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martedì 28 maggio 2013

Fotovoltaico: installatori italiani favorevoli ai dazi sui pannelli cinesi

(Fonte:GreenStyle.it-Silvana Santo)
 
 
 
 
La maggioranza degli installatori italiani di pannelli fotovoltaici approva il procedimento giudiziario della Commissione Europea contro il dumping cinese e sarebbe d’accordo anche sull’introduzione di eventuali dazi compensativi. Il dato emerge da un sondaggio condotto nel mese di marzo dal servizio d’informazione tedesco Europressedienst.

Nel dettaglio, il 76,3 % degli intervistati italiani ritiene legittimo il procedimento avviato dall’Ue, mentre il 78,5 % degli installatori concorda anche con la possibile introduzione di dazi anti-dumping. Il dato è superiore rispetto alla media europea, con solo il 65 % del campione che giudica legittime le tariffe protettive.

Se la Commissione optasse per i dazi, circa un decimo degli installatori cercherebbe di vendere un minor numero di moduli fotovoltaici cinesi, mentre il 4,3 % proverebbe a ridurre altre voci di costo per contenere il prezzo finale dei prodotti. Il 5,4 % degli installatori, purtroppo, si dice pronto a prendere in considerazione anche il licenziamento del personale e, in caso di misure protettive, il 7,5 % sarebbe addirittura costretto a chiudere l’azienda.

Il Comitato IFI (Industrie Fotovoltaiche Italiane) ha accolto senza sorpresa il risultato del sondaggio, sottolineando che l’indagine è stata condotta su operatori che stanno operando nel mercato delle installazioni già da diversi anni e in paesi che rappresentano oltre il 75% dell’installato mondiale. Secondo l’associazione, in altri termini, gli operatori interpellati apprezzano da tempo la qualità dei prodotti made in Europe e non “dipendono”, per così dire, dai materiali di fabbricazione cinese.

Commenta il Comitato:

In realtà nel corso di questi anni la manifattura europea ha saputo farsi apprezzare dagli operatori non solo per la qualità intrinseca del prodotto ma anche per quei cosiddetti intangibili dati dal crescente rapporto di fiducia con le manifatture comunitarie, l’affidabilità dei prodotti, la disponibilità e la qualità dei servizi, la tempestività di intervento in caso di risoluzione di problematiche. Tutti valori che rappresentano il vero asset della manifattura europea rispetto a quella cinese.

lunedì 11 febbraio 2013

Impianto FV sul Senato, Comitato Ifi: "Siamo indignati"

Impianto FV sul Senato, Comitato Ifi: "Siamo indignati"

(Fonte:ZeroEmission.it)
 
 
 
Alessandro Cremonesi, Presidente di Comitato: "La scelta di commissionare un impianto fotovoltaico, situato nel cuore delle Istituzioni italiane, a un gruppo di proprietà straniera ci conferma come non si stia operando per salvare la produzione italiana".

Il Comitato IFI – Industrie Fotovoltaiche Italiane reagisce con sconcerto per quello che esso stesso definisce "l’ennesimo schiaffo all’industria manifatturiera italiana". La scorsa settimana era infatti stato inaugurato un impianto fotovoltaico da 200 kW sul tetto dell'Archivio del Senato della Repubblica, realizzato da Solon S.p.a., filiale italiana del gruppo tedesco di moduli fotovoltaici Solon Energy Gmbh, recentemente acquisito dal produttore indiano di celle solari Microsol con sede negli Emirati Arabi Uniti.

“Anche in quest’occasione prendiamo atto di come le istituzioni nazionali non salvaguardino e proteggano l’industria fotovoltaica italiana – ha detto Alessandro Cremonesi, Presidente di Comitato Ifi – In un momento critico come l’attuale, in cui l’industria del solare italiano soffre di pesanti vessazioni, con cause drammatiche in termini di occupazione ed efficienza produttiva, siamo spiazzati dalla mancanza di tutela e dal totale abbandono delle imprese del Made in Italy. La scelta di commissionare un impianto fotovoltaico, situato nel cuore delle Istituzioni italiane, a un gruppo di proprietà straniera ci conferma come non si stia operando per salvare la produzione italiana, già vittima di cambiamenti normativi penalizzanti e pesanti azioni di dumping da parte degli operatori extra-europei”.

martedì 8 gennaio 2013

Nel 2013 cieli bui sugli operatori del fotovoltaico

Nel 2013 cieli bui sugli operatori del fotovoltaico

(Fonte:LaStampa.it-Veronica Ulivieri)

Disorientamento, paralisi, crescita di pratiche speculative e, in certi casi, cassa integrazione o chiusura. Sono queste le parole più usate dagli operatori del fotovoltaico quando si chiede loro di descrivere la situazione attuale. A poco più di quattro mesi dal Quinto Conto Energia, sotto una pioggia di provvedimenti che spesso non agevolano le imprese, uno dei pochi settori in crescita dell’economia italiana – florido e promettente fino a pochi anni fa – sta cedendo il passo. Il decreto entrato in vigore a fine agosto ha infatti reso più difficile l’accesso agli incentivi, che comunque cesseranno un mese prima della data in cui si raggiungerà il monte cumulativo di 6,7 miliardi di euro l'anno di costo (o investimento?) per lo Stato. In questo momento siamo a 6,466 miliardi, in un clima di totale incertezza, dunque, su ciò che avverrà dopo.

Il provvedimento, come spiegava già a metà novembre a Greenews.info Lorenzo Bagnacani, amministratore delegato di tre società del gruppo altoatesino Green Vision Ambiente, “ha letteralmente cancellato il settore in Italia. (…) Quando in un Paese si rischia la ‘chiusura per decreto legge’ significa che nei decisori non c'è stata evidentemente la lungimiranza per sviluppare una legislazione più sofisticata. Stiamo assistendo, ora, a imprese che chiudono e altre che si spostano all'estero”.

Anche Massimo Sapienza, coordinatore del movimento SOS Rinnovabili, traccia un quadro allarmante: “Dall’entrata in vigore del decreto, i fatturati delle aziende sono scesi di dieci volte e si iniziano a sentire anche i primi effetti occupazionali: quasi tutti i produttori italiani di pannelli fotovoltaici stanno mandando i dipendenti in cassa integrazione”.

Per le imprese di componenti, riunite nel comitato IFI, è un periodo bruttissimo: “Due sono gli effetti che hanno avuto un impatto deleterio: i repentini cambi normativi (cinque in poco più di due anni) e l’aver subito un aggressivo effetto dumping da parte delle aziende cinesi che ha generato il crollo dei prezzi degli impianti, azzerando di fatto le marginalità industriali. Il meccanismo dei registri sopra i 12 kW, uniti all’incertezza degli investitori e a un drastico calo degli incentivi, ha congelato il mercato. Con il Quinto Conto Energia, le aziende, già vessate pesantemente, hanno visto solo inasprirsi lo stato di crisi in cui versavano prima”, spiega il presidente Alessandro Cremonesi.

Un quadro a cui si è aggiunta, il 31 dicembre, l’extra-proroga del GSE per le aziende che devono ancora uniformarsi alle prescrizioni per lo smaltimento dei moduli fotovoltaici. Mentre “ci sono state aziende che hanno lavorato seriamente insieme a uno tra i principali consorzi di smaltimento RAEE nazionali, il COBAT, con dispendio di ingenti risorse umane e capitali per farsi trovare preparate all’appuntamento”, “il senso di questa proroga ha dato l’impressione di una ‘sanatoria’ generale a vantaggio di altri operatori non ancora pronti ad assolvere tutti i requisiti imposti, cioè di Consorzi per lo più stranieri dietro ai quali si posizionano grandi industrie e importatori stranieri, principalmente cinesi”, continua Cremonesi.

L’intero settore del fotovoltaico è al limite. Alcuni casi concreti forse parlano più di molti numeri. Dopo un anno nero, in cui il settore Energia di Siemens Italia ha perso il 14,8% (in buona parte a causa del Quinto Conto Energia) il gruppo ha deciso di “ritirarsi” dal mercato del solare (non solo fotovoltaico, ma anche termico e termodinamico). E ancora a causa del decreto di fine agosto, sono fuggiti dal nostro paese diversi investitori stranieri, dai francesi di EDF - che a ottobre si sono ritirati dalla joint ventureitaliana per il fotovoltaico, creata solamente due anni prima - agli stessi cinesi. “Avevamo un partner cinese, produttore di moduli fotovoltaici, che aveva disposto un investimento di 300 milioni di euro in Europa, di cui 100 destinati all'Italia , con una pipeline di progetti già avviata. A febbraio 2012 cominciano i primi rumors sul Quinto Conto Energia e da quel giorno si apre l'incertezza normativa - diventata poi certezza col decreto a tutti noto e i suoi limiti. Fatto sta che questi 100 milioni di euro sono oggi in altri Paesi, tra cui la Romania e l'Italia è stata marchiata, anche da altri investitori stranieri, con un rating ‘rosso’, come paese dove non investire più”, racconta Bagnacani.
Alla base di una situazione così drammatica c’è anche una debolezza delle stesse associazioni di settore, che nella maggior parte dei casi non riescono a incidere in modo significativo sull’operato del Governo. “Oggi la rappresentatività è divisa in mille rivoli. Risorse disperse che non permettono di fare studi o pagare la comunicazione. Ognuno vuole tenersi la sua poltrona, che dà visibilità e prestigio, ma questo va a scapito della possibilità di fare azioni incisive. Le aziende dovrebbero far pressione sui vertici perché facciano qualcosa per il settore e non si limitino a tenersi la carica”, sottolinea Sapienza che, spinto da queste considerazioni, a dicembre ha lasciato Assosolare, di cui era membro del direttivo, e si sta dedicando ora a rafforzare SOS Rinnovabili.

“Oltre a questioni di budget ridotti, c’è anche una questione di rappresentatività: quando non sei abbastanza forte e credibile, hai paura a prendere posizioni nette”. Che invece, in certi casi, “dovendo competere con le lobby del carbone, molto potenti”, sarebbero state necessarie: “Probabilmente si sarebbero potute evitare misure così penalizzanti”. L’ultimo segnale di nervosismo è arrivato a fine novembre, quando la stessa Assosolare ha deciso di uscire da Confindustria Energia, “dicendo no – rivela Sapienza – alla prospettiva di una fusione in un’unica associazione con GIFI e ANIE, prospettata da quest’ultima”.

Un settore messo completamente in ginocchio, proprio nel momento in cui la grid parity cominciava ad apparire a portata di mano. “Non è un caso”, fanno notare gli operatori. “Le lobby delle fonti fossili – aggiunge Sapienza – si rendono conto che la grid parity rappresenterebbe la loro morte economica. La tecnologia di cui hanno più paura è proprio il fotovoltaico, mentre altri rami del solare fanno meno paura, perché sono più deboli. Così si toglie a chi può far male e si dà a chi appare più inoffensivo”.

mercoledì 5 settembre 2012

Quinto Conto Energia

Quinto Conto Energia, Comitato IFI: durerà meno di un anno.

(Fonte:GreenStyle.it-Peppe Croce)
Il fotovoltaico italiano non è ancora in grid parity e non può camminare sulle sue gambe, senza incentivi statali. Alessandro Cremonesi, presidente del Comitato IFI lo ha detto oggi all’inaugurazione di ZeroEmission Rome, aggiungendo che il Quinto Conto Energia non durerà più di un anno, invece dei cinque semestri previsti dal decreto. La preoccupazione di Cremonesi, a questo punto, è che le industrie fotovoltaiche italiane vengano lasciate sole ad un passo dal traguardo:
Dal momento che il settore non si trova in una condizione di grid parity e non riuscirà a raggiungere la piena autonomia economico-produttiva nel periodo di un anno, c’è il rischio reale che tutto il settore si fermi una volta raggiunti i 6,7 miliardi di euro di spesa annui. In questi mesi lavoreremo per ricevere garanzie da tutti gli schieramenti politici candidati a formare il prossimo governo di intervenire in maniera costruttiva e stabile per protrarre il programma di incentivi fino al reale raggiungimento della grid parity.

Si teme, infatti, che una volta finiti gli incentivi il mercato si blocchi del tutto e che le aziende siano costrette a mandare a casa buona parte dei 120 mila lavoratori attivi nel settore, tra diretto e indotto:

Un settore che nel nostro Paese ha generato nel 2011 un volume d’affari pari ad alcune decine di miliardi di euro e che si è dovuto confrontare con un mercato in condizioni di turbativa, con un quadro normativo instabile e con un sistema creditizio che non ha dato fiducia all’industria e a tutta la filiera.
Uno scenario che ha generato, oltre ad un’oggettiva difficoltà nel garantire continuità d’impresa, anche un arresto negli investimenti in ricerca e innovazione, che invece rappresentano il valore da cui dovrebbe trarre origine il successo del Made in Italy nella produzione di energia solare. Per sostenere nuovamente gli investimenti in innovazione tecnologica proponiamo misure di intervento che prevedano crediti di imposta e l’istituzione di un Fondo di dotazione di capitale con tassi agevolati presso il Ministero dell’Ambiente o dello Sviluppo Economico a disposizione delle aziende che producono ricerca e innovazione.

Cremonesi, quindi, chiede che venga delineato uno scenario post incentivi e pre grid parity, che faccia da ponte tra il momento in cui i sussidi statali finiranno e quello in cui l’energia fotovoltaica avrà un prezzo paragonabile a quella prodotta dalle fonti fossili. Uno scenario che dovrebbe includere anche un bonus fiscale sugli utili delle aziende reinvestiti in impianti fotovoltaici con tecnologia italiana e prevedere una campagna di informazione finalizzata a spiegare agli italiani la reale composizione della loro bolletta elettrica. Spiega ancora Cremonesi:

Si tratta di introdurre un sistema che, tramite la detassazione dell’utile realizzato dai titolari di impianti ammessi ai conti energia precedenti, consenta a tali soggetti di ‘autofinanziare’ la realizzazione di nuovi impianti, impiegando il risparmio d’imposta di cui essi beneficiano nell’ambito della realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici, realizzati con componentistica e tecnologia nazionale.È necessario chiarire a tutti gli utenti che nella bolletta elettrica sono presenti almeno 3 miliardi di euro/anno di oneri impropri inerenti sconti per interruzioni per le imprese energivore, contributi per le energie da fonte fossile, aiuti per i trasporti su rete ferroviaria, dismissioni da centrali nucleari. Voci che dovrebbero essere trasferite in un capitolo di bilancio separato.