lunedì 11 marzo 2013

Rischio dazi su celle e moduli fotovoltaici cinesi importati in Europa

Rischio dazi su celle e moduli fotovoltaici cinesi importati in Europa

(Fonte:QualEnergia.it-Giulio Meneghello)

 
La settimana a scorsa è stato fatto un altro passo verso la guerra commerciale tra Cina ed Europa sul fotovoltaico. I dazi su celle e moduli cinesi importati in UE non ci sono ancora e potrebbero esser imposti solo a giugno, ma con il Regolamento entrato in vigore da qualche giorno sono un'eventualità più concreta, che peraltro potrebbe colpire in maniera retroattiva. Il mondo del fotovoltaico si sta chiedendo cosa potrà succedere e i produttori cinesi sono inquieti di fronte all'incertezza e c'è già chi parla di un mercato congelato.

Come sappiamo, a seguito delle denunce presentate dall'associazione di produttori di moduli fotovoltaici europei EU ProSun (guidata da Solarworld e rappresentante circa il 25% della produzione UE), la Commissione europea ha aperto due procedimenti "antidumping" e "antisovvenzioni" relativi alle importazioni di moduli in silicio celle e wafer (non di film sottile e altri prodotti come caricatori portatili). In generale si dovrà verificare se il sostegno pubblico cinese all'industria nazionale nelle sue varie forme – dai prestiti agevolati fino ai vari sgravi fiscali – sia determinante nel dare un vantaggio competitivo ai produttori cinesi tale da consentire loro di conquistare il mercato europeo facendo dumping sui prezzi.

L'investigazione potrebbe non concludersi prima di dicembre 2013, ma i primi eventuali dazi cautelativi potrebbero arrivare ai primi giorni del prossimo giugno. Alcuni giorni fa è stato preso un provvedimento che starebbe già condizionando il mercato. Con regolamento Ue n. 182/2013 del 1 marzo 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale Ue del 5 marzo 2013, infatti, la Commissione ha disposto la registrazione delle importazioni di celle, wafer e moduli made in China.

Con decorrenza immediata, per i prossimi nove mesi gli importatori avranno l'obbligo di dichiarare in Dogana se i prodotti sono stati importati dalla Cina o fabbricati prevalentemente lì. Se poi a giugno verranno imposti dei dazi – in tal caso potrebbero essere pari al 60-70% del valore del prodotto - questi saranno dovuti anche a titolo retroattivo, cioè per tutti i prodotti importati (quindi già in dogana) dal 6 marzo 2013 in poi. Tanto il Regolamento Antidumping quanto il Regolamento Antisovvenzioni prevedono espressamente, in presenza di determinati presupposti, la possibilità di applicare retroattivamente – con un limite di 90 giorni - dazi antidumping e dazi compensativi a carico degli importatori.

Si capisce come anche solo la notizia della registrazione obbligatoria - ancor prima dell'imposizione dei dazi che potrebbero arrivare il 3 giugno – stia già provocando effetti sul mercato del FV. L'eventuale applicazione di misure retroattive gravanti sugli importatori, difficilmente ribaltabili sui produttori cinesi, metterebbero infatti in crisi i primi.

Allarmata è infatti AFASE, l’alleanza di industrie contrarie ai dazi: "Nonostante la sola registrazione non significhi che l'Unione europea alla fine imporrà i dazi, essa crea un’incertezza che sta già avendo un significativo effetto negativo sul mercato. Questo intervento sul mercato attraverso la registrazione è ingiustificato, dato che l'imposizione di dazi retroattivi violerebbe il diritto comunitario, in cui si afferma espressamente che i dazi possono essere applicati retroattivamente soltanto qualora le importazioni siano in netta crescita, cosa chiaramente non vera. SolarWorld e coloro che desiderano chiudere il mercato UE possono trarre beneficio dall’incertezza del mercato, ma la stragrande maggioranza dell’industria europea del fotovoltaico, lungo l'intera catena del valore, si oppone a questa misura illogica”.

Opposta la visione di Alessandro Cremonesi, presidente di Comitato IFI, che aderisce all'alleanza protezionista di EU ProSun: “questo provvedimento è un passo importante che potrà garantire serenità ai produttori europei e italiani: è da oltre due anni che la Cina sta attuando pratiche scorrette di dumping nel mercato del fotovoltaico. Abbiamo fiducia che la decisione finale della Commissione Europea abbia un esito positivo e consenta a tutti i produttori di moduli fotovoltaici di operare da subito in un contesto di parità competitiva”.

Staremo a vedere cosa succederà: eventuali dazi del 70% sui prodotti cinesi nel mercato europeo, avrebbero importanti ripercussioni sul mercato del fotovoltaico mondiale. Anche se l'importanza del vecchio continente nel FV è in calo, grazie all'emergere di nuovi mercati, tra cui quello domestico cinese, l'Europa è fino ad ora il principale sbocco dei produttori cinesi, che controllano oltre la metà del mercato mondiale di celle e moduli. Per dare un'idea, nel 2011 la Cina ha esportato verso la UE circa 21 miliardi di dollari di moduli e componenti FV.

Ovvaimente anche in Europa gli effetti potrebbero essere pesanti. Secondo un recente studio di AFASE un dazio punitivo del 60% potrebbe costare fino a 193.700 posti di lavoro in tutta l'UE durante il primo anno, dei quali 22.600 sarebbero persi in Italia. La perdita ammonterebbe fino a 242.000 nel terzo anno in tutta l’Unione Europea. Numeri che EU ProSun contesta: "Lo sviluppo negli USA smentisce già oggi le affermazioni presentate da AFASE e Prognos – spiega il presidente dell'associazione Milan Nitzschke - nessuno degli effetti previsti ha avuto luogo. Da metà dell’anno scorso sono in vigore negli USA dazi dal 30 al 250% sui prodotti solari cinesi. Questi dazi hanno ridotto drasticamente le importazioni dalla Cina di prodotti solari oggetto di dumping. Ciò nonostante il numero degli impianti solari di nuova installazione è addirittura aumentato. I prezzi ai clienti finali negli USA sono invariati se non diminuiti. Per il settore solare è una situazione di win-win: il dumping è finito, l’industria può sopravvivere, i consumatori non hanno bisogno di pagare di più e il mercato americano è in crescita!"

Seguiremo con attenzione l'evolversi della situazione, ma certamente questo modo di procedere della Commissione europea sembra piuttosto discutibile perché rischia di diffondere incertezza negli operatori, un fattore di cui proprio non si sentiva il bisogno.

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