martedì 13 novembre 2012

Che succede se il fotovoltaico sta in piedi senza incentivi?

Che succede se il fotovoltaico sta in piedi senza incentivi?

(Fonte:L'Huffington Post-Giuseppe Artizzu)
 
 
Rosario ha un piccolo supermercato a Ragusa. La bolletta dell'Enel continua a salire, e frigoriferi e aria condizionata sono un salasso. Che può fare, alzare i termostati? Con gli alimenti non si scherza. Sono anni che gli offrono pannelli solari, ma ha sempre esitato... costavano un occhio! Ora i prezzi sono scesi, ma a leggere i giornali il treno è già passato, gli incentivi sono finiti.
Non è così. A Ragusa il sole batte come in Nordafrica, Rosario usa l'elettricità soprattutto di giorno, e più fa caldo più ne usa. La usa anche la domenica, per i frigoriferi. Chiude solo un paio di settimane in agosto, e anche allora tiene i frigoriferi al minimo, non li spegne. I pannelli costano un quarto di quello che costavano tre anni fa, e producono quando l'elettricità a Rosario serve di più: con massimo sette-otto anni di risparmi in bolletta l'investimento rientra, senza incentivi. Poi per vent'anni è tutto guadagno. Rosario non si fida? Chieda al commercialista di fargli i conti.
Di Rosario in Italia ce ne sono decine di migliaia. Certo, il sole di Ragusa non è dappertutto, ma ormai ci siamo vicini anche in altre parti d'Italia: per chi consuma elettricità soprattutto di giorno, il fotovoltaico può stare in piedi senza incentivi. Per le famiglie invece c'è uno schema chiamato "scambio sul posto", che permette di usare la sera l'elettricità prodotta di giorno.

Siamo alle soglie di una rivoluzione? Non proprio: la verità è che il sistema elettrico non è pronto per altre dosi massicce di sole e vento. Le rinnovabili sono come la pioggia: una manna, ma ci vuole una rete di canali e bisogna tenerli puliti. Se invece non si fa nulla, si rischia il disastro. Ci sono interessi forti contro gli investimenti di rete a favore delle rinnovabili. Il timore è che si aspetti che la rete non ce la faccia più, per dire finalmente basta ad eolico e fotovoltaico. Con o senza incentivi.

Le prime vittime delle rinnovabili sono stati gli impianti di generazione a gas, che con il boom del fotovoltaico hanno perso mercato e margini di profitto. Di buono hanno la flessibilità: possono accendersi la mattina, scendere al minimo quando sale il sole, e riaccelerare al tramonto. In quelle ore sono indispensabili, e guadagnerebbero bene. Ma sono troppi, e i conti non tornano per nessuno.

C'è poi chi importa gas in Italia, e si è impegnato a comprarne per decenni dai paesi esportatori. Se gli impianti di generazione a gas lavorano poco, non sa a chi venderlo. E se Rosario invece che un condizionatore monta una pompa di calore, quando d'inverno c'è il sole ci fa anche un po' di riscaldamento, e brucia meno gas in caldaia. Ma se Rosario compra meno elettricità d'estate e meno gas d'inverno, gli importatori il gas dove lo mettono? Se non lo ritirano come pattuito alla frontiera russa o algerina, scattano penali salatissime, che affondano i conti economici.

In prospettiva può andare anche peggio agli impianti a carbone. A differenza di quelli a gas, non sono flessibili: con alcune eccezioni, non possono lavorare a singhiozzo per compensare sole e vento. Generalmente le centrali a carbone hanno costi di esercizio e combustibile bassissimi, ma solo se marciano ad andatura costante, ventiquattr'ore al giorno. Andando a singhiozzo, caldaie e turbine soffrono, e i costi di combustibile e manutenzione schizzano. Se per gli impianti a gas il fotovoltaico è un problema economico, per quelli a carbone è potenzialmente un insormontabile problema tecnico, che rischia di metterli a riposo forzato per molti giorni l'anno.

Moody's, l'agenzia di rating, non l'ha mandata a dire: "quelle che erano considerate società solide hanno visto il loro modello economico sconvolto". Enel, che è quella messa meglio, in tre anni ha visto evaporare più di metà dei profitti nella generazione in Italia. Eni invece perde mezzo miliardo di euro l'anno importando gas. Le rinnovabili non sono l'unica causa del tracollo: la domanda di energia langue, e il petrolio oltre i 100 dollari tiene alto il costo del gas d'importazione.

Ma mentre su economia e mercati globali si può far poco, il successo delle rinnovabili dipende dalla volontà dell'esecutivo e dell'Autorità per l'Energia. Ora, l'Autorità non lo dice apertamente, ma ritiene le rinnovabili intermittenti una calamità, e fosse per lei ci darebbe un taglio. Il Governo invece ha un approccio inerziale, più che ostile: ma il sistema elettrico non può aspettare, servono subito investimenti in reti intelligenti e sistemi di accumulo.

La bassa priorità attribuita a reti intelligenti e sistemi di accumulo è forse il punto più critico nella nascente Strategia Energetica Nazionale.

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