energia pulita, sprecando meno energia per le attività economiche".

A Washington sotto un caldo soffocante, il presidente Usa ha ricordato che gli effetti del cambiamento climatico sul pianeta provocano enormi perdite di vite umane e anche economiche. Per questo vorrebbe una soluzione al problema basata sul mercato e raddoppiare la produzione di energia da fonti solari e da vento geotermico su terreni federali.

Il piano prevede anche 8 miliardi di dollari in garanzie governative per prestiti destinati a investimenti su tecnologie che impediscano che il biossido di carbonio prodotto dagli impianti energetici arrivi all'atmosfera e fissa come obiettivo la riduzione di almeno 3 miliardi di tonnellate metriche di carbonio accumulato entro il 2030 (ovvero più della metà dell'inquinamento annuale da carbone del settore energetico in Usa).

martedì 4 giugno 2013

Biomasse: entro il 2020 toccheranno quota 82 GW

(Fonte:GreenStyle.it-Francesca Fiore)
 
 
 
 
Previsioni incoraggianti per il settore delle biomasse: le centrali già presenti in tutto il globo, entro il 2020, potrebbero arrivare a produrre 82 GW di energia, dagli attuali 58,6. La biomassa rappresenta, in questo momento, il 3% della generazione elettrica mondiale, ma i dati di Navigant Research, istituto che fa ricerca su tecnologie verdi e mobilità, dipingono uno scenario molto promettente il settore.

Secondo i dati di Navigant Research, gli impianti alimentati da biomasse già attivi stanno notevolmente aumentando la propria efficienza, contribuendo a tagliare le emissioni nocive. Allo stesso tempo la loro produttività è aumentata: se i governi sceglieranno di implementare queste tecnologie, entro il 2020, si potrebbe addirittura arrivare anche a produrre 128,5 GW.


Il nodo principale che determinerà un’eventuale massimizzazione della produzione da biomasse, secondo gli analisti, sarà la capacità di integrare questa tecnologia con le centrali elettriche classiche. La capacità di creare smart grid che autoregolino le proprie sorgenti integrate, con sistemi di accumulo e rilascio intelligente dell’energia, è il vero problema da risolvere se si pensa a un futuro alimentato sempre più da fonti alternative e sempre meno da fonti fossili.

In questo scenario, l’Italia non rimane a guardare. Secondo il rapporto “Comuni Rinnovabili” di Legambiente, infatti, il nostro paese sta facendo grandi passi avanti su questo versante: gli impianti a biomasse, durante il 2012, hanno consentito di produrre 13,3 TWh, soddisfacendo le richieste di oltre 5,2 milioni di famiglie. Fra biomasse e fonti geotermiche, sono 343 i Comuni italiani che utilizzano queste tecnologie per gli impianti di teleriscaldamento.

sabato 26 gennaio 2013

Il futuro del fotovoltaico e i sistemi di accumulo, in Germania partono i finanziamenti

Il futuro del fotovoltaico e i sistemi di accumulo, in Germania partono i finanziamenti

(Fonte:NewsEnergia.it-Stefano Caproni)

 
Il futuro del fotovoltaico e degli impianti di produzione non programmabili ha bisogno di confrontarsi al più presto con il costo dei sistemi di accumulo, secondo gli addetti ai lavori, e anche secondo noi, fondamentali per rendere ancora più competitive le fonti di energia rinnovabili quali ad esempio il fotovoltaico, in vista della fine degli incentivi. Ormai si parla spesso di detrazioni fiscali, scambio sul posto, e sistemi di accumulo.

Un sistema di accumulo performante e con un rapporto qualità (capacità di immagazzinare energia e durata nel tempo) e prezzo, può davvero fare la differenza, permettendo ai consumatori di energia (soprattutto i piccoli impianti domestici) di poter utilizzare maggiore energia prodotta dal proprio impianto, aumentando notevolmente l’autoconsumo, che tradotto significa risparmiare sull’energia prelevata e acquistata dalla rete.

Mentre in Italia stiamo cominciando a parlarne, come sempre in altri paesi, soprattutto la lungimirante (in fatto di rinnovabili) Germania, si danno da fare e stanno per partire forme di incentivo e sostegno ai sistemi di accumulo. Secondo la stampa locale infatti, presto ci sarebbero a disposizione sino a 2.000 euro, per installare impianti di accumulo e limitare i danni derivanti dal drastico calo delle tariffe incentivanti.

I sistemi di accumulo sono ancora molto costosi, e la diminuzione dei costi è fondamentale per una loro diffusione, possibile solo a costi competitivi. Un circolo vizioso che si può interrompere solo grazie a forme di incentivo, come avverrà in Germania. L’installazione di sistemi di accumulo potrebbe inoltre contribuire a regolarizzare le tensioni e le frequenze della rete con grandi benefici per tutti. Potranno essere ridotti i picchi di produzione grazie allo stoccaggio dell’energia, oltre a poter aumentare la capacità della rete senza grosse modifiche alle infrastrutture.

Speriamo che anche in Italia si intervenga con qualche soluzione che permetta di iniziare lo sviluppo e la diffusione di sistemi di accumulo, anche se il nostri governi non si sono mai dimostrati molto lungimiranti in fatto di energie rinnovabili.

lunedì 26 novembre 2012

Le rinnovabili ed il report IRENA

 Le rinnovabili e quella curva dei costi in rapida discesa

 (Fonte:QualEnergia.it)
 
 
Da qualche anno, in situazioni di off-grid, dove cioè non ci si può attaccare alla rete elettrica, le rinnovabili sono spesso molto più convenienti delle alternative fossili. Ma ora le energie pulite in molti casi sono anche l'opzione meno costosa laddove si debba installare nuova potenza per alimentare la rete.

A sottolinearlo l'utimo report di IRENA, l'agenzia intergovernativa internazionale per le energie rinnovabili, dedicato all'andamento dei costi dell'energia pulita. Una conferma dell'assunto fondamentale che ci fa credere nell'inevitabilità di una transizione energetica low-carbon: al contrario di quel che accade per le fonti fossili, il costo dell'energia da rinnovabili, con l'aumentare della diffusione di queste fonti e le evoluzioni tecnologiche, continuerà a scendere.

Le energie rinnovabili, specie quelle più giovani come eolico e fotovoltaico, hanno infatti una curva d'apprendimento molto ripida: per il FV per esempio si stima che a ogni raddoppio della potenza installata il prezzo del kWh prodotto scenda del 22%. Nel 2011, come sappiamo, le rinnovabili hanno rappresentato la metà di tutta la nuova potenza elettrica installata al mondo, con 41 GW di eolico, 28 di fotovoltaico, 25 di idro, 6 di biomasse, 0,5 di solare a concentrazione e 0,1 di geotermia.

E i risultati in termini calo dei costi si vedono: in molti siti per esempio l'eolico può già vantare costi del kWh prodotto sul ciclo di vita (LCOE) ben al di sotto di quelli delle fonti fossili: nelle situazioni più fortunate si arriva a 0,04 $/kWh. Va premesso che i costi LCOE riportati dal report, espressi in range, sono rilevati in forma statistica ma sappiamo che nella pratica ogni installazione ha costi diversi che dipendono da una combinazione di fattori che comprendono, oltre al costo delle tecnologie, la disponibilità di risorse (come sole, vento o biomassa locale a buon mercato), il costo del denaro (ipotizzato al 10% nei calcoli IRENA) e i costi amministrativi. Gli autori stessi poi mettono in evidenza come la ricerca sui costi delle rinnovabili vada approfondita e continuamente aggiornata. Ciononostante i valori e i trend presentati nel report sono molto interessanti (si veda grafico sotto, cliccare per ingrandire).



Oltre all'idroelettrico, che è la rinnovabile più economica (con un LCOE che in media si aggira sugli 0,04 $/kWh e arriva in certi casi a 0,02) e anche quella con una minore tendenza al calo dei prezzi, la fonte pulita più competitiva è l'eolico, che in certe situazione produce a 0,04 $/kWh. Un costo che permette a questa tecnologia di battere il gas anche laddove questo costa meno, come negli Usa del boom dello shale gas. In generale l'eolico (dati 2010) si muove in un range di 0,06-0,14 $/kWh. Dopo alcuni anni di stallo, si legge nel report, i prezzi delle turbine – molto più bassi su mercati come quello cinese rispetto a quelli occidentali - hanno ricominciato a diminuire e così sarà nei prossimi anni.

Anche le biomasse in particolari situazioni possono già reggere alla pari il confronto con le fossili: gli impianti più efficienti arrivano a un LCOE di 0,06 $/kWh, ma anche qui molto dipende dalle situazioni particolari, dal tipo di impianto e dalla biomassa usata.

La fonte con la curva di apprendimento più ripida è però il fotovoltaico: i prezzi dei moduli sono scesi di oltre il 60% negli ultimi due anni e il costo dell'elettricità prodotta con il sole scende velocemente al punto che – a quel che ci risulta – al momento si stanno installando grandi impianti con LCOE più basso di quello indicato nel report come il limite inferiore del range, cioè 0,16 $/kWh (circa 12 centesimi di euro).

Buone le prospettive anche per il solare a concentrazione: per i sistemi a torre si parla di un range LCOE di 17-29 $/kWh, per i sistemi a parabola lineare 20-36 $ kWh.