Catturare il 100% della luce grazie ai “puntini”
(Fonte:Rinnovabili.it)
Nuovo traguardo tagliato nel campo della nanotecnologia dagli scienziati della Stanford University. Un team d’ingegneri chimici dell’ateneo americano è riuscito a mettere a punto il più piccolo, ma al tempo stesso il più efficiente, assorbitore di luce visibile mai creato al mondo. La sua nano-struttura, migliaia di volte più sottile di un foglio di carta, potrebbe costituire la porta d’accesso a celle fotovoltaiche più economiche e al contempo con prestazioni migliori di quelle attuali. “Il raggiungimento di un assorbimento totale della luce visibile con una minima quantità di materiale è un obiettivo auspicabile per molte applicazioni, tra cui la conversione di energia solare in combustibile e ed elettricità”, spiega Stacey Bent, professore di ingegneria chimica alla Stanford e membro del team di ricerca. ”I nostri risultati dimostrano come sia possibile per un sottilissimo strato di materiale di assorbire quasi il 100 percento della luce incidente per una lunghezza d’onda specifica”.
La sfida per i ricercatori è stata quella di ridurre lo spessore della cella senza compromettere la sua capacità di catturare e convertire la luce solare in energia. Per riuscire nell’impresa il team ha sfruttato “nano punti” (o “nanodots”) di oro, sintonizzati per assorbire una certa lunghezza d’onda della luce: quella dei 600 nm, corrispondente a onde luminose di colore rosso-arancio. “Proprio come una corda di chitarra, che ha una frequenza di risonanza che cambia quando la si accorda, anche le particelle di metallo possono essere modulate per assorbire una particolare lunghezza d’onda della luce”, afferma Bent. “Abbiamo sintonizzato le proprietà ottiche del nostro sistema per massimizzare l’assorbimento della luce”.
Il lavoro di ricerca ha portato alla produzione di un wafer contenente circa 520 miliardi di nanopunti ogni 6,4 cm quadrati, a cui è stato aggiunto un rivestimento a film sottile sulla parte superiore utilizzando un processo chiamato deposizione di strati atomici. “Si tratta di una tecnica molto interessante, perché è possibile rivestire le particelle uniformemente e controllare lo spessore del film fino a livello atomico” ha aggiunto Carl Hagglund autore principale dello studio. “Questo ci ha permesso di regolare il sistema semplicemente cambiando lo spessore del rivestimento intorno ai puntini”. I risultati sono stati da record. “I wafer ricoperti hanno assorbito il 99 per cento della luce rosso-arancio”, ha spiegato Hagglund. Il passo successivo per il team di Stanford sarà dimostrare che la tecnologia può essere utilizzata nelle celle solari reali.
La sfida per i ricercatori è stata quella di ridurre lo spessore della cella senza compromettere la sua capacità di catturare e convertire la luce solare in energia. Per riuscire nell’impresa il team ha sfruttato “nano punti” (o “nanodots”) di oro, sintonizzati per assorbire una certa lunghezza d’onda della luce: quella dei 600 nm, corrispondente a onde luminose di colore rosso-arancio. “Proprio come una corda di chitarra, che ha una frequenza di risonanza che cambia quando la si accorda, anche le particelle di metallo possono essere modulate per assorbire una particolare lunghezza d’onda della luce”, afferma Bent. “Abbiamo sintonizzato le proprietà ottiche del nostro sistema per massimizzare l’assorbimento della luce”.
Il lavoro di ricerca ha portato alla produzione di un wafer contenente circa 520 miliardi di nanopunti ogni 6,4 cm quadrati, a cui è stato aggiunto un rivestimento a film sottile sulla parte superiore utilizzando un processo chiamato deposizione di strati atomici. “Si tratta di una tecnica molto interessante, perché è possibile rivestire le particelle uniformemente e controllare lo spessore del film fino a livello atomico” ha aggiunto Carl Hagglund autore principale dello studio. “Questo ci ha permesso di regolare il sistema semplicemente cambiando lo spessore del rivestimento intorno ai puntini”. I risultati sono stati da record. “I wafer ricoperti hanno assorbito il 99 per cento della luce rosso-arancio”, ha spiegato Hagglund. Il passo successivo per il team di Stanford sarà dimostrare che la tecnologia può essere utilizzata nelle celle solari reali.
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