La produzione sale, investimenti giù le rinnovabili sfidano la burocrazia
(Fonte:Repubblica.it-Vito de Ceglia)
Milano. Per le rinnovabili e la green economy, i conti non tornano. Secondo gli analisti di settore, il 2013 si presenta infatti come un anno di transizione contrassegnato da poche certezze e molte incognite. A finire nel mirino è la recente revisione degli incentivi, sfociata nell’approvazione del V Conto energia per il fotovoltaico e del decreto sulle rinnovabili non fotovoltaiche. La previsione è che i nuovi strumenti normativi, basandosi su complicati sistemi di registri e aste, abbiano introdotto più vincoli che opportunità ad un settore produttivo vitale e maturo sul piano tecnologico. Il rischio, è l’analisi comune, è che queste “pastoie” burocratiche frenino o addirittura remino contro lo sviluppo della green economy in Italia. Uno scenario, questo, che ha di fatto riacceso il dibattito tra gli addetti ai lavori sull’affidabilità dell’attuale regime di sostegno a tali fonti. Il primo aspetto che emerge dal dibattito riguarda il bisogno di certezze delle regole e la semplificazione degli adempimenti amministrativi necessari per proseguire un trend positivo riportato anche nel 2012: anno in cui, secondo gli ultimi dati raccolti da Terna, è stato registrato un balzo in avanti nella produzione di energia da fonti rinnovabili quantificabile in una quota del 28%. Numeri alla mano, nel corso degli ultimi 12 mesi, le fonti rinnovabili hanno prodotto in tutto 79 TWh di energia: 18,3 TWh dal fotovoltaico, 3,1 TWh dall’eolico, 42,5 TWh dall’idroelettrico e 5,2 TWh dal geotermico. Non solo. Le fonti pulite hanno raggiunto il 24% della copertura dei consumi. Tradotto: rispetto al 2011, l’energia prodotta dal sole è praticamente raddoppiata, mentre quella dal vento ha visto un incremento del 37%; stabili, invece, le altre fonti. Nonostante questi numeri però, il 2012 in Italia sarà ricordato soprattutto come un brutto anno per gli investimenti in rinnovabili: tra la crisi e l’incertezza normativa, sottolinea l’ultimo report realizzato da Bloomberg New Energy Finance, questi si sono dimezzati rispetto al 2011 scendendo a 14,7 miliardi di dollari. Un calo, rincara la dose il report, molto più marcato rispetto alla media mondiale: solo la Spagna ha fatto peggio, con un crollo del 68%. In Europa hanno mostrato un sensibile declino anche Germania (—27%, con 22,8 miliardi di dollari), Regno Unito (—17%, 8,3 miliardi) e Francia (—35%, 4,3 miliardi). Per l’Italia, si tratta di una vera e propria battuta d’arresto che dovrebbe far riflettere il nuovo governo, in particolare su come rilanciare la crescita delle rinnovabili al 2020. Almeno è questo l’auspicio di Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club: «Per quanto riguarda l’elettrico — sottolinea — i risultati sono sotto gli occhi di tutti: quest’anno probabilmente supereremo i 100 miliardi di kWh verdi, che si traduce nel 31% della domanda elettrica nazionale coperta dalle rinnovabili e nel 35% della produzione. Sarà tuttavia necessaria — aggiunge — una rivisitazione della normativa attuale per eliminare le storture che hanno, per esempio, bloccato il fotovoltaico e soprattutto l’eolico, dando inoltre un sostegno all’industria e all’innovazione affinché l’Italia possa giocare un ruolo significativo della transizione energetica che è già in atto». Secondo Silvestrini, nei prossimi anni una buona parte della crescita sarà collegata soprattutto alle rinnovabili termiche. «Per queste tecnologie c’è ora un decreto, che in alcune altre parti dovrà essere rivisto — osserva — Ciò che conta è che vedremo una notevole diffusione di tecnologie (caldaie a biomassa, pompe di calore, sistemi a cogenerazione e solare termico), con un conseguente impulso all’industria italiana che lavora in questa direzione. È possibile il raddoppio della produzione da rinnovabili termiche alla fine del decennio.
Mentre per la parte elettrica l’aumento sarà del 20-25%». Anche per l’industria fotovoltaica, rappresentata da Anie-Gifi, il nuovo governo dovrà intervenire subito sull’aspetto normativo sia nel breve che nel medio periodo per dare continuità al mercato ed evitare di perdere ulteriori posti di lavoro. «Stiamo vivendo il periodo peggiore della storia del fotovoltaico italiano — dichiara il presidente Valerio Natalizia — ed una situazione al limite dal paradosso. Il fotovoltaico contribuisce a soddisfare oltre il 6% della produzione elettrica nazionale ed allo stesso tempo abbiamo un comparto industriale che rischia di scomparire a causa di provvedimenti privi di lungimiranza che hanno ulteriormente inasprito la burocrazia e disinibito quei processi virtuosi che permettevano alle aziende di pianificare investimenti sul territorio». Stando all’associazione, infatti, le misure normative e legislative approvate hanno avuto pesanti ripercussioni per il settore, che nell’ultimo anno ha visto aziende costrette a chiudere o a trasferire all’estero la propria attività e oltre 6.000 posti di lavoro andati persi. Il risultato? «Un settore affossato, nonostante la dinamicità dimostrata anche in questo periodo di crisi», conclude Natalizia. 1 2 3 Nel corso degli ultimi 12 mesi le fonti rinnovabili hanno prodotto in tutto 79 TWh di energia: 18,3 TWh dal fotovoltaico (1), 3,1 TWh dall’eolico (2), 42,5 TWh dall’idroelettrico e 5,2 TWh dal geotermico. Importante anche la produzione da biomasse (3)
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