Robin Hood Tax. L'Autorità accusa: pagata dai consumatori sulle bollette
(Fonte:QualEnergia.it-Leonardo Berlen)
Una tassa pagata dalle imprese energetica e scaricata sulle bollette violando la legge. La Robin Hood Tax di Tremonti potremmo averla pagata noi consumatori. Era nata nel 2008 e nelle intenzioni del ministro dell’economia del Governo Berlusconi, doveva servire a redistribuire i profitti delle società petrolifere. La cosiddetta Robin Hood Tax, o meglio l’addizionale IRES, poi estesa nell’estate 2011 anche alle imprese del settore dell’energia elettrica e il gas, incluse anche quella attive nella produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e nelle attività di gestione delle infrastrutture energetiche a rete, con il decreto legge 138/2011 veniva aumentata da 6,5 a 10,5% e diminuita la soglia sul fatturato da 25 a 10 milioni di euro per la sua applicazione.
Pochi giorni fa l’Autorità per l’Energia e il Gas in una relazione inviata al Parlamento (da scaricare in pdf, vedi sotto) denuncia che vi è stata una tale dinamica dei prezzi che avvalorerebbe la tesi che si sia verificata una “traslazione” dell’aumento dell'imposta sui prezzi e quindi sui consumatori, una pratica vietata dalla legge che istituiva la Robin Hood Tax. La 'colpa' si potrebbe desumere per l’anno 2010 e 2011 da una variazione positiva del margine di contribuzione semestrale.
Sarebbero 199 le imprese che avrebbero aumentato i propri prezzi di vendita su un totale di 476. Delle 199 imprese, 94 apparterrebbero al settore petrolifero e 105 a quello dell’energia elettrica e del gas (qui il gettito di addizionale IRES più rilevante in misura assoluta è stato quello prodotto dalle società appartenenti al Gruppo Enel, di cui 312,3 milioni di euro dovuti dalla sola Enel Distribuzione SpA).
Dunque, secondo l’Autorità per l’Energia e il Gas, che ha sempre visto negativamente i possibili effetti di questa tassa, a seguito dell’introduzione dell’addizionale IRES, alcuni operatori energetici avrebbero recuperato la redditività sottratta dal maggior onere fiscale, aumentando il differenziale tra i prezzi di acquisto e i prezzi di vendita.
Ma a quanto ammonterebbe questo “ricarico” sui consumatori italiani? La stima dell’AEEG parla di 1,6 miliardi di euro. Vediamo nel particolare.
Le verifiche contabili dell’AEEG mostrano “la permanenza di effetti prezzo positivi anche per entrambi i semestri dell’esercizio 2010, seppure in misura più contenuta rispetto ai precedenti periodi vigilati” (vedi grafico sotto) per soggetti vigilati appartenenti al settore energia elettrica e gas.
L’Autorità afferma dunque che anche per il 2010 una parte significativa di questi operatori (105), a seguito dell’introduzione del divieto di traslazione, ha adottato politiche di prezzo che hanno incrementato il margine di contribuzione dovuto all’effetto prezzo, determinando uno svantaggio per i consumatori finali.
Lo stesso si è possibile affermare per i soggetti vigilati appartenenti al settore petrolifero (vedi grafico).
In sintesi, se si confronta solamente il secondo semestre 2007 con il secondo semestre 2010, l’ammontare dei margini teoricamente accumulati ammonterebbe a 1,6 miliardi, di cui 0,9 miliardi per le aziende elettriche e del gas e 0,7 miliardi per quelle petrolifere.
Per Adiconsum si tratta di una “una tassa occulta tra i 300 e i 400 euro in più in bolletta”; per Adusbef e Federconsumatori si tratterebbe di un ricarico annuale di 134 euro a famiglia, per un totale di 335 euro in due anni e mezzo.
Si è alzata la voce di Assoeletrica e del suo presidente, Chicco Testa che ha dichiarato che questi dati dell’AEEG suscitano molte perplessità perché secondo lui le tariffe sono fisse e non c’è quindi la possibilità di recuperare il margine eroso dalle imposte e quindi chiede di approfondire meglio la questione. Lo stesso afferma il vice presidente di Ferderutility, Mauro D’Ascenzi, in un’intervista su la Repubblica di ieri, che replica spiegando che gli operatori non avrebbero potuto manipolare le tariffe, specie in mercati regolati in modo così stretto. “Ma anche sul mercato libero - spiega - è difficile farlo perché molti contratti sono pluriennali e poi se un operatore alzasse troppo le tariffe perderebbe i proprio clienti”.
In realtà in questo periodo abbiamo assistito ad un rialzo delle tariffe legate all’aumento delle materie prime o al loro aumento per compensare altre perdite (vedi costo kWh cicli combinati nelle fasce F2 ed F3). Certo i motivi possono essere sono diversi, ma un documento dell’Autorità, ancorché non chiarissimo, sembra raccontare di un altro balzello energetico ingiustificato per i consumatori, dopo quello sui sussidi alle centrali a olio a combustibile e quello legato ai contratti capestro firmati da Eni con Putin.
Le associazioni dei consumatori hanno intanto presentato un esposto in Procura per chiarire la questione e sapere i nomi degli operatori che avrebbero approfittato della situazione.
Pochi giorni fa l’Autorità per l’Energia e il Gas in una relazione inviata al Parlamento (da scaricare in pdf, vedi sotto) denuncia che vi è stata una tale dinamica dei prezzi che avvalorerebbe la tesi che si sia verificata una “traslazione” dell’aumento dell'imposta sui prezzi e quindi sui consumatori, una pratica vietata dalla legge che istituiva la Robin Hood Tax. La 'colpa' si potrebbe desumere per l’anno 2010 e 2011 da una variazione positiva del margine di contribuzione semestrale.
Sarebbero 199 le imprese che avrebbero aumentato i propri prezzi di vendita su un totale di 476. Delle 199 imprese, 94 apparterrebbero al settore petrolifero e 105 a quello dell’energia elettrica e del gas (qui il gettito di addizionale IRES più rilevante in misura assoluta è stato quello prodotto dalle società appartenenti al Gruppo Enel, di cui 312,3 milioni di euro dovuti dalla sola Enel Distribuzione SpA).
Dunque, secondo l’Autorità per l’Energia e il Gas, che ha sempre visto negativamente i possibili effetti di questa tassa, a seguito dell’introduzione dell’addizionale IRES, alcuni operatori energetici avrebbero recuperato la redditività sottratta dal maggior onere fiscale, aumentando il differenziale tra i prezzi di acquisto e i prezzi di vendita.
Ma a quanto ammonterebbe questo “ricarico” sui consumatori italiani? La stima dell’AEEG parla di 1,6 miliardi di euro. Vediamo nel particolare.
Le verifiche contabili dell’AEEG mostrano “la permanenza di effetti prezzo positivi anche per entrambi i semestri dell’esercizio 2010, seppure in misura più contenuta rispetto ai precedenti periodi vigilati” (vedi grafico sotto) per soggetti vigilati appartenenti al settore energia elettrica e gas.
L’Autorità afferma dunque che anche per il 2010 una parte significativa di questi operatori (105), a seguito dell’introduzione del divieto di traslazione, ha adottato politiche di prezzo che hanno incrementato il margine di contribuzione dovuto all’effetto prezzo, determinando uno svantaggio per i consumatori finali.
Lo stesso si è possibile affermare per i soggetti vigilati appartenenti al settore petrolifero (vedi grafico).
In sintesi, se si confronta solamente il secondo semestre 2007 con il secondo semestre 2010, l’ammontare dei margini teoricamente accumulati ammonterebbe a 1,6 miliardi, di cui 0,9 miliardi per le aziende elettriche e del gas e 0,7 miliardi per quelle petrolifere.
Per Adiconsum si tratta di una “una tassa occulta tra i 300 e i 400 euro in più in bolletta”; per Adusbef e Federconsumatori si tratterebbe di un ricarico annuale di 134 euro a famiglia, per un totale di 335 euro in due anni e mezzo.
Si è alzata la voce di Assoeletrica e del suo presidente, Chicco Testa che ha dichiarato che questi dati dell’AEEG suscitano molte perplessità perché secondo lui le tariffe sono fisse e non c’è quindi la possibilità di recuperare il margine eroso dalle imposte e quindi chiede di approfondire meglio la questione. Lo stesso afferma il vice presidente di Ferderutility, Mauro D’Ascenzi, in un’intervista su la Repubblica di ieri, che replica spiegando che gli operatori non avrebbero potuto manipolare le tariffe, specie in mercati regolati in modo così stretto. “Ma anche sul mercato libero - spiega - è difficile farlo perché molti contratti sono pluriennali e poi se un operatore alzasse troppo le tariffe perderebbe i proprio clienti”.
In realtà in questo periodo abbiamo assistito ad un rialzo delle tariffe legate all’aumento delle materie prime o al loro aumento per compensare altre perdite (vedi costo kWh cicli combinati nelle fasce F2 ed F3). Certo i motivi possono essere sono diversi, ma un documento dell’Autorità, ancorché non chiarissimo, sembra raccontare di un altro balzello energetico ingiustificato per i consumatori, dopo quello sui sussidi alle centrali a olio a combustibile e quello legato ai contratti capestro firmati da Eni con Putin.
Le associazioni dei consumatori hanno intanto presentato un esposto in Procura per chiarire la questione e sapere i nomi degli operatori che avrebbero approfittato della situazione.
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