Sostenibilità, Italia 27esima: “Piazzamento poco lusinghiero”
(Fonte:ZeroEmission.it)
Secondo uno studio promosso da Sap, nel confronto Pil/competitività sostenibile presente, l’Italia è al 27° posto, su circa 40 Paesi esaminati. “Riconfermate difficoltà delle nostre aziende nell’integrare sostenibilità nei loro modelli di business”
Non ci fa una bella figura l’Italia quando si parla di sostenibilità nelle imprese. Lo conferma il risultato che emerge dallo studio “Tempi insostenibili”, realizzato in collaborazione tra Rga (società di consulenza), Sap (azienda che si occupa della produzione di software) e la rivista Green Business. Secondo la classifica basata sul confronto tra Pil e competitività sostenibile l’Italia si piazza al 27esimo posto su 40 Paesi esaminati. Non è certo un piazzamento onorevole, fa notare Carlo Cici, partner Rga: “Nonostante l’Italia abbia un Pil tra i primi 10 Paesi oggetto di analisi conquista un poco lusinghiero 27esimo posto nel ranking della competitività sostenibile, riconfermando le difficoltà delle nostre aziende nell’integrazione della sostenibilità all’interno dei loro modelli di business”.
Considerando i 17 indicatori su cui si basa l’indice di sostenibilità costruito da Rga, i fattori fortemente critici per la competitività sostenibile del nostro Paese sono in particolare 3: accountability e trasparenza dei consigli di amministrazione, che vedono l’Italia al penultimo posto prima dell’Egitto e al 134esimo sui 144 Paesi considerati dal World Economic Forum; investimenti nella formazione e sviluppo delle persone nelle aziende, per i quali siamo penultimi, sempre prima dell’Egitto, e 123esimi per il WEF; meritocrazia nel top management, dove il nostro Paese è terzultimo prima di Egitto e Bangladesh e al 113esimo posto nella classifica del Wef. Lo stesso Cici, nel precisare che l’indagine è stata condotta su 50 aziende italiane, conferma come “la sostenibilità sia un fattore di successo sul mercato. L’adozione di un modello di competitività responsabile contribuisce alla creazione di un vantaggio competitivo, favorendo inoltre l’attrazione di talenti e la creazione del consenso”.
Non ci fa una bella figura l’Italia quando si parla di sostenibilità nelle imprese. Lo conferma il risultato che emerge dallo studio “Tempi insostenibili”, realizzato in collaborazione tra Rga (società di consulenza), Sap (azienda che si occupa della produzione di software) e la rivista Green Business. Secondo la classifica basata sul confronto tra Pil e competitività sostenibile l’Italia si piazza al 27esimo posto su 40 Paesi esaminati. Non è certo un piazzamento onorevole, fa notare Carlo Cici, partner Rga: “Nonostante l’Italia abbia un Pil tra i primi 10 Paesi oggetto di analisi conquista un poco lusinghiero 27esimo posto nel ranking della competitività sostenibile, riconfermando le difficoltà delle nostre aziende nell’integrazione della sostenibilità all’interno dei loro modelli di business”.
Considerando i 17 indicatori su cui si basa l’indice di sostenibilità costruito da Rga, i fattori fortemente critici per la competitività sostenibile del nostro Paese sono in particolare 3: accountability e trasparenza dei consigli di amministrazione, che vedono l’Italia al penultimo posto prima dell’Egitto e al 134esimo sui 144 Paesi considerati dal World Economic Forum; investimenti nella formazione e sviluppo delle persone nelle aziende, per i quali siamo penultimi, sempre prima dell’Egitto, e 123esimi per il WEF; meritocrazia nel top management, dove il nostro Paese è terzultimo prima di Egitto e Bangladesh e al 113esimo posto nella classifica del Wef. Lo stesso Cici, nel precisare che l’indagine è stata condotta su 50 aziende italiane, conferma come “la sostenibilità sia un fattore di successo sul mercato. L’adozione di un modello di competitività responsabile contribuisce alla creazione di un vantaggio competitivo, favorendo inoltre l’attrazione di talenti e la creazione del consenso”.
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