mercoledì 26 settembre 2012

SEN: news seconda bozza

Strategia Energetica Nazionale: seconda bozza, ecco le novità

 
 (Fonte:GreenStyle.it-Peppe Croce)
 
Dopo una prima bozza non ufficiale della Strategia Energetica Nazionale, redatta dal Ministero dello Sviluppo economico retto da Corrado Passera, ora ne arriva un’altra che potrebbe rappresentare la versione definitiva del documento. Lo si intuisce dal fatto che è stata anticipata dall’AGI, una delle maggiori agenzie di stampa italiane.
Secondo le indiscrezioni pubblicate dall’agenzia le direttrici principali della futura politica italiana saranno tre: sviluppo delle estrazioni di petrolio e gas nazionali, trasformazione dell’Italia nell’hub europeo del gas, innalzamento delle rinnovabili elettriche fino al 38% della quota totale di produzione di elettricità.
Riguardo agli idricarburi nazionali, nella bozza si legge che l’Italia possiede riserve per 700 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Se venissero sfruttate tutte si potrebbe andare avanti per cinque anni con i soli idrocarburi nazionali, per 50 continuando ad importarne dall’estero. Dove estrarre questi idrocarburi? Vengono riproposte le cinque zone già citate dalla precedente bozza, sfuggita dalle stanze del Ministero a fine luglio: la val Padana, l’Alto Adriatico, l’Abruzzo, la Basilicata e il Canale di Sicilia.

I più attenti noteranno una differenza tra le due bozze: nella precedente era presente l’”offshore ibleo“, ora sostituito dal più neutro “Canale di Sicilia“. Cade, quindi, il riferimento diretto alla piattaforma Vega B di Edison-ENI attualmente in fase di valutazione ambientale. Restando a questa piattaforma, è degno di nota il fatto che ieri sono scaduti i termini per presentare le osservazioni sui documenti presentati da Edison per ottenere la VIA.
Dopo un’estate di proteste da parte di moltissime autorità politiche siciliane, che hanno aderito in massa all’appello no-triv di Greenpeace (assessori regionali inclusi) alla fine nessuno si è ricordato di mandare al Minambiente neanche un foglietto di carta con scritto “Non sono d’accordo”. In realtà i termini sono elastici, visto che la Commissione Via-Vas è solita aspettare i ritardatari, ma in confronto il sindaco di Pozzallo Luigi Ammatuna, che prima ha aderito all’appello di Greenpeace e poi ha ritirato la firma, fa la figura del signore.

Tornando alle cinque zone di estrazione, nella bozza si legge che potrebbero portare la produzione nazionale di idrocarburi dall’attuale 7% del totale consumato in Italia al 14%. E anche questa è una novità: a quanto pare il ministro Passera, che prima giurava di poter arrivare al 20%, ha letto le carte dell’ENEA che volavano molto più basso, tra il 12% e il 14%.
Anche per arrivare al 12-14%, però, secondo il Ministero bisogna cambiare le leggi esistenti: rimodulare il limite di divieto di trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa e semplificare le procedure autorizzative. Nel primo caso si tratterebbe di una sanatoria della sanatoria, visto che Passera quei limiti li ha già rimodulati in favore dell’industria petrolifera con il recente Decreto Sviluppo. Nel secondo caso si tratterebbe di introdurre una autorizzazione unica per cercare ed estrarre petrolio o gas.
Al momento bisogna avere almeno tre autorizzazioni dal Ministero dell’Ambiente: la prima è per le esplorazioni sismiche, che servono a fare una sorta di fotografia del sottosuolo; la seconda è per fare il pozzo esplorativo e vedere se c’è effettivamente petrolio o gas; la terza è per iniziare la produzione vera e propria. Passera, in pratica, vorrebbe togliere quasi del tutto la gestione delle procedure autorizzative al collega del Minambiente Corrado Clini al quale resterebbe da rilasciare solo una autorizzazione unica iniziale “alla cieca”.
Passando invece all’hub del gas la bozza della SEN descrive uno scenario in cui, con i nuovi gasdotti e i nuovi rigassificatori, il prezzo dell’energia elettrica prodotta dal metano potrebbe scendere di 5,7 euro per MWh. Cioè annullare l’attuale differenza di prezzo con i mercati nord europei, ben serviti dai capienti gasdotti russi e dalla produzione nazionale dei Paesi scandinavi.

In questo caso va notato che non si tratta più del vecchio hub del gas europeo, ormai assolutamente inattuale, ma del meno ambizioso “principale hub sud europeo”. Dovremmo vendere gas, quindi, ai Paesi mediterranei come la Spagna, la Grecia, la Francia e magari Croazia, Bosnia e Serbia. Tutti Stati che hanno già i propri gasdotti o che saranno di passaggio (e di conseguenza già serviti) con i gasdotti attualmente in costruzione o in progetto: il South Stream di ENI-Gazprom (Russia-Bulgaria-Serbia-Slovenia-Austria, con una diramazione meridionale Bulgaria-Grecia-Italia) e l’ITGI di Edison-DEPA (Turchia-Grecia-Italia), giusto per fare due esempi.
Secondo questa visione il gas russo e quello del Caucaso dovrebbero attraversare l’Europa centro-orientale, arrivare in Italia e poi essere venduti di nuovo all’Europa centro-orientale. Non sarà così: ogni Stato di passaggio preleverà una quota prestabilita di gas, non gli venderemo proprio niente. Per ottenere questo risultato, poi, la SEN prevede di cambiare un po’ le carte in tavola con autorizzazioni veloci per i gasdotti e, soprattutto:
Realizzazione delle Infrastrutture Strategiche, realizzabili con garanzia di copertura dei costi di investimento a carico del sistema, per assicurare nel medio periodo sufficiente capacità di import e di stoccaggio, anche per operazioni spot.
Con “a carico del sistema” cosa si intende? Che il pubblico, cioè noi, pagheremo i costi degli investimenti se i privati hanno problemi. Ci troveremo, però, con moltissimo gas in ingresso in Italia. Troppo, anche considerando che l’ultimo pilastro della Strategia Energetica Nazionale di Passera prevede che le rinnovabili diventino, entro il 2020, la prima fonte di produzione di energia elettrica.
Le rinnovabili elettriche supereranno il gas (nessuna nuova centrale termoelettrica che consuma metano, quindi), raggiungendo il 38% dei consumi contro l’attuale 23%. Il dato del 23%, però, è del 2010 e a fine 2012 toccheremo il 27% il che rende la promessa di Passera un po’ meno miracolosa. Ma sempre apprezzabile visto che prevede una riduzione dall’86% al 76% della quota rappresentata dai combustibili fossili nella produzione complessiva di energia, sia elettrica che termica che per i trasporti.


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