Approvato al Senato l'emendamento che ferma il ritorno del nucleare. Il ministro: "Abrogate le norme del quesito di giugno". Primo sciopero nazionale dei metalmeccanici del fotovoltaico contro il decreto "ammazza rinnovabili". Protestano anche gli imprenditori: "La nuova bozza non va bene"
ROMA - Sciopero generale nazionale e sit in davanti al ministero dello Sviluppo Economico. I lavoratori del settore fotovoltaico sono scesi in piazza oggi a Roma per protestare contro il decreto del marzo scorso 1 che rivede la politica di incentivi alle rinnovabili, fissando un tetto alla potenza installabile nel corso dell'anno. Striscioni, grida e bandiere davanti ad uffici vuoti, visto che il ministro Paolo Romani era al Senato per illustrare nel dettaglio la scelta annunciata ieri dal governo 2 di cancellare tutte le norme varate per reintrodurre in Italia l'energia nucleare.
Un'audizione deludente che ha preceduto la ratifica da parte di Palazzo Madama, avvenuta nel pomeriggio con 133 sì, 104 no e 14 astensioni, dell'emendamento al dl omnibus che ferma il ritorno dell'atomo. Un voto che secondo Romani "abroga tutte le norme contenute nel quesito referendario" che si sarebbe dovuto tenere a giugno. Nel corso del suo intervento il ministro si è limitato in sostanza a riferire che "abbiamo rivisto l'impostazione sul nucleare data nel 2009 e rinviamo una decisione così importante ad un chiarimento complessivo in sede Europea", ribadendo quanto era ormai evidente circa le sorti del referendum. "I cittadini - ha chiarito - sarebbero stati chiamati a scegliere fra poche settimane fra un programma di fatto superato o una rinuncia definitiva sull' onda d'emozione assolutamente legittima ma senza motivi di chiarezza".
Esattamente quanto temevano i promotori del referendum, in allarme per il sospetto che tutto si riduca da parte del governo ad un espediente per prendere tempo evitando furbescamente il giudizio popolare sull'onda dello sgomento provocato da Fukushima. Una manovra che, secondo quanto scrive nel suo blog 3 il parlamentare dell'Idv Massimo Donadi, il governo avrebbe tentato anche sulle norme relative alla privatizzazione dell'acqua, salvo essere fermato dal Quirinale.
Intanto, fermata comunque la corsa al ritorno all'atomo, resta aperta la questione delle rinnovabili. Insieme ai metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm - di nuovo insieme dopo mesi di feroci polemiche - in via Molise a protestare c'erano oggi anche ambientalisti e imprenditori. Tra i tanti arrivati nella capitale, Stefano Neri, fondatore di Terni Energia e Terni Green. "Sono qui, a fianco dei miei dipendenti - dice -perché le aziende del fotovoltaico in Italia rischiano di cessare la propria attività. Questo decreto è un regalo enorme alla speculazione, penalizza la parte industriale e blocca la ricerca. Rischiamo un ridimensionamento improvviso e drastico, soprattutto a livello occupazionale".
Il responsabile energia della Cgil nazionale, Antonio Filippi, spiega che "stamani c'è il primo sciopero del solare fotovoltaico in Italia. Questo è un settore che si regge sugli incentivi che non possono essere diminuiti adesso perchè altrimenti muore. Le aziende crollano e ci sono 120mila persone occupate che rischiano il posto di lavoro. Chiediamo al Governo di mantenere l'impegno sugli incentivi preso ad agosto del 2010".
La scelta di manifestare oggi non è casuale. Nel pomeriggio era attesa infatti una riunione decisiva della Conferenza Stato Regioni che dovrà mettere a punto le nuove regole, il cossidetto "quarto conto energia" reso necessario dalle disposizioni contenute nel decreto Romani. La bozza con la quale si presenta il ministro non convince affatto però gli operatori del settore che hanno scritto al presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani chiedeno profonde modifiche. I punti lamentati nella missiva dalle associazioni di categoria sono molti: "Niente tutela dei diritti acquisiti, rischio blocco del settore con stop dei finanziamenti, niente tutela da incertezze e ritardi, meccanismi da semplificare". Perplessità accolte e trasformate nella richiesta, da parte delle Regioni, di rinviare l'incontro alla prossima settimana. Istanza accolta dal ministero con lo slittamento della riunione probabilmente a giovedì 28 aprile.
"Il ministro Romani ora predica bene ma continua a razzolare male", denuncia anche Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd sceso in piazza insieme ai manifestanti. "Dopo lo stop al nucleare - aggiunge - parla di un futuro legato alle fonti rinnovabili ma propone un provvedimento del tutto insufficiente a riparare i danni della coltellata alle spalle del precedente decreto sulle rinnovabili".
Un'audizione deludente che ha preceduto la ratifica da parte di Palazzo Madama, avvenuta nel pomeriggio con 133 sì, 104 no e 14 astensioni, dell'emendamento al dl omnibus che ferma il ritorno dell'atomo. Un voto che secondo Romani "abroga tutte le norme contenute nel quesito referendario" che si sarebbe dovuto tenere a giugno. Nel corso del suo intervento il ministro si è limitato in sostanza a riferire che "abbiamo rivisto l'impostazione sul nucleare data nel 2009 e rinviamo una decisione così importante ad un chiarimento complessivo in sede Europea", ribadendo quanto era ormai evidente circa le sorti del referendum. "I cittadini - ha chiarito - sarebbero stati chiamati a scegliere fra poche settimane fra un programma di fatto superato o una rinuncia definitiva sull' onda d'emozione assolutamente legittima ma senza motivi di chiarezza".
Esattamente quanto temevano i promotori del referendum, in allarme per il sospetto che tutto si riduca da parte del governo ad un espediente per prendere tempo evitando furbescamente il giudizio popolare sull'onda dello sgomento provocato da Fukushima. Una manovra che, secondo quanto scrive nel suo blog 3 il parlamentare dell'Idv Massimo Donadi, il governo avrebbe tentato anche sulle norme relative alla privatizzazione dell'acqua, salvo essere fermato dal Quirinale.
Intanto, fermata comunque la corsa al ritorno all'atomo, resta aperta la questione delle rinnovabili. Insieme ai metalmeccanici di Fiom, Fim e Uilm - di nuovo insieme dopo mesi di feroci polemiche - in via Molise a protestare c'erano oggi anche ambientalisti e imprenditori. Tra i tanti arrivati nella capitale, Stefano Neri, fondatore di Terni Energia e Terni Green. "Sono qui, a fianco dei miei dipendenti - dice -perché le aziende del fotovoltaico in Italia rischiano di cessare la propria attività. Questo decreto è un regalo enorme alla speculazione, penalizza la parte industriale e blocca la ricerca. Rischiamo un ridimensionamento improvviso e drastico, soprattutto a livello occupazionale".
Il responsabile energia della Cgil nazionale, Antonio Filippi, spiega che "stamani c'è il primo sciopero del solare fotovoltaico in Italia. Questo è un settore che si regge sugli incentivi che non possono essere diminuiti adesso perchè altrimenti muore. Le aziende crollano e ci sono 120mila persone occupate che rischiano il posto di lavoro. Chiediamo al Governo di mantenere l'impegno sugli incentivi preso ad agosto del 2010".
La scelta di manifestare oggi non è casuale. Nel pomeriggio era attesa infatti una riunione decisiva della Conferenza Stato Regioni che dovrà mettere a punto le nuove regole, il cossidetto "quarto conto energia" reso necessario dalle disposizioni contenute nel decreto Romani. La bozza con la quale si presenta il ministro non convince affatto però gli operatori del settore che hanno scritto al presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani chiedeno profonde modifiche. I punti lamentati nella missiva dalle associazioni di categoria sono molti: "Niente tutela dei diritti acquisiti, rischio blocco del settore con stop dei finanziamenti, niente tutela da incertezze e ritardi, meccanismi da semplificare". Perplessità accolte e trasformate nella richiesta, da parte delle Regioni, di rinviare l'incontro alla prossima settimana. Istanza accolta dal ministero con lo slittamento della riunione probabilmente a giovedì 28 aprile.
"Il ministro Romani ora predica bene ma continua a razzolare male", denuncia anche Ermete Realacci, responsabile green economy del Pd sceso in piazza insieme ai manifestanti. "Dopo lo stop al nucleare - aggiunge - parla di un futuro legato alle fonti rinnovabili ma propone un provvedimento del tutto insufficiente a riparare i danni della coltellata alle spalle del precedente decreto sulle rinnovabili".
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