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lunedì 3 settembre 2012

Il rischio dellla legge "libera-trivelle" .

L'illusorio petrolio di Passera in un libro edito da Altraeconomia.

(Fonte: Qualenergia.it)
 Gli idrocarburi sembrano essere al centro del venturo Piano nazionale per l'Energia del governo Monti, anche se l'economia delle fonti fossili ha i giorni contati. C'è il rischio che si rispolveri la legge "libera-trivelle" in un Paese che, grazie a royalties e compensazioni minime, è già ora "un paradiso per petrolieri", spiega un libro di Altreconomia sul tema.
È atteso entro la fine del 2012 il Piano nazionale per l'Energia, serie di misure per il settore energetico italiano che si appresta a varare il governo Monti, definite "urgenti" e fortemente volute dal ministro allo Sviluppo economico Corrado Passera, oltre che orgogliosamente sponsorizzate dalla lobby petrolifera. Un disegno di legge ben preciso che, al fine di garantire l’innalzamento della produzione petrolifera italiana fino al 20% del fabbisogno nazionale, l’aumento del Prodotto interno lordo di mezzo punto e la riduzione di 6 miliardi della bolletta energetica, necessita della realizzazione di imponenti opere infrastrutturali come rigassificatori, gasdotti nazionali ed internazionali, centrali e megastoccaggi, fino ad arrivare a nuove trivellazioni alla ricerca di greggio, gas e gas non convenzionale (shale gas).
Obiettivi per cui andrebbe snellita la normativa vigente sulle autorizzazioni e abolito ogni vincolo e limite per la prospezione, la ricerca e coltivazione di idrocarburi nel sottofondo marino. Perché le attuali norme di tutela dell’ambiente -tra cui quelle che fissano a 12 miglia dalle coste il limite entro il quale non è possibile effettuare trivellazioni in mare- rappresentano un vincolo troppo rigoroso. Ecco quindi il rischio che venga rispolverata la legge "libera-trivelle", ipotesi che Altreconomia ha già anticipato nel libro-inchiesta di Pietro Dommarco "Trivelle d’Italia. Perché il nostro Paese è un paradiso per petrolieri" e nell'articolo "Il greggio italiano è un'illusione", pubblicato sul mensile ad aprile scorso.

Le mani dei petrolieri in Italia sono infatti libere di perforare la terra e i fondali marini -spiega Dommarco-, con royalties minime (cedendo cioè agli enti locali solo il 4% dei ricavati per le estrazioni in mare e il 10% per quelle sulla terraferma) e con l’avallo di leggi "tolleranti", che producono pochi vantaggi per il territorio e infiniti lutti per i lavoratori (preoccupante l'aumento di patologie tumorali: basti pensare, ad esempio, che nella zona di Priolo, in Sicilia, il 35% dei decessi avviene per tumore) e per l’ambiente.

Al 31 dicembre 2011 la produzione di greggio in Italia si è attestata su 5.283.866 tonnellate, quasi 40 milioni di barili. L’84% della produzione nazionale proviene dalla terraferma, il 16% dal mare. Il libro raccoglie oltre ai numeri anche le storie dei tanti "Texas italiani": dalla Val d’Agri in Basilicata a Sannazzaro de’ Burgondi in Pianura Padana, da Gela e Priolo in Sicilia a Porto Torres in Sardegna e Porto Marghera in Veneto. La regione più sfruttata è la Basilicata, seguita dalla Sicilia.
Tra i Paesi europei, invece, l'Italia è al quarto posto per produzione petrolifera. Considerando, poi, le "percentuali di compensazione ambientale" del nostro Paese a livello mondiale, sono tra le più basse al mondo: per questo oggi sono centinaia le concessioni e più di 1.000 i pozzi produttivi in Italia, tra terraferma e mare. Numeri che potrebbero aumentare se calcolassimo (e sfruttassimo) le riserve, tra le prime a livello europeo per potenzialità. Scenario, questo, in linea con la visione del ministro Passera, che già a fine marzo ha aperto le porte allo sfruttamento di "risorse italiane, giacimenti di gas e petrolio non ancora sviluppati".
La prefazione di "Trivelle d'Italia" è curata dal geologo e primo ricercatore del Cnr Mario Tozzi, che spiega perché l’economia fossile ha i giorni contati. Nel libro anche un’intervista alla professoressa Maria Rita D’Orsogna e un indentikit delle principali multinazionali petrolifere che lavorano in Italia."Trivelle d’Italia. Perché il nostro Paese è un paradiso per petrolieri", di Pietro Dommarco, scrittore e giornalista freelance, specializzato in tematiche ambientali. Collabora con il mensile Altreconomia.

giovedì 12 aprile 2012

Quinto conto energia fotovoltaico, le prime reazioni

FONTE (portale Qualenergia.it)

Dopo una lunga attesa il nuovo conto energia fotovoltaico, che in queste ultime settimane ha fatto perdere il sonno a diversi operatori, è arrivato. Il testo definitivo del decreto ancora non è stato diffuso, ma se ne conoscono gli elementi principali. Le prime reazioni dalla politica e dalle associazioni, quest'ultime mai coinvolte dai ministeri.

Dopo una estenuante attesa il nuovo conto energia per il fotovoltaico, che in queste ultime settimane ha fatto perdere il sonno a diversi operatori, è arrivato. Il testo definitivo del decreto ancora non è stato diffuso, ma ieri nel tardo pomeriggio gli elementi principali sono stati resi noti.
Il nuovo regime incentivante, ricordiamo, entrerà in vigore il mese successivo al superamento della soglia dei 6 miliardi e comunque dopo il 1° luglio. Distribuirà incentivi per meno di 500 milioni/anno, e vede la grossa novità dell'obbligo di iscrizione a un registro anche per impianti decisamente piccoli: solo quelli sotto i 12 kW ne saranno esentati (rispetto alle bozze precedenti, che parlavano prima di una soglia di 3 kW e poi di 6 KW, l'asticella è stata alzata).
I nuovi incentivi saranno basati sulla tariffa omnicomprensiva con una particolare remunerazione per l'autoconsumo (fine anticipata, quindi, dello scambio sul posto). Le riduzioni (indicative) saranno abbastanza marcate: se con il quarto conto energia un impianto da 3 kW su tetto permetteva una remunerazione di circa 352 €/MWh con il quinto ne avrà 237; per un impianto da 200 kW su edificio la remunerazione scenderà da 313 a 199 euro/MWh e per 1 MW a terra passerà da 236 a 161.

Questa mattina, intervistato da Repubblica TV, il ministro dell'Ambiente Corrado Clini ha rassicurato sull'impatto che i nuovi incentivi avranno sul settore: "La tenuta del settore industriale è una delle preoccupazioni più importanti dello schema di incentivi che abbiamo messo a punto. La preoccupazione principale che abbiamo è quella di sostenere, attraverso gli incentivi e le fonti rinnovabili, una filiera produttiva che nel nostro Paese è molto importante. Voglio ricordare a chi ha tentato di bloccare i meccanismi incentivanti che l'occupazione che si è creata in questo settore è più importante di quella in settori industriali tradizionali, che sono anche quelli che hanno rappresentato, in parte, un ostacolo allo sviluppo delle rinnovabili nel nostro Paese", ha sottolineato il ministro, aprendo anche a possibili modifiche in fasi successive: “ora verrà esaminato dalla Conferenza Unificata, per cui avremo ancora una fase di valutazione e lavoro comune".

In tanti però sono preoccupati per i possibili effetti del nuovo conto energia:"Da quanto si apprende dai lanci di agenzie di stampa e ancora in assenza di un testo ufficiale del Decreto Interministeriale sul V Conto Energia, sembra ci siano tutti gli ingredienti per cancellare l’industria nazionale fotovoltaica dal panorama economico, produttivo e occupazionale del Paese”, queste le prime affermazioni di Alessandro Cremonesi, presidente del Comitato IFI (Industria Fotovoltaicia Italiana), sulle informazioni circolate in serata. “Senza l’inserimento di un Premio Made in Europe l’industria nazionale ed europea ha il destino segnato”.

Da altri fronti, ad attirare dure critiche più che l'entità dei tagli è l'introduzione del registro per impianti anche molto piccoli, che rischia di portare a un blocco di ogni tipo di investimento. Secondo Francesco Ferrante, responsabile delle politiche sui cambiamenti climatici ed energia del Pd, e Roberto Della Seta, capogruppo in Commissione Ambiente "se già le aste previste dal decreto Romani per i grandi impianti erano di difficile praticabilità, adesso l'introduzione di registri per impianti relativamente piccoli (da 12 KW per il fotovoltaico e da 50 KW per gli altri) rischia di vanificare tutto l'impianto e renda impossibile il raggiungimento degli stessi obiettivi che si dichiarano in premessa (32-35% di rinnovabili sull'elettricità, ndr). Sembra che la preoccupazione, peraltro condivisa, di tenere sotto controllo la quantità totale degli incentivi che pesano in bolletta abbia prevalso sulla costruzione di un sistema semplice, efficace ed efficiente."

"Abbiamo proposte concrete - concludono i senatori democratici - a partire da un ddl che abbiamo già presentato (vedi Qualenergia.it, ndr) e che farebbe risparmiare a cittadini e imprese 4 miliardi di oneri impropri che pesano attualmente in bolletta elettrica, e basterebbe copiare sistemi che funzionano, come quello tedesco per sostenere il settore più vivace della green economy e forse dell'intero sistema economico e d'altra parte evitare speculazioni ed extra profitti. Confidiamo che le Regioni sappiano correggere almeno gli aspetti più evidentemente sbagliati dei decreti, e il nostro Partito farà pesare la sua forza a questo fine".

Forti critiche poi arrivano per il metodo usato dal Governo nel preparare le misure, che ha visto un coinvolgimento quasi nullo delle associazioni di settore. "In nessun altro campo, e sicuramente in nessun altro Paese europeo, provvedimenti così importanti si prendono senza farli precedere da consultazioni formali con i rappresentanti di settore, procedura che eviterebbe per esempio che i provvedimenti scontino eccessi di "teorizzazioni professorali" che non tengono conto della realtà, quali per esempio l'introduzione di registri per impianti di potenza molto ridotta, e il fatto che un settore industriale così delicato sia sottoposto a continui cambiamenti di regole e che si proceda per annunci", denunciano i due Ecodem.

La stessa critica che fa Massimo Sapienza, presidente di Asso Energie Future. "Aspettiamo di vedere il decreto prima di dare un giudizio nel merito. Ma il metodo è evidentemente sbagliato: si tratta di un decreto fatto 'in solitaria' senza mai condividere il testo con le associazioni delle rinnovabili che l'hanno ripetutamente richiesto. Un sistema che non può funzionare. L'unico operatore che sembra essere coinvolto nel processo decisionale, secondo notizie stampa non smentite, sarebbe Enel, dai cui computer risulterebbero essere transitate alcune delle bozze in circolazione finora".

Peraltro va chiarito, visto che eravamo presenti alla conferenza stampa al Ministero dello Sviluppo Economico, che il Ministro Passera e il caposegreteria Energia, Leonardo Senni, continuavano a giustificare dati e decisioni prese con i due decreti sulle rinnovabili elettriche alla luce di molteplici colloqui avuti con gli operatori del settore. Siamo certi che alcuni operatori (di sicuro l'Enel) siano stati invitati dal ministro e dai suoi più stretti collaboratori, ma siamo anche consapevoli che nessun documento o valutazione informale o formale è stata mai inviata alle associazioni di categoria che rappresentano la pluralità delle imprese del settore.

sabato 3 marzo 2012

Modificato l’art. 65 del decreto liberalizzazioni

FONTE: (Greenbiz, autore Anna Tita Gallo)
Alla fine sul famigerato art. 65 del decreto liberalizzazioni il governo ha fatto un passo indietro. L’articolo che di fatto bloccava gli incentivi al fotovoltaico su suolo agricolo è stato infatti rivisto e i suoi effetti retroattivi cancellati.
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Un mesetto fa gli operatori del settori avevano preso un bello spavento, visto che l’art. 65, nella versione di allora, conteneva effetti davvero penalizzanti per tutti coloro che avevano investito in impianti fotovoltaici posti su terreni agricoli, nella speranza di beneficiare del Quarto Conto Energia. Non solo. Il decreto legislativo del 3 marzo 2011 concedeva loro un anno perché quegli impianti entrassero in esercizio, a patto che l’iter autorizzativo fosse già stato avviato. Il limite del decreto Romani era quello di 1 MWp, a cui si aggiungeva quello del 10% di utilizzo del suolo agricolo in questione.
Poi è arrivato appunto l’art. 65, che in pratica cancellava tutto questo e imponeva uno stop agli incentivi per tutti gli impianti non entrati in esercizio entro il 24 gennaio scorso. Inoltre, lo stesso articolo equiparava le serre fotovoltaiche agli edifici tradizionali, in un comma che è stato completamente eliminato.

La nuova versione dell’art. 65 è decisamente migliore per gli operatori del settore e per le associazioni che nell’ultimo mese sono state sul piede di guerra. Ogni effetto retroattivo è stato eliminato e l’unica condizione è che gli impianti entrino in esercizio entro 60 giorni dalla data in cui entra in vigore la legge di conversione del decreto liberalizzazioni. Nel dettaglio, l’articolo blocca gli incentivi per gli impianti collocati in aree agricole, ma non sarà riferito "agli impianti realizzati e da realizzare su terreni nella disponibilità del demanio militare e agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra da installare in aree classificate agricole alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, a condizione in ogni caso che l'impianto entri in esercizio entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto".
Chi bisogna ringraziare? Di sicuro un grazie lo merita la commissione Industria del Senato, che ha valutato e modificato il decreto prima che arrivasse in Senato. Il testo passerà la prossima settimana alla Camera e sarà licenziarlo entro il 24 marzo.


domenica 29 gennaio 2012

Incentivi fotovoltaico: ecco cosa cambia con il Dl liberalizzazioni

FONTE: (Greenme.it - Simona Falasca)

DL liberalizzazioni, cosa cambia per il fotovoltaico e in particolare sul fronte degli incentivi? Il decreto sulle liberalizzazioni, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, fa infuriare davvero tutti, anche coloro che operano (e credono) nel settore dell’ambiente e delle rinnovabili. Così, nel giro di pochi giorni, abbiamo assistito al tentativo di vanificare la pubblicizzazione dell’acqua e di liberalizzare le perforazioni del suolo e dei fondali marini, iniziative stoppate grazie all’immediata reazione dell’opinione pubblica e dei movimenti. “Senza se e senza ma”, il decreto risolve però, a suo modo, la questione del deposito delle scorie nucleari e quella del sistema di sostegno del settore fotovoltaico, modificando, in un’operazione “segreta” e notturna, le norme contenute nel Decreto Legislativo n° 28 del 3 marzo 2011, il cosiddetto Decreto Rinnovabili. 
 
Il nuovo provvedimento cambia, infatti, quanto previsto dal decreto rinnovabili, bloccando l’accesso agli incentivi per chi installa impianti fotovoltaici a terra in aree agricole. Ma le associazioni non ci stanno. Ad insorgere contro il testo Anie/Gifi, Aper, Assosolare e Asso Energie Future, che denunciano come l’art. 65 sia stato modificato nella notte tra il 24 e il 25 gennaio, “con gravi effetti per numerosi operatori che hanno investimenti in corso”. Insomma, il testo presentato alla stampa il 24 era diverso da quello andato in Gazzetta Ufficiale il giorno dopo. Così, nel famoso articolo 65 è stato introdotto un comma che cancella un altro comma, cioè il comma 6 dell’articolo 10 del decreto sulle rinnovabili. Si tratta, quindi, di “disposizioni retroattive che ledono gravemente i diritti dei produttori fotovoltaici che in buona fede hanno iniziato a realizzare nuovi impianti secondo la normativa vigente, da soli 10 mesi (D.Lgs. 28/11)”, spiegano le associazioni del settore.
Il problema, per le associazioni, è che l’abrogazione di questa norma transitoria getta nel panico i produttori i quali, avendo già sostenuto tutti i costi per la realizzazione degli impianti, a meno di due mesi dalla scadenza dell’anno di tempo concesso dal DLgs 3 marzo 2011 n.28, non sanno ora se mai potranno ricevere un incentivo per gli impianti prossimi a entrare in esercizio. Ecco perché chiedono “con forza il rapido e autorevole intervento del Parlamento affinché in sede di conversione del decreto venga stralciata definitivamente la nuova norma anti-fotovoltaico”.
Il Ministro dell’ambiente Corrado Clini, intanto, ha confermato, nel corso di un'audizione alla Camera dei Deputati, che i sussidi statali per gli impianti fotovoltaici saranno erogati fino al raggiungimento della parità di costo tra l'energia solare e le fonti fossili, la cosiddetta grid parity. Secondo Clini, però, sarebbero troppo alti e generosi, soprattutto per quanto riguarda gli impianti di grandi dimensioni. Grazie alle tariffe incentivanti, ha sottolineato il ministro, il fotovoltaico garantisce un rendimento intorno al 20%, “non sano”. Il quadro esistente, ha proseguito Clini, indica l'esistenza di “qualcosa di disturbato nel meccanismo incentivante, e per questo il Consiglio dei Ministri ha accolto la proposta del ministro dell'Agricoltura di uno stop all'utilizzo di terreni agricoli per la generazione di elettricità”. Ma l'importanza del fotovoltaico non sarebbe comunque in discussione. Resta però un dato di fatto: questo settore avrebbe bisogno di stabilità e certezza normativa per poter continuare a erogare energia pulita e indipendenza dalle fonti fossili. Invece, tanto per cambiare, il decreto sulle liberalizzazioni sembra aver generato solo grande confusione.

Ecco l’articolo incriminato:

Art. 65 Impianti fotovoltaici in ambito agricolo

1. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per gli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole, non e’ consentito l’accesso agli incentivi statali di cui al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.

2. Il comma 1 non si applica agli impianti solari fotovoltaici con moduli collocati a terra in aree agricole che hanno conseguito il titolo abilitativo entro la data di entrata in vigore del presente decreto o per i quali sia stata presentata richiesta per il conseguimento del titolo entro la medesima data, a condizione in ogni caso che l’impianto entri in esercizio entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Detti impianti debbono comunque rispettare le condizioni di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 10 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28.

3. Agli impianti i cui moduli costituiscono elementi costruttivi di serre così come definite dall’articolo 20, comma 5 del decreto ministeriale 6 agosto 2010, si applica la tariffa prevista per gli impianti fotovoltaici realizzati su edifici. Al fine di garantire la coltivazione sottostante, le serre – a seguito dell’intervento – devono presentare un rapporto tra la proiezione al suolo della superficie totale dei moduli fotovoltaici installati sulla serra e la superficie totale della copertura della serra stessa non superiore al 50%.

4. I commi 4, 5 e 6 dell’articolo 10 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 sono abrogati, fatto salvo quanto disposto dall’ultimo periodo del comma 2.