Ecomafie, Legambiente: oltre 34 mila reati ambientali nel 2012
(Fonte:ZeroEmission.it)
Legambiente presenta "Ecomafia 2013, nomi e numeri dell’illegalità ambientale": nel 2012, 28.000 persone denunciate, 8.300 sequestri effettuati e quadruplicati i comuni sciolti per infiltrazioni mafiose (da 6 a 25)
Ecomafie, un'economia che non conosce crisi né recessione: 34.120 reati, 28.132 persone denunciate, 161 ordinanze di custodia cautelare, 8.286 sequestri, per un giro di affari di 16,7 miliardi di euro gestito da 302 clan, 6 in più rispetto a quelli censiti lo scorso anno. Questi sono, purtroppo, soltanto alcuni dei numeri degli illeciti ambientali accertati lo scorso anno e presentati nella ricerca "Ecomafie 2013" presentata oggi da Legambiente. Il 45,7% dei reati è concentrato nelle quattro regioni a tradizionale presenza mafiosa (Campania, Sicilia, Calabria e Puglia) seguite dal Lazio, con un numero di reati in crescita rispetto al 2011 (+13,2%) e dalla Toscana, che sale al sesto posto, con 2.524 illeciti (+15,4%). Prima regione del Nord Italia, la Liguria (1.597 reati, +9,1% sul 2011). Da segnalare per l’incremento degli illeciti accertati anche il Veneto, con un +18,9%, e l’Umbria, passata dal sedicesimo posto del 2011 all’undicesimo del 2012. È la Campania a guidare anche quest’anno la classifica dell’illegalità ambientale nel nostro paese, con 4.777 infrazioni accertate (nonostante la riduzione rispetto al 2011 del 10,3%), 3.394 persone denunciate e 34 arresti. E il discorso vale sia per il ciclo illegale del cemento sia per quello dei rifiuti.
Nel ciclo del cemento bisogna segnalare il secondo posto della Puglia, che per numero di persone denunciate risulta essere la prima regione d’Italia; la leadership tra le regioni del Nord della Lombardia; la crescita esponenziale degli illeciti accertati in Trentino Alto Adige, quasi triplicati in un anno; il balzo in avanti della Basilicata, che con 227 illeciti arriva al decimo posto (nel 2011 era quindicesima). Nel ciclo dei rifiuti spiccano l’incremento dei reati registrato in Puglia (+24%), al terzo posto dopo Campania e Calabria, e il quinto posto raggiunto dalla Sardegna. Anche in questa filiera illegale la provincia di Napoli è al primo posto in Italia, seguita da Vibo Valentia, dove si registra un + 120% di reati accertati rispetto al 2011.
“Quella delle Ecomafie – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Che continua a costruire case abusive quasi allo stesso ritmo di sempre mentre il mercato immobiliare legale tracolla. Con imprese illegali che vedono crescere fatturati ed export, quando quelle che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti. Un’economia che si regge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e veri boss, e che opera attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l’evasione fiscale e il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti. Semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi. Le pene per i reati ambientali, infatti, continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale e l’abbattimento degli edifici continua ad essere una eventualità remota. Anzi, agli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è anche aggiunta la sciagurata idea di sottrarre alle procure il potere di demolire le costruzioni abusive”.
Ma la criminalità ambientale, oltre a coltivare i soliti interessi, sa anche cogliere tutte le nuove opportunità offerte dall’economia: l’Ufficio centrale antifrode dell’Agenzia delle dogane segnala che i quantitativi di materiali sequestrati nei nostri porti nel corso del 2012 sono raddoppiati rispetto al 2011, passando da 7.000 a circa 14.000 tonnellate grazie soprattutto ai cosiddetti cascami, cioè materiali che dovrebbero essere destinati ad alimentare l’economia legale del riciclo, che invece finiscono in Corea del Sud (è il caso dei cascami di gomma), Cina e Hong Kong (cascami e avanzi di materie plastiche, destinati al riciclo o alla combustione), Indonesia e di nuovo Cina per carta e cartone, Turchia e India, per quelli di metalli, in particolare ferro e acciaio.
A completare il quadro, Ecomafia 2013 descrive anche l’attacco al made in Italy: nel 2012 (grazie al lavoro svolto dal Comando Carabinieri per la tutela della salute, dal Comando Carabinieri politiche agricole, dal Corpo forestale dello stato, dalla Guardia di finanza e dalle Capitanerie di porto) sono state accertati lungo le filiere agroalimentari ben 4.173 reati penali, più di 11 al giorno, con 2.901 denunce, 42 arresti e un valore di beni finiti sotto sequestro pari a oltre 78 milioni e 467.000 euro (e sanzioni penali e amministrative pari a più di 42,5 milioni di euro). Se si aggiungono anche il valore delle strutture sequestrate, dei conti correnti e dei contributi illeciti percepiti il valore supera i 672 milioni di euro. Il controllo delle mafie nasce dalle campagne, passa attraverso il trasporto e il controllo dei mercati ortofrutticoli all’ingrosso, e arriva alla grande distribuzione organizzata. La scalata mafiosa spesso approda poi nella ristorazione, dove gli ingenti guadagni accumulati consentono ai clan di acquisire ristoranti, alberghi, pizzerie, bar, che anche in questo caso diventano posti ideali dove “lavare” denaro e continuare a fare affari.
Nel ciclo del cemento bisogna segnalare il secondo posto della Puglia, che per numero di persone denunciate risulta essere la prima regione d’Italia; la leadership tra le regioni del Nord della Lombardia; la crescita esponenziale degli illeciti accertati in Trentino Alto Adige, quasi triplicati in un anno; il balzo in avanti della Basilicata, che con 227 illeciti arriva al decimo posto (nel 2011 era quindicesima). Nel ciclo dei rifiuti spiccano l’incremento dei reati registrato in Puglia (+24%), al terzo posto dopo Campania e Calabria, e il quinto posto raggiunto dalla Sardegna. Anche in questa filiera illegale la provincia di Napoli è al primo posto in Italia, seguita da Vibo Valentia, dove si registra un + 120% di reati accertati rispetto al 2011.
“Quella delle Ecomafie – ha dichiarato il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - è l’unica economia che continua a proliferare anche in un contesto di crisi generale. Che continua a costruire case abusive quasi allo stesso ritmo di sempre mentre il mercato immobiliare legale tracolla. Con imprese illegali che vedono crescere fatturati ed export, quando quelle che rispettano le leggi sono costrette a chiudere i battenti. Un’economia che si regge sull’intreccio tra imprenditori senza scrupoli, politici conniventi, funzionari pubblici infedeli, professionisti senza etica e veri boss, e che opera attraverso il dumping ambientale, la falsificazione di fatture e bilanci, l’evasione fiscale e il riciclaggio, la corruzione, il voto di scambio e la spartizione degli appalti. Semplicemente perché conviene e, tutto sommato, si corrono pochi rischi. Le pene per i reati ambientali, infatti, continuano ad essere quasi esclusivamente di tipo contravvenzionale e l’abbattimento degli edifici continua ad essere una eventualità remota. Anzi, agli ultimi 18 tentativi di riaprire i termini del condono edilizio si è anche aggiunta la sciagurata idea di sottrarre alle procure il potere di demolire le costruzioni abusive”.
Ma la criminalità ambientale, oltre a coltivare i soliti interessi, sa anche cogliere tutte le nuove opportunità offerte dall’economia: l’Ufficio centrale antifrode dell’Agenzia delle dogane segnala che i quantitativi di materiali sequestrati nei nostri porti nel corso del 2012 sono raddoppiati rispetto al 2011, passando da 7.000 a circa 14.000 tonnellate grazie soprattutto ai cosiddetti cascami, cioè materiali che dovrebbero essere destinati ad alimentare l’economia legale del riciclo, che invece finiscono in Corea del Sud (è il caso dei cascami di gomma), Cina e Hong Kong (cascami e avanzi di materie plastiche, destinati al riciclo o alla combustione), Indonesia e di nuovo Cina per carta e cartone, Turchia e India, per quelli di metalli, in particolare ferro e acciaio.
A completare il quadro, Ecomafia 2013 descrive anche l’attacco al made in Italy: nel 2012 (grazie al lavoro svolto dal Comando Carabinieri per la tutela della salute, dal Comando Carabinieri politiche agricole, dal Corpo forestale dello stato, dalla Guardia di finanza e dalle Capitanerie di porto) sono state accertati lungo le filiere agroalimentari ben 4.173 reati penali, più di 11 al giorno, con 2.901 denunce, 42 arresti e un valore di beni finiti sotto sequestro pari a oltre 78 milioni e 467.000 euro (e sanzioni penali e amministrative pari a più di 42,5 milioni di euro). Se si aggiungono anche il valore delle strutture sequestrate, dei conti correnti e dei contributi illeciti percepiti il valore supera i 672 milioni di euro. Il controllo delle mafie nasce dalle campagne, passa attraverso il trasporto e il controllo dei mercati ortofrutticoli all’ingrosso, e arriva alla grande distribuzione organizzata. La scalata mafiosa spesso approda poi nella ristorazione, dove gli ingenti guadagni accumulati consentono ai clan di acquisire ristoranti, alberghi, pizzerie, bar, che anche in questo caso diventano posti ideali dove “lavare” denaro e continuare a fare affari.
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